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Il nobile Corano, in questo sacro versetto, ricorda che l’hajj deve essere compiuto in ben determinati mesi, e che non è possibile eseguirlo in un qualsiasi periodo dell’anno. Nelle raccolte di hadith, nei tafsir, e nei trattati di legge islamica, leggiamo che questo grande atto di adorazione può essere eseguito solo nei mesi di shawwal, zhu-l-qa´dah, e nella prima decade del sacro mese di zhu-l-hajjah. Parte dei riti possono essere eseguiti solo ed esclusivamente nel periodo che va dal nono al dodicesimo giorno del mese di zhu-l-hajjah, mentre gli altri possono essere eseguiti in tutto il periodo ricordato.
“Ebbene, chi assolve all’obbligo dell’hajj in questi mesi, [deve sapere che] in esso non dovrà avere rapporti sessuali né disubbidire [ad Allah] né venire a diverbio con alcuno”
Dopodiché il sacro Verbo d’Allah ricorda che chiunque, entrando in istato di ihraam, e iniziando ad eseguire i riti dell’hajj, rende obbligatorio a se stesso questo nobile atto di culto, ebbene deve tenersi lontano dal piacere sessuale, dal peccato, e dal litigio verbale, poiché si trova in un luogo di devota adorazione del Signore Eccelso, e di purezza e astensione dal peccato, un luogo nel quale lo spirito deve trarre forza da esso e distaccarsi dal mondo materiale, ed entrare nel mondo superiore, della spiritualità, un luogo nel quale i mussulmani devono rinforzare il rapporto di fratellanza esistente tra di loro, e rinsaldare la propria unità.
Poi il sacro Corano aggiunge: “E tutto ciò che farete di bene, Allah lo saprà”. Questa è la prima ricompensa che viene data alla persona che fa del bene, poiché è conscio del fatto che Allah conosce bene le buone azioni che egli ha compiuto, e ciò gli dà un grande senso di gioia e beatitudine.
“Fate provvista e [sappiate che], in verità, la migliore provvista è il timore di Allah”
In questa parte del versetto in esame, il Signore Altissimo ordina di fare provvista di rette azioni per l’aldilà. Si narra che in quell’epoca un gruppo di persone dello Yemen si mettevano in viaggio per venire ad eseguire l’hajj alla sacra Mecca senza portare con sé alcuna provvista. La loro logica era questa: “È forse possibile che Allah lasci senza cibo chi viene in pellegrinaggio alla Sua Casa?”, mentre sappiamo bene che il Signore Eccelso dona a ciascuno il proprio sostentamento attraverso mezzi ordinari. È per questo che il nobile Corano ordina di fare provviste per il viaggio, e di portare con sé del cibo.
Allo stesso tempo, il sacro Verbo di Allah ricorda un’importante questione spirituale, che oltre alle provviste materiali necessarie per affrontare il viaggio alla Mecca, bisogna anche fare un’importante provvista spirituale: il timor di Dio.
La frase in esame è un fine accenno alla seguente realtà: nell’hajj vi sono numerose occasione per fare provvista spirituale che non devono assolutamente essere ignorate. Alla Mecca s’è incarnata la sacra storia dell’Islam, vi sono i luoghi nei quali il santo Abramo ha fatto incredibili sacrifici nella lotta contro l’idolatria e il politeismo, si possono vedere particolari manifestazioni del sacro essere divino, che non esistono in nessun altro posto. Le persone dotate di spirito sveglio e pensiero vivo, possono fare provvista spirituale per tutta la loro vita attraverso questo unico viaggio spirituale.
“O voi che siete dotati di sano intelletto, temeteMi!”
Questa frase si rivolge a coloro che hanno sanno intelletto, e ordina loro di temere il Signore Sublime, poiché in realtà sono loro che possono trarre il massimo vantaggio da questi sacri riti, mentre il resto della gente può solo trarre profitto dagli aspetti esteriori di queste divine cerimonie.
