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COMMENTO

Il questo versetto il sacro Corano si rivolge al sommo Profeta, e, continuando il discorso iniziato nel versetto precedente, afferma: “Non sono sufficienti tutte le prove, i segni, e le norme che vi abbiamo dato per prevenire l’errore e non cadere nella trappola del vostro evidente nemico Satana? Aspettate forse che Allah e gli angeli vengano a voi in ombre di nuvole, e vi mostrino ulteriori segni, e nuove prove? Ma non accadrà mai, perché Allah non è jism [corpo], e se per assurdo lo fosse, che bisogno ci sarebbe di nuove prove, dal momento che tutto si è realizzato, ogni cosa è stata decisa, e ogni cosa è destinata a ritornare ad Allah?”

Alcuni esegeti hanno invece interpretato il versetto come segue: “Essi, con i peccati dei quali si sono macchiati, aspettano forse che venga l’ordine di Allah e dei Suoi angeli per essere severamente puniti? Le loro turpi azioni li porteranno certamente a essere puniti dal Creatore Eccelso”

VERSETTO 211

Óóáú Èóäöí ÅöÓúÑóÇÆöíáó ßóãú ÂÊóíúäóÇåõã ãøöäú ÂíóÉò ÈóíøöäóÉò æóãóä íõÈóÏøöáú äöÚúãóÉó Çááøåö ãöä ÈóÚúÏö ãóÇ ÌóÇÁÊúåõ ÝóÅöäøó Çááøåó ÔóÏöíÏõ ÇáúÚöÞóÇÈö ﴿211﴾

211.  Chiedi ai figli d’Israele quanti evidenti segni abbiamo dato loro. Ebbene, chi altera la grazia di Allah, dopo che essa gli è giunta, [sappia] allora che, in verità, Allah è duro nel castigo.

COMMENTO

Questo versetto parla dell’empia condotta dei figli d’Israele, del castigo che li ha colpiti per aver ignorato gli evidenti segni, le chiare prove del Signore Sublime, alterando la Sua grazia e i Suoi doni.

Il sacro Corano con l’espressione “alterare la grazia di Allah” intende usare le possibilità, le forze, le fonti materiali e spirituali, donate da Allah all’uomo, per peccare e fare del male. Il Signore Altissimo ha donato ai figli d’Israele santi maestri spirituali e potenti guide, mettendo a loro disposizione ogni mezzo materiale e spirituale, ma purtroppo essi hanno usato questi doni, questa grazia divina, per peccare, per seguire la via del male, ed è per questo che sono finiti in rovina, ed essi avranno nel Giorno del Giudizio un terribile castigo da Dio.

La frase “Chiedi ai figli d’Israele” è un monito ai mussulmani: i figli d’Israele con tutti i doni che hanno ricevuto dal Signore Eccelso si sono rovinati e guadagnati la dannazione eterna; o mussulmani, fate attenzione a non fare la stessa fine!

VERSETTO 212

Òõíøöäó áöáøóÐöíäó ßóÝóÑõæÇú ÇáúÍóíóÇÉõ ÇáÏøõäúíóÇ æóíóÓúÎóÑõæäó ãöäó ÇáøóÐöíäó ÂãóäõæÇú æóÇáøóÐöíäó ÇÊøóÞóæÇú ÝóæúÞóåõãú íóæúãó ÇáúÞöíóÇãóÉö æóÇááøåõ íóÑúÒõÞõ ãóä íóÔóÇÁ ÈöÛóíúÑö ÍöÓóÇÈò ﴿212﴾

212.  La vita terrena è stata resa bella per i miscredenti, i quali scherniscono i credenti. Ma coloro che avranno temuto Allah, saranno superiori a loro nel Giorno del Giudizio. E Allah dona a chi vuole, senza contare.

COMMENTO

Il celebre esegeta del sacro Corano Bin Abbas afferma: “Questo versetto è stato rivelato a proposito dei capi della tribú dei Quraysh, che conducevano una vita piena di agi e comodità, e che schernivano i credenti poveri e bisognosi, dicendo: “Se il Profeta avesse avuto personalità, e fosse venuto da parte di Dio, l’aristocrazia e i capi delle tribú l’avrebbero seguito”. Fu allora rivelato il versetto, che confutò questa infondata tesi.

Quanto abbiamo ora detto ha validità generale, o può essere considerato un complemento del versetto precedente, che parlava dei giudei: “La vita terrena è stata resa bella per i miscredenti…”. Essi, pieni di superbia, si prendevano gioco dei credenti poveri e bisognosi: “…i quali scherniscono i credenti”, ma essi, sono credenti, e dunque superiori a ogni miscredente: “Ma coloro che avranno temuto Allah, saranno superiori a loro nel Giorno del Giudizio”

In effetti, nell’aldilà le stazioni spirituali assumono una forma concreta, e i credenti occuperanno alti livelli spirituali. È come se i credenti fossero al di sopra dei cieli, e i miscredenti vivessero nelle profondità della terra, e ciò non deve stupire, poiché: “E Allah dona a chi vuole, senza contare”

Questo versetto è in realtà una lieta novella per i credenti e un ammonimento, una minaccia per i benestanti superbi e miscredenti.

