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COMMENTO

Marthad, che era un uomo dotato di grande coraggio, e che si era convertito alla sacra religione islamica, entrò alla Mecca, dove incontrò una bella donna di nome ´Anaaq, che conosceva da prima dell’avvento dell’Islam. Quella donna lo invitò, come in passato, al peccato, Marthad però che ormai era diventato mussulmano non si sottomise al volere della donna, la quale gli chiese allora di prenderla in moglie, e Marthad disse: “Ciò dipende dal permesso del Profeta”. Egli dopo aver sbrigato le sue faccende alla Mecca, ritornò a Medina, e mise al corrente il Profeta dell’accaduto. Fu allora che fu rivelato il versetto in esame, e affermò che le donne politeiste e idolatre, finché non prestano fede all’Islam, non sono degne di diventare mogli dei credenti.

Nikaah, in lingua araba, significa coito o matrimonio. L’Islam, per l’importanza che dà alla vita matrimoniale, per i sicuri effetti ereditari, per gli effetti che ha l’ambiente familiare sui figli, per il matrimonio ha imposto una serie di condizioni, tra cui quella ricordata nel versetto. Prescindendo da ciò, se i politeisti, che sono estranei all’Islam, entrassero, attraverso il matrimonio, nelle case dei mussulmani, la società islamica cadrebbe nel disordine. È per questo che il sacro Corano vieta agli uomini mussulmani di prendere mogli politeiste, a meno che esse non vogliano convertirsi all’Islam, nel qual caso il matrimonio è permesso: “Non sposate le [donne] politeiste finché non avranno creduto. Certamente una schiava credente è meglio di una donna politeista, quand’anche essa [con la sua bellezza, i suoi beni o la propria posizione] susciti la vostra meraviglia”

Nello stesso modo in cui è proibito agli uomini mussulmani di prendere mogli politeiste o idolatre, è altresí vietato alle mussulmane sposarsi con uomini politeisti o idolatri, a meno che non si convertano all’Islam, e se è vero che una schiava credente è superiore a una donna politeista libera, quand’anche quest’ultima sia bella e ricca, è pur vero che uno schiavo credente è superiore a un uomo politeista libero, quand’anche quest’ultimo sia bello e ricco.

“Costoro invitano al fuoco [dell’Inferno], mentre Allah, per Sua volontà, vi invita al Paradiso e al perdono”

Questa frase rivela la ragione del sopraccitato divieto. Vivere con chi non ha fede, è un pericolo, e può portare gradualmente il fedele all’infedeltà e alla miscredenza, e di conseguenza alla dannazione. È meglio sposarsi con chi crede in Allah, unica divinità esistente, che invita gli uomini al Paradiso e al perdono.

“…e mostra chiaramente agli uomini i Suoi segni, nella speranza che rammentino [e traggano insegnamento]”

Il Signore Eccelso mostra chiaramente agli uomini i Suoi segni, la Sua legge, i propri doveri, e le prescrizioni etiche, affinché si astengano dal peccato, e seguano la retta via.

VERSETTO 222

æóíóÓúÃóáõæäóßó Úóäö ÇáúãóÍöíÖö Þõáú åõæó ÃóÐðì ÝóÇÚúÊóÒöáõæÇú ÇáäøöÓóÇÁ Ýöí ÇáúãóÍöíÖö æóáÇó ÊóÞúÑóÈõæåõäøó ÍóÊøóìó íóØúåõÑúäó ÝóÅöÐóÇ ÊóØóåøóÑúäó ÝóÃúÊõæåõäøó ãöäú ÍóíúËõ ÃóãóÑóßõãõ Çááøåõ Åöäøó Çááøåó íõÍöÈøõ ÇáÊøóæøóÇÈöíäó æóíõÍöÈøõ ÇáúãõÊóØóåøöÑöíäó ﴿222﴾

222.  E ti chiedono della mestruazione. Di’: “Essa è una sofferenza. Evitate dunque [di giacere con] le vostre donne durante il ciclo mestruale e aspettate che si purifichino prima di giacere con loro. Quando poi si purificano, accostatele nel modo in cui Allah vi ha prescritto”. In verità, Allah ama coloro che si pentono e ama coloro che purificano [se stessi].

COMMENTO

IN QUALE OCCASIONE FU RIVELATO IL VERSETTO?