áóíúÓó Úóáóíúßõãú ÌõäóÇÍñ Ãóä ÊóÈúÊóÛõæÇú ÝóÖúáÇð ãøöä ÑøóÈøößõãú ÝóÅöÐóÇ ÃóÝóÖúÊõã ãøöäú ÚóÑóÝóÇÊò ÝóÇÐúßõÑõæÇú Çááøåó ÚöäÏó ÇáúãóÔúÚóÑö ÇáúÍóÑóÇãö æóÇÐúßõÑõæåõ ßóãóÇ åóÏóÇßõãú æóÅöä ßõäÊõã ãøöä ÞóÈúáöåö áóãöäó ÇáÖøóÂáøöíäó ﴿198﴾ Ëõãøó ÃóÝöíÖõæÇú ãöäú ÍóíúËõ ÃóÝóÇÖó ÇáäøóÇÓõ æóÇÓúÊóÛúÝöÑõæÇú Çááøåó Åöäøó Çááøåó ÛóÝõæÑñ ÑøóÍöíãñ ﴿199﴾
198. Non commetterete peccato a chiedere [durante l’hajj] al vostro Signore [di concedervi la Sua] grazia. E quando lasciate ´Arafaat, ricordate Allah presso Al-mash´aru-l-haraam. E ricordateLo, come Egli vi ha guidato sulla retta via, nonostante, prima d’ora, foste fra gli sviati.
199. Ritornate poi da dove ritornano tutti gli altri e chiedete perdono ad Allah. In verità, Allah è clemente e benevolo.
Prima dell’avvento dell’Islam la compravendita, il commercio, il trasporto di passeggeri e di merci, erano proibiti durante l’hajj, e l’hajj di coloro che svolgevano tali attività veniva considerato invalido. I mussulmani, nei giorni in cui si svolgeva l’hajj, attendevano di sapere se le norme in vigore prima dell’avvento dell’Islam venivano confermate o meno.
Il versetto in esame annulla la sopraccitata norma in vigore nell’era preislamica, e annuncia che durante i riti dell’hajj è permesso svolgere attività commerciali. Non commetteranno dunque peccato a chiedere durante l’hajj al proprio Signore di concedere loro la Sua grazia: che lavorino e traggano vantaggio dal proprio lavoro!
Le fonti islamiche oltre a riportare le ragioni etiche, politiche e culturali dell’hajj, ne riportano pure le ragioni economiche. Lo spostamento dei mussulmani dai diversi paesi del mondo verso la Casa di Allah, e l’organizzazione dell’immensa riunione dell’hajj, può costituire una buona base per creare una solida economia nei paesi islamici. In effetti, gli esperti di economia che vengono alla Mecca da tutto il mondo per eseguire i riti dell’hajj, possono, prima o dopo l’hajj, discutere assieme delle questioni economiche, e creare insieme una solida base per l’economia dei paesi islamici, e, con corretti ed efficaci scambi commerciali, formare per questi paesi un’economia cosí forte da renderli autonomi e indipendenti dai loro nemici e dagli stranieri.
È ovvio che le attività economiche e commerciali non devono prevalere sui riti del sacro hajj, ma possono solo avere un ruolo secondario rispetto ad essi. Grazie a Dio, i mussulmani, prima o dopo l’hajj, hanno sufficiente tempo per dedicarsi al lavoro e al commercio.
Hisham Bin Hakam afferma: «Chiesi all’imam Sadiq (A): “Perché Allah ha ordinato alla gente di eseguire l’hajj e il tawaaf intorno alla Sua Casa?”. L’Imam rispose: “Dio ha creato gli uomini… e ha ordinato loro di eseguire l’hajj che ha in sé l’ubbidienza alla religione e gli utili del loro mondo. Durante il periodo dell’hajj i mussulmani si riuniscono da oriente e occidente per conoscersi, affinché ogni popolo possa giovarsi dei commerci e dei prodotti degli altri popoli, affinché le persone che possiedono dei mezzi di trasporto possano affittarli ai pellegrini, per conoscere le opere e le tradizioni lasciate dal Profeta, affinché queste opere rimangano vive e non vengano dimenticate. Se ogni popolo discutesse solamente [di sé e] del proprio ambiente, perirebbe, le città andrebbero in rovina, non ci sarebbero utili e profitti commerciali, e le opere e le tradizioni del Profeta andrebbero distrutte. Queste sono le ragioni dell’hajj”»[278]
“E quando lasciate ´Arafaat, ricordate Allah presso Al-mash´aru-l-haraam”
Il sacro Corano in questa parte del versetto ordina: dopo aver compiuto i riti che bisogna eseguire nella piana di ´Arafat, bisogna raggiungere una celebre località chiamata Al-mash´aru-l-Haraam – che si trova all’incirca a due parasanghe e mezza dalla Mecca, tra Minaa e ´Arafaat – e in essa bisogna ricordare Allah e menzionare il Suo sacro nome.