Il Signore Eccelso dona senza misura, per il fatto che Egli non elargisce la Sua grazia in base alle buone azioni compiute, ma dona in base alla Sua generosità, che è infinita, non ha misura.

VERSETTO 213

ßóÇäó ÇáäøóÇÓõ ÃõãøóÉð æóÇÍöÏóÉð ÝóÈóÚóËó Çááøåõ ÇáäøóÈöíøöíäó ãõÈóÔøöÑöíäó æóãõäÐöÑöíäó æóÃóäÒóáó ãóÚóåõãõ ÇáúßöÊóÇÈó ÈöÇáúÍóÞøö áöíóÍúßõãó Èóíúäó ÇáäøóÇÓö ÝöíãóÇ ÇÎúÊóáóÝõæÇú Ýöíåö æóãóÇ ÇÎúÊóáóÝó Ýöíåö ÅöáÇøó ÇáøóÐöíäó ÃõæÊõæåõ ãöä ÈóÚúÏö ãóÇ ÌóÇÁÊúåõãõ ÇáúÈóíøöäóÇÊõ ÈóÛúíðÇ Èóíúäóåõãú ÝóåóÏóì Çááøåõ ÇáøóÐöíäó ÂãóäõæÇú áöãóÇ ÇÎúÊóáóÝõæÇú Ýöíåö ãöäó ÇáúÍóÞøö ÈöÅöÐúäöåö æóÇááøåõ íóåúÏöí ãóä íóÔóÇÁ Åöáóì ÕöÑóÇØò ãøõÓúÊóÞöíãò ﴿213﴾

213.  Gli uomini [all’inizio] formavano un’unica nazione. Allah inviò allora i Profeti, nunzi di lieta novella e ammonitori, e con loro fece discendere il Libro in [assoluta] verità, affinché giudicasse fra gli uomini a proposito di ciò su cui divergevano. E non dissentirono su esso, se non gli stessi cui era stato dato il Libro, dopo le chiare prove che erano giunte loro, per mutuo livóre. Ma Allah, con la Sua volontà, guidò quelli [di loro] che avevano [realmente] creduto, a quella [parte di] verità sulla quale avevano dissentito [tra di loro]. E Allah guida chi vuole alla retta Via.

COMMENTO

Dal versetto in esame si può dedurre che l’essere umano ai primordi della sua esistenza conduceva una vita semplice, dopo però, per effetto dell’aumento della popolazione, e di un dissenso di opinioni, nacquero le prime discordie. Alcune tradizioni islamiche riconoscono quest’epoca come l’era precedente al santo profeta Noè (A), nella quale gli uomini conducevano una vita semplice, e non erano al corrente di nulla. Poi, a causa di una serie di conflitti di interesse, per cui ognuno voleva sfruttare gli altri, nacquero le divergenze, le varie società e le diverse classi. La vita sociale richiedeva una legge giusta che potesse risolvere i conflitti esistenti. Allah inviò allora i santi profeti per eliminare i dissensi, e riportare la pace all’umanità, inviando assieme a loro una serie di libri celesti. Alcuni però, con piena cognizione, si opposero ai profeti, e ignorarono le loro parole, creando a loro volta nuovi contrasti. Ma Allah, per Sua infinita grazia, guidò sulla retta via le persone pronte e capaci di accettare la verità, e abbandonò coloro che vi si opponevano, per poi punirli.

OSSERVAZIONI

  1. In una società che conduce una vita semplice, e che è composta da una piccola popolazione, ci sono meno discordie.
  2. Ovunque ci sia un dissenso, è pure necessario che ci sia un arbitro, un giudice. Le leggi e le civiltà umane non hanno il potere di risolvere le discordie tra gli uomini, poiché ogni gruppo, ogni classe, ogni individuo cerca di realizzare i propri desideri, persegue i propri obiettivi. Solo la legge divina rivelata è in grado di risolvere in modo completo i dissensi esistenti tra gli esseri umani, una legge inalterabile e infallibile trasmessa da Allah attraverso un Suo infallibile messaggero.
  3. Il miglior metodo per risolvere i dissensi, è quello che sfrutta la fede nel Giorno del Giudizio: i nobili profeti al fine di prevenire le discordie, davano alla gente la lieta novella del Paradiso, e per curare le loro anime, li ammonivano, e ricordavano loro il castigo divino.
  4. Il peggior tipo di contrasto è quello cosciente, che si viene a creare dopo chiare prove, per invidia, per iniquità.
  5. I dissensi si possono risolvere solo con la fede, ubbidendo alla legge divina portata dai profeti: “Ma Allah, con la Sua volontà, guidò quelli [di loro] che avevano [realmente] creduto…”
  6. Il sacro Corano critica, non ammette quei contrasti nei quali le parti non sono pronte ad accettare l’arbitrato, il giudizio dei profeti, e la legge divina. Quei dissensi che alla fine si concludono con la sottomissione delle due parti alla giustizia divina sono naturali e ammessi.
  7. Anche tra i credenti nascono dissensi e contrasti, ma si risolvono attraverso la guida divina, cosa che non succede per quelli che non si sottomettono alla legge divina.
  8. La via per salvarsi dai dissensi e dai contrasti, non è altro che la retta via del Signore.