Le donne, in età feconda, ogni mese, hanno le mestruazioni [mestruazione in arabo si dice haidh], ossia perdono sangue per via vaginale per un minimo di tre giorni e un massimo di dieci. Il mestruo, che è il sangue, il materiale eliminato con la mestruazione, ha particolari attributi citati nei trattati di fiqh, ed è impuro. In arabo, la donna che ha le mestruazioni viene chiamata haa’idh, mentre il materiale eliminato con la mestruazione, viene chiamato sangue dello haidh.

Oggi, l’Ebraismo e il Cristianesimo esprimono giudizi diametralmente opposti sulla questione del rapporto degli uomini con le donne in istato di mestruazione.

Alcuni ebrei affermano che per gli uomini è assolutamente vietato avere ogni forma di relazione con le donne in questo stato. Secondo essi l’uomo non deve mangiare, viaggiare, e vivere con una donna quando essa ha le mestruazioni. L’uomo non deve sedersi nel posto in cui si è seduta una donna mestruata, se no i suoi vestiti sono impuri e devono essere lavati. Se invece dorme nel suo letto deve lavarsi il corpo e i vestiti. In breve, la donna per tutto il periodo delle mestruazioni è un essere impuro, da evitare.

Contrariamente a ciò, i cristiani dicono che la donna mestruata è come la donna che non è nel periodo delle mestruazioni, e non v’è alcuna differenza tra questi due stati, ogni relazione è permessa, anche quelle sessuali.

I politeisti arabi, soprattutto quelli che vivevano alla Mecca, che conoscevano bene le abitudini degli ebrei, durante il periodo mestruale trattavano le proprie donne secondo le norme della legge ebraica, e si separavano da esse durante questo periodo. Queste differenze, spinsero alcuni mussulmani a interrogare il sommo Profeta a proposito di tale questione. Fu allora rivelato il versetto in esame.

COMMENTO

In questo versetto la parola mahidh ha il significato di haidh, che, come abbiamo già detto, significa mestruazione. Perciò il versetto può essere tradotto come segue: «E ti chiedono della mestruazione. Di’: “Essa è una sofferenza»

In realtà, questa frase espone una delle ragioni per cui è proibito avere rapporti sessuali con le donne mestruanti, divieto che viene espresso nella frase successiva del versetto: “Evitate dunque [di giacere con] le vostre donne durante il ciclo mestruale e aspettate che si purifichino prima di giacere con loro. Quando poi si purificano, accostatele nel modo in cui Allah vi ha prescritto”. La prima frase di questa parte del versetto può far pensare a un divieto simile a quello imposto dalla legge ebraica, ma la seconda frase spiega tutto, e si comprende che il divieto riguarda solo i rapporti sessuali. L’Islam ha quindi risolto questo problema con una via media, moderata, come del resto ha fatto in ogni altro problema inerente l’essere umano. Da una parte rifiuta il metodo ebreo, e premette agli uomini di sedersi, mangiare, dormire, vivere in una stanza con le donne mestruanti, dall’altra rifiuta la via cristiana, e proibisce severamente i rapporti sessuali durante il periodo mestruale. In questo modo l’Islam, da una parte rispetta la donna, e non la umilia emarginandola durante il periodo mestruale, e dall’altra previene gli innumerevoli danni fisici derivanti dal coito durante le mestruazioni, proibendo con assoluta decisione questo atto.

“In verità, Allah ama coloro che si pentono e ama coloro che purificano [se stessi]”

La parola tawbah, da noi tradotta con pentimento, significa allontanarsi dal peccato, e pentirsi di avere disubbidito ad Allah. Gli elementi fondamentali della tawbah sono:

  1. bisogna essere coscienti di aver disubbidito al Signore Eccelso;
  2. bisogna pentirsi del peccato commesso;
  3. bisogna avere ferma volontà di non ripetere il peccato del quale ci si è pentiti, e rimediare ai danni commessi.

Ulteriori spiegazioni riguardo la tawbah e le sue condizioni sono esposte nei relativi versetti.

Con questa frase, messa alla fine del versetto, il Signore Eccelso vuole recuperare gli eventuali peccatori, e ricorda loro che non devono disperare della Sua misericordia. Ovviamente coloro che riusciranno a controllare i propri istinti saranno piú amati da Allah, e riceveranno maggiore grazia da Lui.