“E ricordateLo, come Egli vi ha guidato sulla retta via…”
In questa parte del versetto in esame, il nobile Verbo di Allah comanda ai pellegrini di ricordare il Signore Eccelso nella località di Al-mash´aru-l-Haraam come segno di ringraziamento per averli guidati sulla retta via, in modo adeguato a tale guida.
I mussulmani in quel giorno potevano bene apprezzare questo grande dono (l’essere guidati sulla retta via), per il fatto che essi vivevano in un’epoca assai vicina a quella nella quale gli Arabi erano sprofondati nel vizio e nel traviamento sotto ogni aspetto, e potevano chiaramente constatare come il Signore Eccelso, attraverso la sacra religione islamica, li avesse salvati dal penoso stato nel quale si trovavano prima dell’avvento del santo Profeta dell’Islam: “…nonostante, prima d’ora, foste fra gli sviati”
Abbiamo già detto che ´Arafaat è il nome di un’ampia piana desertica che si trova a quattro parasanghe dalla Mecca, nella quale i pellegrini devono rimanere nel nono giorno del sacro mese di zhu-l-hajjah, da mezzogiorno al tramonto. Quanto all’etimologia di questo nome si fanno varie ipotesi, tra cui, quella secondo la quale il nome deriverebbe dalle frasi: “´Araftu! ´Araftu!” [“´Araftu” significa “ho conosciuto”] che il santo profeta Abramo pronunciò quando l’arcangelo Gabriele (A) gli insegnò, in quel luogo, i riti dell’hajj. Non è però improbabile che vi sia anche un’altra ragione per questo nome, e cioè che quella piana, dalla quale inizia la prima fase dell’hajj, è un luogo assai adatto per acquisire la ma´rifah (la conoscenza) del Signore Altissimo. In effetti, l’attrazione spirituale di quel luogo è indescrivibile: tutti vestiti allo stesso modo, con abiti semplici, tutti ospiti dell’arido deserto, lontani dai clamori delle città e dalle attrazioni del fallace mondo materiale, sotto uno splendido cielo azzurro, in un’aria pura, limpida, libera da ogni forma di impurità materiale e spirituale. Là dove passa l’Angelo della Rivelazione, il luogo nel quale si può sentire il dolce canto dell’arcangelo Gabriele, la decisa voce del santo profeta Abramo, la nobile voce del sommo Profeta e dei mussulmani dei primordi dell’Islam. È in questa memorabile terra, che sembra una finestra aperta al mondo della spiritualità, che il credente riesce, non solo a saziarsi della conoscenza divina (´irfaan), e a entrare in armonia con il tasbih [glorificazione di Dio] generale del creato, ma, dopo una vita passata nell’oblio di se stesso, riesce a ritrovarsi, a conoscersi. Ecco forse perché questa terra viene chiamata ´Arafaat.
Quanto invece all’etimologia del nome Al-mash´aru-l-Haraam, è stato detto che quel luogo è uno dei sha´aa’ir [segni] del sacro e celeste hajj. Non bisogna però dimenticare che la parola mash´ar deriva da “shu´ur”, che significa intelletto, ragione, comprensione, e potrebbe anche assumere il significato di “luogo di comprensione”. In effetti, in quella straordinaria notte, la decima del sacro mese di zhu-l-hajjah, nella quale i pellegrini, dopo aver superato il loro periodo di formazione spirituale ad ´Arafaat, rimangono seduti sulla morbida sabbia della sacra località di Al-mash´aru-l-Haraam fino al sopraggiungere del mattino, sotto il cielo stellato, in una terra che è un piccolo esempio della riunione degli uomini nel Giorno del Giudizio, in un luogo pieno di gente devota alla ricerca di Dio, ebbene, è in una simile notte, in un simile luogo, che la mente umana, l’intelletto può spiccare il volo, e raggiungere le piú alte vette della propria perfezione. È forse questa una delle ragioni per cui questa terra viene chiamata mash´ar, che come abbiamo già detto è una parola che deriva dalla radice shu´ur, che significa intelletto (ragione, comprensione).