VERSETTO 214

Ãóãú ÍóÓöÈúÊõãú Ãóä ÊóÏúÎõáõæÇú ÇáúÌóäøóÉó æóáóãøóÇ íóÃúÊößõã ãøóËóáõ ÇáøóÐöíäó ÎóáóæúÇú ãöä ÞóÈúáößõã ãøóÓøóÊúåõãõ ÇáúÈóÃúÓóÇÁ æóÇáÖøóÑøóÇÁ æóÒõáúÒöáõæÇú ÍóÊøóì íóÞõæáó ÇáÑøóÓõæáõ æóÇáøóÐöíäó ÂãóäõæÇú ãóÚóåõ ãóÊóì äóÕúÑõ Çááøåö ÃóáÇ Åöäøó äóÕúÑó Çááøåö ÞóÑöíÈñ ﴿214﴾

214.  Credete forse che entrerete in Paradiso senza aver prima provato quello che provarono quelli che furono prima di voi? Furono toccati da avversità e ristrettezze e furono talmente scossi, che il Messaggero e coloro che erano con lui dissero: “Quando verrà il soccorso di Allah?”. Badate che, in verità, il soccorso di Allah è vicino!

COMMENTO

Alcuni esegeti affermano che quando i mussulmani furono sopraffatti dalla paura nella Guerra delle Fazioni, e furono circondati dal loro nemico, fu rivelato questo versetto, e li invitò a pazientare e perseverare, e promise loro che sarebbero stati aiutati da Allah. Altri sono dell’opinione che quando i mussulmani furono sconfitti a Uhud, Abdullah Bin Ubaiyy disse loro: “Fino a quando vi farete uccidere? Se Muhammad fosse stato veramente un profeta, Dio non avrebbe permesso che i suoi seguaci venissero uccisi e imprigionati”. Fu in quel momento che venne rivelato il versetto in esame.

Da questo versetto si può dedurre che alcuni fedeli credevano che per andare in Paradiso fosse sufficiente manifestare la propria fede in Dio, e che dopo tale manifestazione non avrebbero dovuto patire alcuna sofferenza; essi pensavano che Allah avrebbe tolto di mezzo tutti i loro nemici, e che essi avrebbero avuto una vita comoda e felice.

Il sacro Corano di fronte a questo scorretto modo di pensare, ricorda la vera e consueta tradizione del Signore Eccelso: ogni credente, sulla via delle fede e della religione, dev’essere pronto a sopportare ogni sofferenza, andare incontro alle difficoltà, e accettare di compiere ogni sacrificio. In realtà, queste difficoltà, tali sofferenze, non sono altro che delle prove che distinguono il vero credente dal falso credente. Tutti i popoli del passato sono stati provati in questo modo.

Ad esempio, i figli d’Israele prima di salvarsi dal giogo del tiranno Faraone, dovettero patire grandi sofferenze, ma alla fine la grazia di Dio discese su di loro, ed essi riuscirono ad avere la meglio sul proprio nemico. Ciò non valse solo per i figli d’Israele, ma anche tutti gli altri popoli del passato dovettero superare difficili prove divine: “…quello che provarono quelli che furono prima di voi…”

È bene infine sapere che la frase “Quando verrà il soccorso di Allah?”, non esprime affatto una protesta, al contrario, è una forma di preghiera per chiedere il soccorso divino.

VERSETTO 215

íóÓúÃóáõæäóßó ãóÇÐóÇ íõäÝöÞõæäó Þõáú ãóÇ ÃóäÝóÞúÊõã ãøöäú ÎóíúÑò ÝóáöáúæóÇáöÏóíúäö æóÇáÃóÞúÑóÈöíäó æóÇáúíóÊóÇãóì æóÇáúãóÓóÇßöíäö æóÇÈúäö ÇáÓøóÈöíáö æóãóÇ ÊóÝúÚóáõæÇú ãöäú ÎóíúÑò ÝóÅöäøó Çááøåó Èöåö Úóáöíãñ ﴿215﴾

215.  Ti chiedono che cosa devono dare in elemosina. Di’: “Ciò di buono che erogate sia destinato ai genitori, ai parenti, agli yatâmâ, ai poveri e all’ibnu-s-sabîl”. E tutto ciò che farete di bene, ebbene, in verità, Allah lo saprà.

COMMENTO

´Amr Bin Jumu´ era un anziano uomo eminente e ricco. Un giorno disse al Profeta: “Che cosa devo dare in elemosina, e a chi?”. Il versetto in esame fu rivelato in tale occasione.