VERSETTO 223

äöÓóÂÄõßõãú ÍóÑúËñ áøóßõãú ÝóÃúÊõæÇú ÍóÑúËóßõãú Ãóäøóì ÔöÆúÊõãú æóÞóÏøöãõæÇú áÃóäÝõÓößõãú æóÇÊøóÞõæÇú Çááøåó æóÇÚúáóãõæÇú Ãóäøóßõã ãøõáÇóÞõæåõ æóÈóÔøöÑö ÇáúãõÄúãöäöíäó ﴿223﴾

223.  Le vostre spose sono [come] un campo per voi. Venite dunque al vostro campo da dove volete e anticipatevi [meriti per l’aldilà, avendo figli e dando loro una buona educazione]. Temete Allah e sappiate che Lo incontrerete. Dai la lieta novella [di questo incontro] ai credenti!

COMMENTO

In questo versetto le donne sono state paragonate a un campo. È possibile che questo paragone sia un po’ difficile da accettare per alcuni, che potrebbero chiedersi per quale motivo il sacro Corano paragona la metà del genere umano a un campo da coltivare. Bisogna però notare che dietro a questa similitudine è nascosto un fine e preciso concetto: il nobile Corano vuole con questa metafora ricordare quanto sia necessaria la donna per la sopravvivenza del genere umano.

“…e anticipatevi [meriti per l’aldilà, avendo figli e dando loro una buona educazione]”

Questa frase, in realtà, vuole dire che l’obiettivo del coito non è solo il piacere sessuale. I credenti devono metter al mondo, crescere e educare figli sani e probi, in tal modo questo sacro servigio potrà essere per loro un’utile riserva per l’aldilà. Il un hadith del sommo Profeta leggiamo che dopo la morte dell’essere umano, egli delle sue azioni terrene può continuare ad avvantaggiarsi solo di tre cose: una sadaqatun jaariyah – che è quell’opera pia che rimane anche dopo la morte del donatore, come una moschea, un ospedale, una scuola, una biblioteca etc. – sapienza della quale sia possibile avvantaggiarsi – come un utile libro, o la formazione di allievi – e un figlio probo che preghi per lui.

“Temete Allah e sappiate che Lo incontrerete. Dai la lieta novella [di questo incontro] ai credenti!”

Siccome l’istinto sessuale è uno dei piú forti ed attraenti istinti umani, alla fine del versetto Allah invita i credenti ad essere timorati, e ricorda loro che un giorno incontreranno il loro Signore, e in quel giorno dovranno essere puri dal peccato.

VERSETTO 224

æóáÇó ÊóÌúÚóáõæÇú Çááøåó ÚõÑúÖóÉð áøöÃóíúãóÇäößõãú Ãóä ÊóÈóÑøõæÇú æóÊóÊøóÞõæÇú æóÊõÕúáöÍõæÇú Èóíúäó ÇáäøóÇÓö æóÇááøåõ ÓóãöíÚñ Úóáöíãñ ﴿224﴾

224.  Non fate di Allah l’oggetto dei vostri giuramenti [ogni volta che volete] fare del bene, astenervi [dal peccato per timore di Allah] e mettere pace tra gli uomini. [Sappiate invero che] Allah è Colui che [tutto] ascolta e conosce.

COMMENTO

Diversi tafaasir, tra cui il Majma´u-l-bayaan e il Ruhu-l-bayaan, ricordano che questo versetto fu rivelato nella seguente occasione: tra il genero e la figlia di uno dei compagni del sommo Profeta, Abdullah Bin Rawaahah, scoppiò una lite, e quest’ultimo giurò di non fare nulla per mettere pace tra i due. Fu allora rivelato il versetto in esame e vietò questo tipo di giuramenti.

OSSERVAZIONI

  1. Non bisogna impedire il compimento di un opera buona con un giuramento.
  2. Non bisogna usare il giuramento come un mezzo per sfuggire alle responsabilità.
  3. Non bisogna usare per ogni cosa il sacro nome di Allah, poiché questa è una forma di mancanza di rispetto nei Suoi confronti. A tal proposito il santo imam Sadiq (A) afferma: “Non giurate né il falso né il vero in nome di Allah”[292]
  4. Le opere buone non devono essere trascurate.
  5. Fate attenzione alle vostre parole, ai vostri pensieri, ai vostri sentimenti: Allah conosce tutto ciò che dite, pensate e provate.
  6. È necessario mettere pace tra i credenti in lite.