“Ritornate poi da dove ritornano tutti gli altri…”
Il Signore Altissimo in questo versetto nega la pretesa superiorità della tribú dei Quraysh, che si facevano chiamare Hums (che significa “saldi nella fede”), che si consideravano figli di Abramo (A), guardiani della sacra Ka´bah, e superiori a tutte le altre tribú arabe. Essi dicevano: “Noi non dobbiamo considerare il rispetto dovuto a ciò che si trova all’interno dei confini della Mecca, pari a quello dovuto a ciò che si trova fuori dei confini di questa città. Cosí facendo gli Arabi non ci rispetterebbero piú”. Fu per questo motivo che abbandonarono la permanenza rituale ad ´Arafaat, che si trova fuori dei confini della Mecca, pur sapendo che essa appartiene ai riti obbligatori dell’hajj.
Il sacro Corano in questo versetto ordina a tutti i mussulmani di effettuare la permanenza rituale ad ´Arafaat, e poi di ritornare tutt’insieme nella sacra località di Al-mash´aru-l-Haraam, e da essa a Minaa, senza fare alcuna distinzione tra questi santi luoghi.
“…e chiedete perdono ad Allah. In verità, Allah è clemente e benevolo”
Poi il sacro Corano ricorda di chiedere perdono e mettere da parte ogni pregiudizio, poiché l’hajj è lezione di parità e fratellanza.
ÝóÅöÐóÇ ÞóÖóíúÊõã ãøóäóÇÓößóßõãú ÝóÇÐúßõÑõæÇú Çááøåó ßóÐößúÑößõãú ÂÈóÇÁßõãú Ãóæú ÃóÔóÏøó ÐößúÑðÇ Ýóãöäó ÇáäøóÇÓö ãóä íóÞõæáõ ÑóÈøóäóÇ ÂÊöäóÇ Ýöí ÇáÏøõäúíóÇ æóãóÇ áóåõ Ýöí ÇáÂÎöÑóÉö ãöäú ÎóáÇóÞò ﴿200﴾ æöãöäúåõã ãøóä íóÞõæáõ ÑóÈøóäóÇ ÂÊöäóÇ Ýöí ÇáÏøõäúíóÇ ÍóÓóäóÉð æóÝöí ÇáÂÎöÑóÉö ÍóÓóäóÉð æóÞöäóÇ ÚóÐóÇÈó ÇáäøóÇÑö ﴿201﴾ ÃõæáóÜÆößó áóåõãú äóÕöíÈñ ãøöãøóÇ ßóÓóÈõæÇú æóÇááøåõ ÓóÑöíÚõ ÇáúÍöÓóÇÈö ﴿202﴾
200. E quando avrete terminato i vostri riti, ricordate Allah come ricordate i vostri padri o piú ancora. Tra la gente c’è chi dice: “O Signore nostro, donaci [ciò che desideriamo] in questo mondo”. Questi non avranno nulla di buono nell’aldilà.
201. Altri invece dicono: “O Signore nostro, donaci il bene in questo mondo e nell’aldilà, e preservaci dal castigo del fuoco [dell’Inferno]”
202. Questi si gioveranno di ciò che si sono guadagnati [con le loro buone azioni e sincere preghiere]. E Allah è ‘sari´u-l-hisaab’ [rapido al conto].
Si narra che l’imam Baqir (A) disse: “Nell’era preislamica, dopo l’esecuzione dei riti dell’hajj, i pellegrini si riunivano e si vantavano di immaginarie cose e virtú possedute dai loro padri”
Ebbene, il sacro Corano ordina ai credenti di ricordare Iddio e i Suoi doni dopo aver eseguito l’hajj, almeno con lo stesso entusiasmo con il quale ricordano le virtú dei propri padri, o, meglio ancora, con maggior entusiasmo: “E quando avrete terminato i vostri riti, ricordate Allah come ricordate i vostri padri o piú ancora”
Questo sacro versetto c’insegna inoltre che la gloria e la magnificenza si acquista attraverso il rapporto con il Signore Eccelso, non vantandosi dei propri padri.
“Tra la gente c’è chi dice…”
Dopodiché il sacro Verbo di Allah parla di due gruppi di persone, ricordando il loro livello di comprensione. Il primo gruppo pensa solo alla vita materiale di questo mondo: “O Signore nostro, donaci [ciò che desideriamo] in questo mondo”. Ma come dice il sacro versetto: “Questi non avranno nulla di buono nell’aldilà”
Il secondo gruppo del quale parla il sacro Corano sono coloro che non pensano solo alla vita materiale: «Altri invece dicono: “O Signore nostro, donaci il bene in questo mondo e nell’aldilà, e preservaci dal castigo del fuoco [dell’Inferno]”»
Com’è facile dedurre, l’Islam condanna le persone che pensano solo alla vita materiale, e allo stesso modo quelle che rifiutano totalmente la vita materiale, e curano solamente la propria sfera spirituale: questo mondo è un mezzo per raggiungere la beatitudine eterna dell’aldilà.