Nel sacro Corano esistono molti versetti a proposito dell’elemosina sulla via di Allah. Il Signore Eccelso sprona in diversi modi la gente a elargire i propri beni agl’indigenti e ai bisognosi. Il versetto in esame espone un altro aspetto dell’elemosina, e risponde a quelle persone che vogliono sapere che cosa devono elargire e a chi devono fare la beneficenza: “Ti chiedono che cosa devono dare in elemosina…”

Il sacro Corano, oltre a rispondere a questa domanda, chiarisce pure le persone alle quali bisogna fare l’elemosina: «Di’: “Ciò di buono che erogate sia destinato ai genitori, ai parenti, agli yatâmâ, ai poveri e all’ibnu-s-sabîl”»

Quanto a cosa bisogna donare, il sacro Corano usando la parola khayr, che significa buono, bene, chiarisce esaurientemente la questione: può essere elargita ogni cosa buona e utile alla gente, sia essa materiale o spirituale.

Quanto invece a chi bisogna fare la beneficenza, la precedenza spetta ai genitori, poi vengono i parenti, gli orfani di padre (yatâmâ), gli indigenti, e gli abnaa’u-s-sabîl. Ovviamente la carità fatta ai parenti, serve anche a rinforzare i legami di parentela.

“E tutto ciò che farete di bene, ebbene, in verità, Allah lo saprà”

È come se questa frase alluda al fatto che coloro che fanno la carità, per maggior devozione, è meglio che la facciano di nascosto, perché Allah conosce ogni cosa.

VERSETTO 216

ßõÊöÈó Úóáóíúßõãõ ÇáúÞöÊóÇáõ æóåõæó ßõÑúåñ áøóßõãú æóÚóÓóì Ãóä ÊóßúÑóåõæÇú ÔóíúÆðÇ æóåõæó ÎóíúÑñ áøóßõãú æóÚóÓóì Ãóä ÊõÍöÈøõæÇú ÔóíúÆðÇ æóåõæó ÔóÑøñ áøóßõãú æóÇááøåõ íóÚúáóãõ æóÃóäÊõãú áÇó ÊóÚúáóãõæäó ﴿216﴾

216.  Vi è stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite. Ebbene, è possibile che abbiate avversione per qualcosa che invece è un bene per voi, e può darsi che amiate ciò che invece vi è dannoso. Allah sa e voi non sapete.

COMMENTO

Il versetto precedente parlava della carità, del donare i propri beni, ciò che di buono si possiede, per amor di Dio, ai poveri e ai bisognosi. Questo versetto parla invece del fare dono del proprio sangue, della propria vita per la causa di Allah.

Il versetto ordina ai mussulmani di combattere, quand’anche ciò non sia loro gradito, poiché: “…è possibile che abbiate avversione per qualcosa che invece è un bene per voi, e può darsi che amiate ciò che invece vi è dannoso”. Certo, la guerra contro il nemico è in generale cosa difficile da accettare e sgradita, poiché è causa di morte, dolore, sofferenza e distruzione. Sono sempre le persone dotate di forte abnegazione e devozione che non si risparmiano alcun sacrificio per la sacra causa di Allah, contrariamente alla maggior parte delle persone, che, per i motivi ricordati, provano avversione per la gihad, e risulta loro difficile sacrificare la propria vita per un sacro ideale.

Il Signore dei Mondi, condanna decisamente questo modo di pensare, e li illumina ricordando loro che essi non conoscono i vantaggi della gihad, poiché solo Allah conosce tutti i segreti dell’universo, parte dei quali può essere conosciuta anche dagli uomini profondi, non superficiali.

Questo versetto esprime una fondamentale legge del creato e della sharia, e educa gli uomini a ubbidire alle leggi divine. Gli uomini non devono valutare e giudicare i comandamenti del Signore Eccelso e le leggi della natura da Lui imposte, in base alle loro opinioni personali, poiché, sicuramente, le loro conoscenze sono, sotto ogni aspetto, scarse e irrilevanti rispetto a ciò che non conoscono.

In ogni caso, la gihad è uno dei fondamentali rami della religione islamica, e molti versetti coranici e tradizioni islamiche parlano di questo importante precetto divino. Il sommo Profeta disse: “Le buone azioni confrontate con la gihad, non sono altro che schiuma su un mare tempestoso”[283]. L’imam Sadiq (A) disse: “La gihad è la migliore cosa dopo i faraa’idh [precetti quali la preghiera, il digiuno, l’hajj e la zakah]”[284]. In un’altra tradizione del sommo Profeta leggiamo: “Il Paradiso ha una porta che si chiama Baabu-l-mujaahidin [porta di coloro che fanno la gihad]”[285]

La gihad non è una prerogativa della religione islamica; è infatti esistita anche nelle altre religioni celesti. Nel Pentateuco si parla dell’ordine di Mosè di combattere contro le tribú non appartenenti ai figli d’Israele:

-          Deuteronomio, capitoli VII, XIII e XX;

-          Esodo, cap. XXII;

-          Numeri, cap. XXXI.

Anche il Vangelo dimostra che Gesú aveva il dovere della gihad, ma non aveva sufficienti seguaci e uomini per affrontarla:

-          Matteo X:34;

-          Luca XIX:28;

-          Luca XXXII:36.

