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In tutte le società accade che, a causa di disgrazie e incidenti, alcuni padri perdano la vita e lascino degli orfani. Questo versetto espone tre importanti precetti a proposito degli orfani.
1. Come prima cosa ordina: “E date agli orfani di padre i loro beni”. Voi non siete i proprietari di questi beni, non avete il diritto di appropriarvene, dovete solo gestirli e, quando gli orfani raggiungono la maggiore età, restituirli loro fino all’ultimo centesimo!
2. Il secondo precetto esposto nel versetto, mira a impedire ai tutori di profittare illecitamente dei beni degli orfani, sostituendoli con beni di minore valore: “…e non sostituite il buono con il cattivo…”
3. “…né incamerate i loro beni [spendendoli illecitamente insieme] ai vostri…”, ossia, non mescolati ai vostri beni, per appropriarvene, oppure, non mescolate i vostri beni scadenti con i loro beni di valore, calpestando in tal modo i loro diritti!
Alla fine del versetto, per sottolineare l’importanza dell’argomento trattato, ricorda che: “In verità, questo è un peccato grande”
æóÅöäú ÎöÝúÊõãú ÃóáÇøó ÊõÞúÓöØõæÇú Ýöí ÇáúíóÊóÇãóì ÝóÇäßöÍõæÇú ãóÇ ØóÇÈó áóßõã ãøöäó ÇáäøöÓóÇÁ ãóËúäóì æóËõáÇóËó æóÑõÈóÇÚó ÝóÅöäú ÎöÝúÊõãú ÃóáÇøó ÊóÚúÏöáõæÇú ÝóæóÇÍöÏóÉð Ãóæú ãóÇ ãóáóßóÊú ÃóíúãóÇäõßõãú Ðóáößó ÃóÏúäóì ÃóáÇøó ÊóÚõæáõæÇú ﴿3﴾
3. E se temete di non essere giusti nei confronti degli orfani di padre, prendete allora, fra le [altre] donne che vi piacciono, due o tre o quattro mogli, e se temete di non essere equi [con loro], allora [limitatevi a] una sola o [a] ciò che le vostre destre possiedono [le vostre ancelle]. Ciò è più atto a evitarvi di essere ingiusti.
Prima dell’avvento dell’Islam, nello Hijâz, molti usavano portare le bambine orfane in case, incaricandosi di crescerle e mantenerle, e poi se le sposavano, appropriandosi dei loro beni, e siccome tutto era nelle loro mani e decidevano tutto loro, stabilivano loro un dono nuziale inferiore a quello che si usava dare di solito alle altre donne, e non appena esse creavano loro qualche problema, le abbandonavano. Questo versetto fu rivelato per mettere fine a queste ingiustizie, e tutelare i diritti delle orfane.
In questo versetto, il sacro Corano ricorda un altro dei diritti degli orfani, dicendo: “E se temete di non essere giusti nei confronti degli orfani di padre, prendete allora, fra le [altre] donne che vi piacciono…”
Poi aggiunge: “…due o tre o quattro mogli…”, e immediatamente ricorda che questo è permesso a condizione che vengano trattate tutte alla pari, con giustizia: “…e se temete di non essere equi [con loro], allora [limitatevi a] una sola”, in questo modo eviterete di fare ingiustizia agli altri, “…o [a] ciò che le vostre destre possiedono [le vostre ancelle]…”, poiché esse hanno meno diritti delle donne libere.
Il versetto si conclude dunque dicendo: “Ciò [limitarsi a una sola o scegliere in alternativa le ancelle] è più atto a evitarvi di essere ingiusti”
L’uomo che possiede più di una moglie è tenuto a essere equo con le sue mogli, a trattarle tutte alla pari, negli aspetti pratici ed esteriori della vita. Quanto invece alla sfera interiore, non si può pretendere da un uomo di essere perfettamente equo anche nel cuore e negli affetti, perché ciò è fuori dalle sue capacità.
Alcune delle ragioni che sostengono questo precetto islamico, sono le seguenti.
1. La morte degli uomini nelle guerre e negli incidenti sul lavoro creano un gran numero di vedove nella società, molte delle quali sentono la necessità di sposarsi. In altre parole, il numero dei morti fra gli uomini è sempre maggiore del numero dei morti fra le donne, quindi, senza poliginia, molte donne rimangono senza marito, e ciò provoca corruzione nella società.
2. Le donne ogni mese hanno le mestruazioni, che impediscono all’uomo di avere rapporti sessuali (alcuni uomini non sono in grado di controllarsi, o è difficile per loro astenersi dall’avere rapporti, anche se questa astinenza è di pochi giorni).
3. Gli uomini giovani, soprattutto quelli che non hanno mai avuto esperienze coniugali, di solito non gradiscono sposarsi con le vedove.