Il termine hasanah, da noi tradotto con “bene”, ha un ampio significato, e comprende ogni bene materiale e spirituale. In una tradizione islamica del sommo Profeta leggiamo: “Allah ha donato il bene (hasanah) di questo mondo e dell’aldilà a chi ha dato un cuore grato, una lingua che Lo menziona sempre, e una moglie credente che lo aiuta nelle faccende di questo mondo e dell’aldilà”[279]
“Questi si gioveranno di ciò che si sono guadagnati [con le loro buone azioni e sincere preghiere]. E Allah è ‘sari´u-l-hisaab’ [rapido al conto]”
In una tradizione del Principe dei Credenti (A) leggiamo: “Nello stesso modo in cui Allah sostenta contemporaneamente tutti gli uomini, [il Giorno del Giudizio] valuterà e giudicherà contemporaneamente il loro operato”[280]
È per questo che il versetto afferma: “E Allah è ‘sari´u-l-hisaab’ [rapido al conto]”
æóÇÐúßõÑõæÇú Çááøåó Ýöí ÃóíøóÇãò ãøóÚúÏõæÏóÇÊò Ýóãóä ÊóÚóÌøóáó Ýöí íóæúãóíúäö ÝóáÇó ÅöËúãó Úóáóíúåö æóãóä ÊóÃóÎøóÑó ÝóáÇ ÅöËúãó Úóáóíúåö áöãóäö ÇÊøóÞóì æóÇÊøóÞõæÇú Çááøåó æóÇÚúáóãõæÇ Ãóäøóßõãú Åöáóíúåö ÊõÍúÔóÑõæäó ﴿203﴾
203. E ricordatevi di Allah nei giorni contati [i tre giorni del tashríq]. Ma non ci sarà peccato per chi si sbriga [a compiere i riti] in due giorni [e lascia Minà prima del terzo giorno], e neppure per chi si attarda; [ciò vale solo] per chi teme Allah [e si astiene dagli atti proibiti in stato di ihràm]. Temete Allah e sappiate che sarete adunati [dinanzi] a Lui.
Questo versetto ordina di ricordare, dopo aver portato a termine i riti dell’hajj, il nome del Signore Eccelso, per un limitato numero di giorni, che varia dai due ai tre giorni. Il versetto precedente ci suggerisce che questi giorni vengono subito dopo la festa del sacrificio, ´idu-l-qurbaan, cadono tra l’undicesimo e il tredicesimo giorno del sacro mese di zhu-l-hajjah. Le tradizioni chiamano questi giorni Ayyamu-t-tashriq, che significa “giorni dell’illuminazione”, e non può essere che cosí, poiché l’anima dei pellegrini è stata illuminata dai sacri e salvanti riti dell’hajj.
In questi giorni ci sono particolari formule religiose da pronunciare dopo le preghiere quotidiane, a partire dalla preghiera del mezzogiorno del giorno della festa del sacrificio fino alla preghiera del mattino del tredicesimo giorno del sacro mese di zhu-l-hajjah (in tutto quindici preghiere). Le formule sono queste:
Allahu akbar!
Allahu akbar!
Laa ilaaha illa-l-Lah wa-l-Lahu akbar!
Allahu akbar wa lil-l-lahi-l-hamd!
Allahu akbar ´ala maa hadaanaa, wa lahu-sh-shukru ´ala maa awlaanaa!
Allahu akbar ´ala maa razaqanaa min bahimati-l’an´aam!
La frase “Ma non ci sarà peccato per chi si sbriga [a compiere i riti] in due giorni [e lascia Minà prima del terzo giorno], e neppure per chi si attarda” potrebbe significare che i pellegrini non hanno alcun obbligo di pronunciare le suddette formule per tre interi giorni, ma possono anche limitarsi a pronunciarle per due giorni.
È anche possibile che il versetto voglia dire che dopo l’esecuzione dei riti dell’hajj, che si concludono con le sopraccitate formule, i pellegrini vengono perdonati da Dio e da Lui liberati dei propri peccati, e la frase “…[ciò vale solo] per chi teme Allah [e si astiene dagli atti proibiti in stato di ihràm]” conferma questa tesi.