Anche il sacro Corano racconta la storia di alcuni profeti del passato che combatterono contro i miscredenti e i politeisti:

-          Corano II: 246;

-          Corano III: 47;

-          Corano V: 27.

-          Altri versetti coranici.

VERSETTI 217 E 218

íóÓúÃóáõæäóßó Úóäö ÇáÔøóåúÑö ÇáúÍóÑóÇãö ÞöÊóÇáò Ýöíåö Þõáú ÞöÊóÇáñ Ýöíåö ßóÈöíÑñ æóÕóÏøñ Úóä ÓóÈöíáö Çááøåö æóßõÝúÑñ Èöåö æóÇáúãóÓúÌöÏö ÇáúÍóÑóÇãö æóÅöÎúÑóÇÌõ Ãóåúáöåö ãöäúåõ ÃóßúÈóÑõ ÚöäÏó Çááøåö æóÇáúÝöÊúäóÉõ ÃóßúÈóÑõ ãöäó ÇáúÞóÊúáö æóáÇó íóÒóÇáõæäó íõÞóÇÊöáõæäóßõãú ÍóÊøóìó íóÑõÏøõæßõãú Úóä Ïöíäößõãú Åöäö ÇÓúÊóØóÇÚõæÇú æóãóä íóÑúÊóÏöÏú ãöäßõãú Úóä Ïöíäöåö ÝóíóãõÊú æóåõæó ßóÇÝöÑñ ÝóÃõæúáóÜÆößó ÍóÈöØóÊú ÃóÚúãóÇáõåõãú Ýöí ÇáÏøõäúíóÇ æóÇáÂÎöÑóÉö æóÃõæúáóÜÆößó ÃóÕúÍóÇÈõ ÇáäøóÇÑö åõãú ÝöíåóÇ ÎóÇáöÏõæäó ﴿217﴾ Åöäøó ÇáøóÐöíäó ÂãóäõæÇú æóÇáøóÐöíäó åóÇÌóÑõæÇú æóÌóÇåóÏõæÇú Ýöí ÓóÈöíáö Çááøåö ÃõæúáóÜÆößó íóÑúÌõæäó ÑóÍúãóÊó Çááøåö æóÇááøåõ ÛóÝõæÑñ ÑøóÍöíãñ ﴿218﴾

217.  Ti chiedono se è lecito combattere nel mese sacro. Di’: “Combattere in esso è un grande peccato, ma per Allah, ancora piú grave, è impedire [agli uomini di seguire] il sentiero di Allah, negarLo, [impedire alla gente di visitare] la Masjidu-l-haram e scacciarne gli abitanti. La fitnah è peggio dell’uccidere! Se riusciranno, essi vi combatteranno senza tregua fino a farvi perdere la fede. E chi di voi rinnegherà il proprio credo e morirà nella miscredenza, [apparterrà a] quelli [che] avranno annullato le proprie [buone] azioni in questo mondo e nell’aldilà; essi sono la gente del fuoco [dell’Inferno], dove rimarranno in eterno”

218.  In verità, coloro che hanno creduto e coloro che sono emigrati e hanno combattuto sulla via di Allah, sono quelli che sperano nella misericordia di Allah. E Allah è clemente e benevolo.

COMMENTO

IN QUALE OCCASIONE FU RIVELATO IL VERSETTO?

Gli esperti dicono che questo versetto sia stato rivelato a proposito di Abdullah Bin Jahesh. Prima della battaglia di Badr il Profeta dell’Islam convocò Abdullah Bin Jahesh, gli diede una lettera, e mandò con lui otto uomini appartenenti ai muhajirun. Gli ordinò di aprire la lettera dopo due giorni di viaggio, e di eseguire gli ordini in essa contenuti. Egli dopo due giorni di viaggio aprí la lettera e trovò le seguenti prescrizioni: “Dopo aver aperto la lettera procedi fino a Nakhlah [località tra la Mecca e la città di Taa’if], e lí tieni sottocchio i Quraysh, e mettici al corrente della situazione”

Abdullah raccontò la vicenda ai suoi compagni di viaggio, e disse loro: “Il Profeta mi ha vietato di obbligarvi a proseguire il viaggio con me, venga perciò chi è pronto al martirio, e gli altri tornino pure indietro”. Tutti lo seguirono, e quando arrivarono a Nakhlah, incontrarono una carovana dei Quraysh, nella quale c’era ´Amr Bin Al-khadhramiyy. Siccome era l’ultimo giorno del mese di rajab, che, come abbiamo già detto, è uno dei quattro mesi sacri, nei quali la guerra è proibita, si consultarono  se attaccare la carovana o meno, e alcuni dissero che se li avessero lasciati proseguire essi sarebbero entrati alla Mecca, e lí non avrebbero potuto piú attaccarli. Alla fine, li attaccarono, uccisero ´Amr Bin Al-khadhramiyy, fecero prigionieri i membri della carovana, e li portarono dal Messaggero di Allah. Il sommo Profeta disse loro: “Io non vi avevo ordinato di combattere nel mese sacro”, e non partecipò alla spartizione del bottino di guerra e dei prigionieri. I combattenti si rattristarono, e gli altri mussulmani iniziarono a riprovarli, mentre i politeisti presero a biasimare il Profeta dicendo: “Muhammad ha considerato lecito fare guerra, spargere sangue, e prendere prigionieri nei mesi sacri!”. Fu in questo momento che discese il primo dei versetti in esame.