VERSETTO 225

áÇøó íõÄóÇÎöÐõßõãõ Çááøåõ ÈöÇááøóÛúæö Ýöíó ÃóíúãóÇäößõãú æóáóßöä íõÄóÇÎöÐõßõã ÈöãóÇ ßóÓóÈóÊú ÞõáõæÈõßõãú æóÇááøåõ ÛóÝõæÑñ Íóáöíãñ ﴿225﴾

225.  Allah non vi domanderà ragione delle sviste nei vostri giuramenti, ma vi chiederà conto di ciò che i vostri cuori avranno realmente voluto [giuramenti intenzionali]. E Allah è clemente e paziente.

COMMENTO

I giuramenti fatti in istato di distrazione, di collera, senza riflettere, involontariamente, frettolosamente, non hanno alcun valore secondo la legge islamica, che considera validi solo quei giuramenti che siano stati fatti con piena attenzione, in condizioni normali, nel santo nome di Allah. Secondo la sharia questo tipo di giuramento deve sicuramente essere rispettato, ed è proibito violarlo. A chi viola il proprio giuramento l’Islam impone un’espiazione che consiste nel saziare dieci poveri, o donare loro dei vestiti, o liberare uno schiavo, e se ciò non fosse possibile, bisogna digiunare tre giorni.

VERSETTI 226 E 227

áøöáøóÐöíäó íõÄúáõæäó ãöä äøöÓóÂÆöåöãú ÊóÑóÈøõÕõ ÃóÑúÈóÚóÉö ÃóÔúåõÑò ÝóÅöäú ÝóÂÄõæÇ ÝóÅöäøó Çááøåó ÛóÝõæÑñ ÑøóÍöíãñ ﴿226﴾ æóÅöäú ÚóÒóãõæÇú ÇáØøóáÇóÞó ÝóÅöäøó Çááøåó ÓóãöíÚñ Úóáöíãñ ﴿227﴾

226.  Per coloro che giurano di non giacere piú con le proprie donne, è fissato un termine di quattro mesi [nel quale devono decidere se continuare la vita matrimoniale oppure rompere il vincolo coniugale]. Se poi recedono, ebbene, in verità, Allah è clemente e benevolo.

227.  Ma se decidono il ripudio, ebbene, in verità, Allah è Colui che [tutto] ascolta e conosce.

COMMENTO

Uno dei metodi che si usava nell’era preislamica per rompere il vincolo matrimoniale, era il cosiddetto ilaa’, nel quale l’uomo giurava di non giacere piú con la propria donna. Questo metodo era usato anche dai primi mussulmani, prima della rivelazione delle norme del ripudio (talaaq). Quella dell’ilaa’ era una pratica assai crudele e disumana, perché metteva la donna in una condizione di forte disagio: da una parte non poteva separarsi dal marito e risposarsi con un altro uomo, e dall’altra rimaneva in pratica senza marito.

Il versetto in esame espone il precetto dell’Islam in merito a tale questione: “Per coloro che giurano di non giacere piú con le proprie donne, è fissato un termine di quattro mesi [nel quale devono decidere se continuare la vita matrimoniale oppure rompere il vincolo coniugale]. Se poi recedono, ebbene, in verità, Allah è clemente e benevolo”

La frase “in verità, Allah è clemente e benevolo” dimostra che rompere il giuramento dell’ilaa’ non costituisce alcun peccato, anche se da essa si deduce che tale pratica non è amata dall’Islam, ma se poi l’uomo decide di ripudiare la donna, in questo caso non è certo che Allah si dimostri clemente e benevolo nei suoi confronti, poiché Egli, che conosce ogni segreto, sa perfettamente se l’uomo è in buona fede o meno: “Ma se decidono il ripudio, ebbene, in verità, Allah è Colui che [tutto] ascolta e conosce”

Bisogna però fare attenzione che anche se l’Islam non ha invalidato del tutto l’ilaa’, in realtà ne ha annullato gli effetti, perché non permette ad alcun uomo di astenersi dai propri doveri coniugali nella sfera sessuale. Se è stato concesso del tempo all’uomo che ha fatto l’ilaa’, non è perché con questa pratica sia possibile annullare i diritti coniugali della donna nella sfera sessuale, ma è solo perché il coito, come dovere coniugale islamico, è, per l’uomo, obbligatorio ogni quattro mesi, beninteso che la donna, per effetto della lunghezza del periodo di astinenza dai rapporti sessuali, non cada in peccato, nel qual caso – soprattutto nel caso delle donne giovani – il periodo di astinenza deve essere tale da soddisfare i bisogni sessuali della donna.