Il versetto si conclude affermando: “Temete Allah e sappiate che sarete adunati [dinanzi] a Lui”
æóãöäó ÇáäøóÇÓö ãóä íõÚúÌöÈõßó Þóæúáõåõ Ýöí ÇáúÍóíóÇÉö ÇáÏøõäúíóÇ æóíõÔúåöÏõ Çááøåó Úóáóì ãóÇ Ýöí ÞóáúÈöåö æóåõæó ÃóáóÏøõ ÇáúÎöÕóÇãö ﴿204﴾ æóÅöÐóÇ Êóæóáøóì ÓóÚóì Ýöí ÇáÃóÑúÖö áöíõÝúÓöÏó ÝöíöåóÇ æóíõåúáößó ÇáúÍóÑúËó æóÇáäøóÓúáó æóÇááøåõ áÇó íõÍöÈøõ ÇáÝóÓóÇÏó ﴿205﴾ æóÅöÐóÇ Þöíáó áóåõ ÇÊøóÞö Çááøåó ÃóÎóÐóÊúåõ ÇáúÚöÒøóÉõ ÈöÇáÅöËúãö ÝóÍóÓúÈõåõ Ìóåóäøóãõ æóáóÈöÆúÓó ÇáúãöåóÇÏõ ﴿206﴾
204. E tra gli uomini c’è qualcuno che ti stupirà con le sue parole nella vita terrena; chiama Allah a testimone di quello che ha nel cuore, quando invece egli è il piú duro dei nemici.
205. [Lo dimostra il fatto che] quando ti volge le spalle, corre per la terra a portarvi la corruzione e a distruggere le colture e il bestiame. E Allah non ama la corruzione.
206. E quando gli si dice: “Temi Allah!”, viene preso dalla superbia [e ciò lo spinge] a peccare [di piú]. L’Inferno gli basterà! Che brutto giaciglio [avrà]!
Questi versetti riguardano Akhnas Bin Shuraiq, che era un uomo bello ed eloquente. Si fingeva amico del sommo Profeta e credente. Ogni volta che veniva dal nobile Profeta e si sedeva accanto a lui, si faceva credere fedele, mentre non era altro che un ipocrita miscredente. Giurava di amare il Profeta e di credere in Dio, e il Profeta lo trattava cordialmente, e si dimostrava gentile ed affettuoso con lui.
Quando Akhnas entrò in contrasto con la tribú dei Thaqif, li attaccò di notte, uccidendo il loro bestiame, e bruciando le loro piantagioni.
Alcuni esegeti del sacro Corano affermano che egli passò dinanzi a una piantagione dei mussulmani, e la bruciò, uccidendo il loro bestiame, rivelando in tal modo la sua vera identità di miscredente. I versetti in esame furono rivelati in questa occasione.
Come abbiamo detto ora, il versetto parla dell’ipocrisia di alcune persone, mettendo in guardia il Profeta da esse: “E tra gli uomini c’è qualcuno che ti stupirà con le sue parole nella vita terrena; chiama Allah a testimone di quello che ha nel cuore, quando invece egli è il piú duro dei nemici”. Sono queste persone che quando s’allontanano dal sommo Profeta cercano di distruggere la religione divina, di seminare la corruzione sulla terra, di sterminare le genti, e di distruggere le loro piantagioni e i loro allevamenti.
Allah rivela la vera natura di queste persone, e manifesta al Suo Messaggero la loro empia anima, informandolo delle loro attività miranti a seminare il male e la corruzione sulla terra, ricordandogli che se questi loschi individui fossero stati sinceri non avrebbero certo seminato la corruzione, e tutti sanno che: “E Allah non ama la corruzione”
Ma perché allora il nobile Messaggero di Allah si comportava gentilmente con queste persone? Perché egli aveva l’ordine di accettare le manifestazioni di fede della gente, finché non si dimostravano contrarie alla realtà?
Alcuni hanno preso in considerazione la possibilità che l’espressione “quando ti volge le spalle” significhi “quando i munaafiqun [gli ipocriti], raggiungono il potere” In tal modo, è possibile interpretare il versetto nel seguente modo: “Quando i munaafiqun [gli ipocriti], raggiungono il potere, seminano il male, la corruzione e la distruzione sulla terra, e diffondono l’iniquità tra la gente, e per effetto dell’espansione dell’ingiustizia, la vita e i beni della gente cadono in serio pericolo, e la società va verso la distruzione totale. Quando poi si vieta loro di comportarsi da empi, s’indispettiscono, s’insuperbiscono, e finiscono per peccare di piú, e diventare ancora piú empi. Solo il fuoco dell’Inferno può allora domarli: “L’Inferno gli basterà!”