Dopo la rivelazione del versetto, Abdullah Bin Jahesh e i suoi compagni di viaggio affermarono che essi intrapresero la gihad per essere premiati da Dio; chiesero dunque al Profeta: “Meritiamo forse la ricompensa dei mujaahidin”, fu allora rivelato il secondo versetto in esame: “In verità, coloro che hanno creduto e coloro che sono emigrati…”[286]

COMMENTO

Come abbiamo visto ora, il primo versetto in esame informa i mussulmani riguardo la guerra nei mesi sacri, considerandola espressamente peccato maggiore: “Combattere in esso è un grande peccato”, tuttavia afferma anche che i politeisti che si sono macchiati di grandi peccati quali la miscredenza, il politeismo, che hanno impedito alla gente di seguire la retta via, che hanno scacciato i credenti della Mecca dalle loro case, e hanno mancato di rispetto a questa sacra città – nella quale persino animali e vegetali godono di immunità, e non devono essere uccisi e molestati – ebbene, questi immondi individui non hanno alcun diritto di biasimare un gruppo di mussulmani che per errore hanno combattuto in uno dei mesi sacri.

Inoltre i politeisti facendo fitnah, ossia creando un ambiente corrotto, seminando la miscredenza e il politeismo, e impedendo alla gente di scoprire e di seguire la verità, si sono invero macchiati di un peccato assai piú grave di quello dei mussulmani, che hanno combattuto nel mese sacro: “La fitnah è peggio dell’uccidere!”

Poi il versetto si rivolge ai mussulmani, e li mette in guardia dagli intrighi e dall’avvelenata propaganda dei politeisti, e afferma: “Se riusciranno, essi vi combatteranno senza tregua fino a farvi perdere la fede”

Il sacro Verbo di Allah, per prevenire eventuali pericoli, minaccia seriamente i mussulmani dicendo: “E chi di voi rinnegherà il proprio credo e morirà nella miscredenza, [apparterrà a] quelli [che] avranno annullato le proprie [buone] azioni in questo mondo e nell’aldilà; essi sono la gente del fuoco [dell’Inferno], dove rimarranno in eterno”

Se qualcuno dopo la miscredenza diventa credente, ebbene, questa sua fede ha il potere di rendere vive le sue buone azioni, che potranno aiutarlo a raggiungere l’eterna beatitudine. Al contrario, chi diventa miscredente dopo aver creduto, e muore nella miscredenza, annulla, uccide le sue buone azioni, che non potranno piú aiutarlo a raggiungere la beatitudine eterna.

Il secondo versetto in esame c’insegna che è possibile che alcuni mussulmani che combattono sulla via di Allah, per ignoranza o imprudenza, commettano qualche errore, come accadde per Abdullah Bin Jahesh, ma Allah li perdona per aver reso un servigio maggiore alla religione, e per aver combattuto in buona fede: “E Allah è clemente e benevolo”

VERSETTO 219

íóÓúÃóáõæäóßó Úóäö ÇáúÎóãúÑö æóÇáúãóíúÓöÑö Þõáú ÝöíåöãóÇ ÅöËúãñ ßóÈöíÑñ æóãóäóÇÝöÚõ áöáäøóÇÓö æóÅöËúãõåõãó ÃóßúÈóÑõ ãöä äøóÝúÚöåöãóÇ æóíóÓúÃóáõæäóßó ãóÇÐóÇ íõäÝöÞõæäó Þõáö ÇáúÚóÝúæó ßóÐóáößó íõÈíøöäõ Çááøåõ áóßõãõ ÇáÂíóÇÊö áóÚóáøóßõãú ÊóÊóÝóßøóÑõæäó ﴿219﴾

219.  Ti chiedono del vino e del gioco d’azzardo. Di’: “In entrambi c’è un grande peccato e qualche vantaggio per gli uomini, ma in entrambi il peccato è maggiore del beneficio”. E ti chiedono che cosa dovranno dare in elemosina. Di’: “Il sovrappiú”. Cosí Allah vi espone i [Suoi] segni, nella speranza che meditiate…

COMMENTO

La prima domanda riguarda il vino e il gioco d’azzardo. La parola “khamr”, da noi tradotta con “vino”, significa copertura; la stoffa con la quale le donne si coprono il capo per rispettare l’hijaab, si chiama khimaar. Il vino (e, in generale, le altre bevande alcoliche) viene chiamato khamr, poiché copre l’intelletto di chi lo beve. La parola maysir, da noi tradotta con “gioco d’azzardo”, deriva da “yusr”, che significa “facile”, ed è come se nel gioco d’azzardo i giocatori volessero prendersi a vicenda i soldi con facilità, senza alcuna fatica, senza lavorare né produrre nulla di utile. Questo versetto a proposito di questi due turpi vizi afferma: “In entrambi c’è un grande peccato e qualche vantaggio per gli uomini, ma in entrambi il peccato è maggiore del beneficio”. Questi benefici potrebbero ad esempio essere i guadagni derivanti dalla vendita di uva, uva passa, vino, o provenienti dalla riscossione di tasse, di tributi doganali, o dall’istituzione di case da gioco. Però non bisogna mai dimenticare che in entrambi il peccato e il danno è maggiore del beneficio apparente.