OSSERVAZIONI

  1. Uno dei doveri dei santi profeti era quello di distruggere le pratiche ingiuste e le superstizioni esistenti prima del loro avvento.
  2. L’uomo deve soddisfare i bisogni spirituali e fisici della propria moglie.
  3. Purtroppo l’essere umano a volte compie le piú empie azioni nel nome di Allah, che è il piú sacro e puro dei nomi.
  4. L’Islam difende gli oppressi. Le donne lungo tutta la storia umana sono state oppresse e umiliate, e il sacro Corano piú volte le difende e salvaguarda i loro diritti.
  5. Bisogna dare del tempo agli uomini affinché si pentano dei loro errori, e prendano una saggia e ragionevole decisione.
  6. Bisogna spronare la gente a condurre una vita piena di gioia e pace: “Se poi recedono, ebbene, in verità, Allah è clemente e benevolo”
  7. L’Islam, pur di mal grado, accetta il ripudio e il divorzio, ma non accetta in nessun modo che l’uomo tenga in sospeso la propria moglie.
  8. L’uomo deve astenersi dal prendere decisioni che potrebbero distruggere la vita della propria moglie, poiché: “Allah è Colui che [tutto] ascolta e conosce”

VERSETTO 228

æóÇáúãõØóáøóÞóÇÊõ íóÊóÑóÈøóÕúäó ÈöÃóäÝõÓöåöäøó ËóáÇóËóÉó ÞõÑõæóÁò æóáÇó íóÍöáøõ áóåõäøó Ãóä íóßúÊõãúäó ãóÇ ÎóáóÞó Çááøåõ Ýöí ÃóÑúÍóÇãöåöäøó Åöä ßõäøó íõÄúãöäøó ÈöÇááøåö æóÇáúíóæúãö ÇáÂÎöÑö æóÈõÚõæáóÊõåõäøó ÃóÍóÞøõ ÈöÑóÏøöåöäøó Ýöí Ðóáößó Åöäú ÃóÑóÇÏõæÇú ÅöÕúáÇóÍðÇ æóáóåõäøó ãöËúáõ ÇáøóÐöí Úóáóíúåöäøó ÈöÇáúãóÚúÑõæÝö æóáöáÑøöÌóÇáö Úóáóíúåöäøó ÏóÑóÌóÉñ æóÇááøåõ ÚóÒöíÒñ Íóßõíãñ ﴿228﴾

 

228.  Le donne ripudiate [prima di rimaritarsi] devono attendere tre quru’, e non è loro permesso nascondere quello che Allah ha creato nei loro uteri, se credono in Allah e nel Giorno Estremo. E i loro mariti, durante questo periodo, avranno maggior diritto a farle ritornare [e continuare con loro la vita coniugale], se intendono [realmente] riconciliarsi. Per esse, secondo giustizia, [ci sono diritti] simili a ciò [ai doveri] che [gravano] su di esse, e per gli uomini v’è un grado sopra [il] loro. E Allah è invincibile, saggio.

COMMENTO

Il versetto precedente ha parlato del ripudio, e in questo versetto vengono esposte alcune delle sue norme, in tutto cinque. La prima norma esposta riguarda la cosiddetta ´iddah, che è il periodo di tempo nel quale le donne devono astenersi dallo sposarsi dopo il ripudio: “Le donne ripudiate [prima di rimaritarsi] devono attendere tre quru’”

Il termine quru’ nel versetto in esame indica i periodi in cui la donna non è mestruata. Il ripudio deve avvenire quando la donna non è mestruata, e senza aver avuto rapporti sessuali dopo il termine dell’ultimo periodo mestruale, e questo dev’essere considerato il primo dei tre quru’ (periodi non mestruali). Alle successive mestruazioni, deve attendere ancora due interi periodi non mestruali, e non appena diventa mestruata per la terza volta dopo il ripudio, la ´iddah finisce e la donna può risposarsi.

La seconda norma esposta dal versetto in esame è la seguente: “…e non è loro permesso nascondere quello che Allah ha creato nei loro uteri, se credono in Allah e nel Giorno Estremo”

È interessante notare come la determinazione dell’inizio e della fine del periodo della ´iddah, sia stata affidata alle stesse donne: vale la loro parola per gli uomini che le vogliono sposare.