In realtà, questo versetto parla di uno degli attributi dei munaafiqun, che è la superbia, l’alterigia, che li porta a peccati sempre piú grandi e gravi: «E quando gli si dice: “Temi Allah!”, viene preso dalla superbia [e ciò lo spinge] a peccare [di piú]», mentre i credenti non possiedono questo vizio, e si sottomettono a un governo divino, senza ribellarsi alla verità.
æóãöäó ÇáäøóÇÓö ãóä íóÔúÑöí äóÝúÓóåõ ÇÈúÊöÛóÇÁ ãóÑúÖóÇÊö Çááøåö æóÇááøåõ ÑóÄõæÝñ ÈöÇáúÚöÈóÇÏö ﴿207﴾
207. Ma fra gli uomini c’è anche chi si sacrifica alla ricerca del compiacimento di Allah. E Allah è gentile con i [Suoi] servi.
Bin Abi-l-hadid, sapiente sunnita del settimo secolo dell’Egira, nella sua opera “Esegesi del Nahju-l-balaaghah” scrive: “Tutti gli esegeti del sacro Corano affermano che questo versetto è stato rivelato a proposito di Alí Bin Abitaalib (A), che nella Laylatu-l-mabit dormí nel letto del sommo Profeta mentre egli era in fuga dalla Mecca. Questo fatto è stato narrato da cosí tante vie di trasmissione che non si può dubitare della sua verità, e solo un miscredente o un insano di mente può negarlo”[281]
In breve, i politeisti della Mecca si misero d’accordo affinché un gruppo di persone, una per ogni tribú, compresa la tribú dei Banu Haashim, andasse nottetempo a uccidere il santo Profeta; in tal modo si sarebbero liberati del Profeta e avrebbero impedito alla tribú dei Banu Haashim di vendicarlo. Il sommo Profeta venne a conoscenza delle loro trame, e fuggí nottetempo dalla Mecca; il santo Alí (A), per permettere al nobile Messaggero di Allah, di lasciare sano e salvo la città, accettò di dormire nel suo letto.
Quella stessa sera, il Signore Eccelso disse ai Suoi due amati angeli Gabriele e Michele: “Chi di voi due è pronto a sacrificarsi per l’altro?”. Nessuno di quei due santi angeli accettò di sacrificarsi per l’altro. Allah disse allora: “Guardate come Alí Bin Abitaalib (A) ha accettato di sacrificare la propria vita per il Messaggero di Allah”
Un gran numero di sapienti sunniti hanno ammesso questo fatto. Il grande allaamah Aminí (R), nel secondo volume della sua opera Al-ghadir, a pagina 48, riporta i nomi di tutti questi sapienti sunniti, tra cui l’imam Ahmad Bin Hanbal, che riporta questa verità nel suo Musnad (vol. I, pag. 348). Nel tafsir Atiyabu-l-bayaan scrive che nell’opera Ghaayatu-l-maraam ci sono ben venti tradizioni riguardanti i sacrifici fatti dall’imam Alí (A), di cui nove sono state narrate da sapienti sunniti, e undici da sapienti sciiti. Essi dicono che questo versetto riguarda il [suddetto] sacrificio dell’imam Alí (A)[282]. Anche il taarikhu-t-Tabariyy e il taarikhu-l-Ya´qubiyy (che sono fondamentali opere storiografiche stese rispettivamente dal celebre sapiente sunnita Tabariyy e dal Ya´qubiyy) narrano la vicenda della Laylatu-l-mabit (vol. II, pag. 373 – vol. II, pag. 39). Nel quarto volume dell’Esegesi del Nahju-l-balaaghah di Bin Abi-l-hadid (pag. 73), leggiamo: “Mu´aawiah spese quattromila dracme affinché si dicesse che questo versetto è stato rivelato a proposito di Bin Muljam”
Ghazzali, nell’opera Ihyaa’u-l´ulum (vol. III, pag. 238), Sibt Bin Al-jawziyy Al-hanafiyy, nell’opera Tazhkiratu-l-khawaass, Bin Hishaam nella sua As-sirah (vol. II, pag. 291), Halabiyy, nell’As-siratu-l-Halabiyyah (vol. II, pag. 29), Bin Sabbaagh Al-maalikiyy, nella sua opera Al-fudhulu-l-Muhimmah, e altre opere sunnite e sciite, confermano che questo versetto è stato rivelato a proposito di Alí Bin Abitaalib (A).