Riportiamo di seguito alcuni dei danni arrecati dalle bevande alcoliche, ricordati da alcuni tafsir:

  1. accorciarsi degli anni di vita;
  2. malformazioni;
  3. aumento della corruzione morale, dei crimini, dei reati, e degli incidenti stradali;

Alcuni scienziati affermano: “Se lo stato chiudesse metà dei bar e dei negozi che vendono alcolici, noi chiuderemmo metà degli ospedali e dei manicomi”

Anche il gioco d’azzardo provoca una serie di danni, tra cui agitazione, disturbi al sistema nervoso, infarti cerebrali e cardiaci, tachicardia, inappetenza e pallore. Gli studiosi affermano che il trenta per cento dei crimini e dei reati è causato dal gioco d’azzardo, che ha inoltre un effetto distruttivo sull’economia, e toglie alla gente la voglia di lavorare. Anche in alcuni paesi non islamici il gioco d’azzardo è stato proibito in alcuni anni, ad esempio, in Inghilterra nel 1853, negli Stati Uniti nel 1855, nell’ex Unione Sovietica nel 1854, e i Germania nel 1873. Guardate però oggi cosa sta succedendo!

La seconda domanda alla quale risponde il versetto in esame riguarda l’elemosina: «E ti chiedono che cosa dovranno dare in elemosina. Di’: “Il sovrappiú”»

La parola al´afw, da noi tradotta con “sovrappiú”,  può assumere diversi significati, tutti concordi al versetto: perdono, media, sovrappiú, la migliore parte degli averi.

OSSERVAZIONI

  1. Bisogna sempre essere onesti: il versetto non nega che il vino e il gioco d’azzardo non diano alcun profitto, ma tratta la questione in modo da indurre la gente a riflettere e ragionare.
  2. Il vino e il gioco d’azzardo corrompono ambedue il corpo e lo spirito umano, e gettano l’uomo nell’oblio, ed è per questo che nel sacro Corano li troviamo l’uno accanto all’altro.
  3. È necessario preservare l’integrità mentale e spirituale. Proibendo il vino, il sacro Corano mira a preservare l’integrità mentale e intellettuale dell’uomo, e il divieto di giocare d’azzardo preserva la sua salute e la sua quiete spirituale, e lo salva dalla povertà.
  4. Nei tafaasir leggiamo che il vino è stato proibito gradualmente ai mussulmani. Nel sessantasettesimo versetto della Sura delle Api, leggiamo: “Dall’uva si estrae sia una bevanda inebriante sia un buon rizq [sostentamento]. Questo versetto allude al fatto che, la bevanda inebriante, il vino, non può essere considerato un buon rizq. Fu poi rivelato il versetto in esame: “In entrambi c’è un grande peccato e qualche vantaggio per gli uomini, ma in entrambi il peccato è maggiore del beneficio”. Poi discese il seguente versetto: “Non pregate in istato di ebbrezza”[287]. Alla fine il sacro Corano esprime in modo esplicito e definitivo la proibizione: “In verità, il vino, il gioco d’azzardo… sono impuri, opere di Satana”[288]. In una tradizione del sommo Profeta leggiamo: “Ogni muskir [cosa che inebria] è proibito, e Allah ha maledetto il vino, colui che spreme l’uva per produrlo, colui che ne estrae il succo, colui che lo vende, colui che lo compra, colui che lo serve, colui che ne spende il ricavato, colui che lo trasporta, colui a cui viene portato, e colui che lo beve”[289]

VERSETTO 220

Ýöí ÇáÏøõäúíóÇ æóÇáÂÎöÑóÉö æóíóÓúÃóáõæäóßó Úóäö ÇáúíóÊóÇãóì Þõáú ÅöÕúáÇóÍñ áøóåõãú ÎóíúÑñ æóÅöäú ÊõÎóÇáöØõæåõãú ÝóÅöÎúæóÇäõßõãú æóÇááøåõ íóÚúáóãõ ÇáúãõÝúÓöÏó ãöäó ÇáúãõÕúáöÍö æóáóæú ÔóÇÁ Çááøåõ áÃÚúäóÊóßõãú Åöäøó Çááøåó ÚóÒöíÒñ Íóßöíãñ ﴿220﴾

220.  …su questo mondo e sull’aldilà. E ti interrogheranno a proposito degli yatâmâ. Di’: “Beneficarli è meglio! E se vivete con loro, [non dimenticate mai che essi] sono vostri fratelli [di fede]”. Allah distingue [perfettamente] chi semina la corruzione da chi porta il bene. E se Allah volesse, potrebbe mettervi in difficoltà. In verità, Allah è invincibile, saggio!