La terza norma che si può estrarre da questo versetto, è che l’uomo nel periodo della ´iddah del ripudio reversibile (rij´i), può annullare il ripudio e ricostituire il suo rapporto coniugale con la donna: “E i loro mariti, durante questo periodo, avranno maggior diritto a farle ritornare [e continuare con loro la vita coniugale], se intendono [realmente] riconciliarsi”

In tutto il periodo in cui la donna è nella ´iddah del ripudio irreversibile, l’uomo può, senza alcun rito o cerimoniale, ritornare alla sua vita matrimoniale, e ciò si realizza con qualsiasi parola o atto compiuto con l’intento di annullare il ripudio.

Il quarto precetto contenuto nel versetto dice: “Per esse, secondo giustizia, [ci sono diritti] simili a ciò [ai doveri] che [gravano] su di esse, e per gli uomini v’è un grado sopra [il] loro”

Perciò se è vero che gli uomini hanno dei doveri nei confronti delle donne, anche le donne hanno dei doveri nei confronti degli uomini.

Considerando le notevoli differenze esistenti tra gli uomini e le donne sotto l’aspetto delle forze e delle potenzialità fisiche e spirituali, l’Islam ha affidato la guida e la direzione della famiglia all’uomo aiutato dalla donna. Ciò non implica però che alcune donne non possano essere superiori ad alcuni uomini.

Il termine ma´ruf ha un significato ampio che comprende ogni atto giusto, buono, ragionevole e saggio, e in questo tipo di versetti compare ben dodici volte, affinché serva da monito agli uomini e alle donne per indurli a non abusare dei diritti che Dio ha concesso loro, e per spronarli a rinforzare il legame matrimoniale.

Alla fine del versetto leggiamo: “E Allah è invincibile, saggio”

Questa frase allude al fatto che la previdenza e la saggezza divina implica che nella società umana ognuno abbia doveri consoni alla propria natura e creazione.

VERSETTO 229

ÇáØøóáÇóÞõ ãóÑøóÊóÇäö ÝóÅöãúÓóÇßñ ÈöãóÚúÑõæÝò Ãóæú ÊóÓúÑöíÍñ ÈöÅöÍúÓóÇäò æóáÇó íóÍöáøõ áóßõãú Ãóä ÊóÃúÎõÐõæÇú ãöãøóÇ ÂÊóíúÊõãõæåõäøó ÔóíúÆðÇ ÅöáÇøó Ãóä íóÎóÇÝóÇ ÃóáÇøó íõÞöíãóÇ ÍõÏõæÏó Çááøåö ÝóÅöäú ÎöÝúÊõãú ÃóáÇøó íõÞöíãóÇ ÍõÏõæÏó Çááøåö ÝóáÇó ÌõäóÇÍó ÚóáóíúåöãóÇ ÝöíãóÇ ÇÝúÊóÏóÊú Èöåö Êöáúßó ÍõÏõæÏõ Çááøåö ÝóáÇó ÊóÚúÊóÏõæåóÇ æóãóä íóÊóÚóÏøó ÍõÏõæÏó Çááøåö ÝóÃõæúáóÜÆößó åõãõ ÇáÙøóÇáöãõæäó ﴿229﴾

229.  Il ripudio è [concesso] due volte, dopodiché, bisogna trattenere degnamente o mandare via generosamente [la propria donna]. E [sappiate che] non vi è permesso riprendervi nulla di quello che avete donato loro; a meno che entrambi temano di non riuscire a rispettare i limiti di Allah. Se dunque temete di non poter osservare i limiti di Allah, allora non ci sarà colpa per nessuno dei due in ciò con cui la donna riscatta sé stessa. Questi sono i limiti di Allah, non oltrepassateli! E coloro che trasgrediscono i limiti di Allah, quelli sono gli iniqui.

COMMENTO

Un giorno una donna andò da una delle mogli del sommo Profeta a lamentarsi di suo marito, che continuava a ripudiarla e a riprenderla come moglie per metterla a disagio e danneggiarla.

Prima dell’avvento dell’Islam l’uomo aveva il diritto di ripudiare e riprendere la propria moglie quante volte voleva, senza alcun limite. Quando il nobile Profeta fu informato dell’accaduto, della vicenda di questa donna, discese il versetto, e stabilí che l’uomo poteva ripudiare la propria donna al massimo per tre volte.