íóÇ ÃóíøõåóÇ ÇáøóÐöíäó ÂãóäõæÇú ÇÏúÎõáõæÇú Ýöí ÇáÓøöáúãö ßóÂÝøóÉð æóáÇó ÊóÊøóÈöÚõæÇú ÎõØõæóÇÊö ÇáÔøóíúØóÇäö Åöäøóåõ áóßõãú ÚóÏõæøñ ãøõÈöíäñ ﴿208﴾ ÝóÅöä ÒóáóáúÊõãú ãøöä ÈóÚúÏö ãóÇ ÌóÇÁÊúßõãõ ÇáúÈóíøöäóÇÊõ ÝóÇÚúáóãõæÇú Ãóäøó Çááøåó ÚóÒöíÒñ Íóßöíãñ ﴿209﴾
208. O voi che avete prestato fede, sottomettetevi tutti ad Allah e non seguite le orme di Satana, ché, in verità, egli è vostro evidente nemico.
209. Ebbene, se, dopo le chiare prove che vi sono giunte, cadrete in errore, sappiate allora che, in verità, Allah è invincibile, saggio.
I termini “silm” e “salaam” assumono ambedue il significato di “pace”. Questo versetto invita i credenti alla pace, e dal momento che si rivolge alla gente dotata di fede, possiamo concludere che la pace è possibile solo dove esiste la fede, e senza di essa, ovvero appoggiandosi solo alle leggi umane, il mondo non potrà mai liberarsi dalle guerre.
È ovvio che fattori quali idioma, razza, ricchezze, confini, e fascia sociale non possono in nessun modo unire gli esseri umani come è in grado di fare la religione, la fede e la spiritualità. Ciò vale inoltre anche per il singolo individuo. Senza fede non è inoltre possibile avere pace interiore: l’anima dell’uomo senza fede è come una nave in preda alle onde di un mare tempestoso.
“…e non seguite le orme di Satana”
Come abbiamo già detto in precedenza, le tentazioni di Satana si realizzano gradualmente. Il sacro Corano considera ogni fase di questo graduale processo come un’orma di Satana, e ci ordina di non seguire le orme di questo immondo essere. Qui è stata altresí ripetuta questa verità: la deviazione dal vero, e la guerra, iniziano da piccole cose, e, gradualmente, degenerano in grandi conflitti, e terribili spargimenti di sangue. I credenti devono stare all’erta, e non permettere che da piccoli screzi nascano enormi e tragici conflitti. Tra gli Arabi esiste un noto proverbio che dice: “Inna badwa-l-qitaal al-lataam”, che significa: la guerra inizia con uno schiaffo.
“…ché, in verità, egli è vostro evidente nemico”
L’ostilità di Satana nei confronti degli uomini non è cosa nascosta e difficile da notare, ma assai evidente e palese, e risale ai tempi del santo Adamo (A), all’inizio della creazione dell’uomo. Satana è un nemico giurato dell’essere umano, e cerca con tutte le sue forze di deviarlo dal retto cammino. Tuttavia questa inimicizia non è a svantaggio dei credenti, ma, al contrario, può essere considerato come un mezzo che permettere loro di perfezionarsi.
“Ebbene, se, dopo le chiare prove che vi sono giunte, cadrete in errore, sappiate allora che, in verità, Allah è invincibile, saggio”
Il programma, la strada da seguire, la meta sono chiare ed evidenti, non si può sbagliare, e se, nonostante ciò, qualcuno dovesse cadere in errore, traviarsi, ebbene, Dio è invincibile, nessuno può sfuggire alla Sua giustizia, ed è pure saggio, giudica sempre con equità, e non fa torto a nessuno.
åóáú íóäÙõÑõæäó ÅöáÇøó Ãóä íóÃúÊöíóåõãõ Çááøåõ Ýöí Ùõáóáò ãøöäó ÇáúÛóãóÇãö æóÇáúãóáÂÆößóÉõ æóÞõÖöíó ÇáÃóãúÑõ æóÅöáóì Çááøåö ÊõÑúÌóÚõ ÇáÃãõæÑõ ﴿210﴾
210. Essi aspettano soltanto che venga a loro Allah, in ombre di nuvole, e gli angeli, e che tutto venga deciso [riguardo a loro]? È ad Allah che ritorna ogni cosa!