COMMENTO

L’espressione “su questo mondo e sull’aldilà” potrebbe riguardare l’elemosina, ed essere la conclusione dell’ultima frase del versetto precedente. In questo caso possiamo interpretare il versetto dicendo che significa che l’elemosina dev’essere fatta per la pace e tranquillità di questo mondo e dell’aldilà: non spendete tutti i vostri beni, poiché cosí avrete una vita difficile, e non siate nemmeno avari, poiché sarete privati della ricompensa dell’aldilà.[290]

È anche possibile interpretare il versetto dicendo che questa frase riguarda la meditazione della quale parla il versetto precedente: l’uomo deve meditare sulle cose di questo mondo e dell’aldilà, e usare questo mondo per guadagnarsi meriti per l’aldilà.[291]

Quanto invece alla domanda sugli orfani, i tafaasir affermano che quando fu rivelato il nono versetto della Sura delle Donne – che dice che appropriarsi dei beni degli orfani è come ingerire fuoco – coloro che avevano degli orfani in famiglia s’inquietarono, e alcuni, addirittura, li scacciarono; altri invece separarono i piatti, i bicchieri, le posate e il cibo degli orfani, e ciò creò dei problemi sia per i padroni di casa sia per gli orfani che vivevano nelle loro case. Essi andarono allora dal sommo Profeta, e gli chiesero come si sarebbero dovuti comportare con gli orfani, e il Profeta disse: “È meglio curare gli orfani. Voi non dovete abbandonarli perché i loro beni si sono mescolati ai vostri, liberandovi cosí della responsabilità di crescerli. Essi sono vostri fratelli di fede. Il mescolarsi dei vostri beni con quelli degli orfani, quando il vostro obiettivo non è quello di sperperarli, non è cosa negativa, e Allah sa ben distinguere colui che corrompe da colui che riforma, ed Egli non vuole mettervi a disagio. Allah è invincibile e sapiente”

OSSERVAZIONI

  1. Gli orfani non sono né schiavi né figli, sono fratelli di fede: “E se vivete con loro, [non dimenticate mai che essi] sono vostri fratelli [di fede]”, e devono essere trattati come tali, non devono essere isolati, emarginati, allontanati.
  2. Gli orfani non devono essere abbandonati, ma bisogna aiutarli ed essere con loro equi, solleciti e affettuosi.
  3. Non bisogna fingere di fare del bene agli orfani, poiché Allah sa ben distinguere l’empio dal probo. Guai a quelli che si fingono probi, e, in tal modo, s’appropriano illecitamente dei beni degli orfani.
  4. Considerando la circostanza nella quale è stato rivelato il versetto, comprendiamo che l’Islam non impone mai ai suoi seguaci ciò che non hanno il potere di eseguire.
  5. Ogni bene fatto agli orfani ha valore, e sarà premiato.

VERSETTO 221

æóáÇó ÊóäßöÍõæÇú ÇáúãõÔúÑößóÇÊö ÍóÊøóì íõÄúãöäøó æóáÃóãóÉñ ãøõÄúãöäóÉñ ÎóíúÑñ ãøöä ãøõÔúÑößóÉò æóáóæú ÃóÚúÌóÈóÊúßõãú æóáÇó ÊõäßöÍõæÇú ÇáúãõÔöÑößöíäó ÍóÊøóì íõÄúãöäõæÇú æóáóÚóÈúÏñ ãøõÄúãöäñ ÎóíúÑñ ãøöä ãøõÔúÑößò æóáóæú ÃóÚúÌóÈóßõãú ÃõæúáóÜÆößó íóÏúÚõæäó Åöáóì ÇáäøóÇÑö æóÇááøåõ íóÏúÚõæó Åöáóì ÇáúÌóäøóÉö æóÇáúãóÛúÝöÑóÉö ÈöÅöÐúäöåö æóíõÈóíøöäõ ÂíóÇÊöåö áöáäøóÇÓö áóÚóáøóåõãú íóÊóÐóßøóÑõæäó ﴿221﴾

221.  Non sposate le [donne] politeiste finché non avranno creduto. Certamente una schiava credente è meglio di una donna politeista, quand’anche essa [con la sua bellezza, i suoi beni o la propria posizione] susciti la vostra meraviglia. E non date spose ai politeisti finché non avranno creduto. Certamente, uno schiavo credente è meglio di un politeista, quand’anche egli [con la sua bellezza, i suoi beni o la propria posizione] susciti la vostra meraviglia. Costoro invitano al fuoco [dell’Inferno], mentre Allah, per Sua volontà, vi invita al Paradiso e al perdono, e mostra chiaramente agli uomini i Suoi segni, nella speranza che rammentino [e traggano insegnamento].