Nel versetto precedente abbiamo imparato che la legge della ´iddah e del ruju´ (che sarebbe l’annullamento del ripudio da parte dell’uomo), servono a mettere pace tra l’uomo e la donna, a riconciliarli, e a impedire la loro separazione, ma i primi mussulmani agivano come i miscredenti dell’era preislamica, e approfittavano di questi precetti islamici: molestavano le proprie mogli continuando a ripudiarle e a riprenderle. Fu allora rivelato il versetto in esame, e si oppose a questo turpe e vile comportamento, dicendo che il ripudio che è possibile annullare è concesso solamente due volte, e in due tempi diversi: “Il ripudio è [concesso] due volte, dopodiché, bisogna trattenere degnamente o mandare via generosamente [la propria donna]”

Perciò non è possibile annullare il terzo ripudio, e dopo due ripudi l’uomo deve decidere se continuare a vivere con la propria moglie o ripudiarla per la terza e ultima volta.

“Mandare via generosamente [la propria donna]” significa che l’uomo è tenuto a dare alla donna ciò che le spetta di diritto, e che deve altresí astenersi dallo sparlarle alle spalle, affinché la gente non si faccia di lei una cattiva opinione, ed ella possa risposarsi.

Il versetto aggiunge dunque: “E [sappiate che] non vi è permesso riprendervi nulla di quello che avete donato loro”. Perciò l’uomo, al momento della separazione non può farsi restituire il mahr, il dono nuziale dalla donna.

Poi il versetto espone un’altra forma di ripudio: “A meno che entrambi temano di non riuscire a rispettare i limiti di Allah”. Ciò accade nel caso in cui la donna non voglia piú continuare la sua vita matrimoniale con l’uomo, e voglia separarsi da lui, e l’uomo tema di trasgredire le leggi divine continuando a vivere con la propria moglie.

Poi il sacro versetto aggiunge: “Se dunque temete di non poter osservare i limiti di Allah, allora non ci sarà colpa per nessuno dei due in ciò con cui la donna riscatta sé stessa”

In questo caso l’origine della separazione è la donna, che deve dunque pagare un riscatto all’uomo, deve restituirgli la mahr, e permettere all’uomo, che è disposto a vivere con lei, di prendere un’altra moglie con quella stessa mahr.

Alla fine del versetto, riguardo a tutte le norme esposte, leggiamo: “Questi sono i limiti di Allah, non oltrepassateli! E coloro che trasgrediscono i limiti di Allah, quelli sono gli iniqui”

OSSERVAZIONI

  1. Il numero di ripudi è pari al numero di matrimoni, ossia, prima di ogni ripudio ci deve essere un matrimonio, colui che dice: “Io ho ripudiato mia moglie tre volte”, in realtà l’ha ripudiata una volta sola: con tale frase ha interrotto un solo matrimonio. È per questo motivo che nel rito jafarita, l’uomo non può ripudiare la donna diverse volte insieme, ma può farlo solo in momenti diversi e fasi diverse, e prima di ogni ripudio, l’uomo e la donna devono essere in istato di matrimonio. Questo è ciò che si può comprendere dal versetto, ed è giusto che sia cosí, perché non è bene concludere una vita matrimoniale con poche parole, in pochi istanti.
  2. Chi trasgredisce la legge di Allah è un iniquo: “E coloro che trasgrediscono i limiti di Allah, quelli sono gli iniqui”

VERSETTO 230

ÝóÅöä ØóáøóÞóåóÇ ÝóáÇó ÊóÍöáøõ áóåõ ãöä ÈóÚúÏõ ÍóÊøóìó ÊóäßöÍó ÒóæúÌðÇ ÛóíúÑóåõ ÝóÅöä ØóáøóÞóåóÇ ÝóáÇó ÌõäóÇÍó ÚóáóíúåöãóÇ Ãóä íóÊóÑóÇÌóÚóÇ Åöä ÙóäøóÇ Ãóä íõÞöíãóÇ ÍõÏõæÏó Çááøåö æóÊöáúßó ÍõÏõæÏõ Çááøåö íõÈóíøöäõåóÇ áöÞóæúãò íóÚúáóãõæäó ﴿230﴾

230.  E se [l’uomo] la ripudia [per la terza volta] non sarà piú lecita per lui finché essa non abbia sposato un altro. Se poi quest’ultimo la ripudia, possono allora ricongiungersi, se pensano di riuscire a osservare i limiti di Allah. Questi sono i limiti di Allah, che Egli mostra chiaramente alla gente che sa.