1. L’Islam difende sempre i diritti delle classi deboli, in particolare degli orfani, e in particolare delle orfane.
2. Non c’è bisogno di avere la certezza di non potere trattare le orfane con giustizia per astenersi dal sposarle, è bensì sufficiente anche temere di non riuscire a trattarle equamente.
3. È fondamentale amare la donna che s’intende sposare.
4. L’Islam permette la poliginia, a patto però che l’uomo tratti equamente le sue mogli.
æóÂÊõæÇú ÇáäøóÓóÇÁ ÕóÏõÞóÇÊöåöäøó äöÍúáóÉð ÝóÅöä ØöÈúäó áóßõãú Úóä ÔóíúÁò ãøöäúåõ äóÝúÓðÇ Ýóßõáõæåõ åóäöíÆðÇ ãøóÑöíÆðÇ ﴿4﴾
4. E date alle [vostre] donne la loro dote nuziale, come sincero dono; e se esse, di propria spontanea volontà, ve ne donano una parte, godetevela pure, [e che vi sia cosa] sana e dolce.
Il termine “nihlaħ” (da noi tradotto con l’espressione “sincero dono”) deriva, in base a quanto afferma Râġib, da “nahl”, che significa “ape”. In effetti, l’ape dona generosamente alla gente il miele che produce, senza chiedere nulla in cambio.
In una tradizione islamica leggiamo: “Usate i vostri migliori beni per tre cose: il dono nuziale, lo hajj, e il lenzuolo funebre. Spendete i vostri migliori beni per il dono nuziale, in questo modo i vostri figli diverranno probi”[347]
1. L’uomo è tenuto a dare il dono nuziale della donna.
2. Il dono nuziale non è il prezzo della donna, ma è un segno d’amore, un sincero dono.
3. Il dono nuziale appartiene alla donna, perciò né il padre né gli altri parenti della donna hanno il diritto di appropriarsene.
4. Un dono è puro e fausto quando viene donato con pieno consenso, che non deve essere solo esteriore, ma deve provenire dal profondo del cuore.
æóáÇó ÊõÄúÊõæÇú ÇáÓøõÝóåóÇÁ ÃóãúæóÇáóßõãõ ÇáøóÊöí ÌóÚóáó Çááøåõ áóßõãú ÞöíóÇãÇð æóÇÑúÒõÞõæåõãú ÝöíåóÇ æóÇßúÓõæåõãú æóÞõæáõæÇú áóåõãú ÞóæúáÇð ãøóÚúÑõæÝðÇ ﴿5﴾
5. Non date in mano agli stolti i vostri beni, che Allah vi ha concesso come [mezzo di] sussistenza; [piuttosto] nutriteli di essi, vestiteli, e rivolgete loro parole gentili.
Nelle tradizioni, la parola “safîh”, il cui plurale, sufahã’, è stato da noi tradotto con “stolti”, viene usata per indicare la persona vinolenta e inaffidabile. Non bisogna perciò affidare i beni privati e pubblici alle persone inaffidabili.
Nelle tradizioni, il termine “safîh” viene anche usato per indicare gli individui perversi, e la ragione per la quale non bisogna lasciare i beni nelle mani di queste persone, è che essi sono il sostegno della società. È infatti sbagliato affidare qualsiasi cosa che sostiene la società agli individui corrotti e perversi
1. Agli sciocchi, alle persone vinolente, e ai perversi, non bisogna affidare beni pubblici.
2. Non bisogna affidare ad essi nemmeno i loro beni, poiché anche questo costituisce un danno per l’economia pubblica.
3. Nei rapporti sociali, bisogna considerare gli interessi economici della società, non i sentimenti.
4. Bisogna affidare l’economia della società a persone affidabili, responsabili ed esperte.
5. I peccatori e i perversi non hanno il diritto di firmare gli accordi economici.
6. I beni e gli averi sono un sostegno per la società.
7. Nella società, gli averi non devono rimanere inutilizzati; bisogna investire i beni degli orfani e della gente inaffidabile, per farli fruttare, e spendere per essi il ricavato degli investimenti, non i beni stessi.
8. Bisogna rispettare la personalità di coloro che abbisognano d’aiuto.
æóÇÈúÊóáõæÇú ÇáúíóÊóÇãóì ÍóÊøóìó ÅöÐóÇ ÈóáóÛõæÇú ÇáäøößóÇÍó ÝóÅöäú ÂäóÓúÊõã ãøöäúåõãú ÑõÔúÏðÇ ÝóÇÏúÝóÚõæÇú Åöáóíúåöãú ÃóãúæóÇáóåõãú æóáÇó ÊóÃúßõáõæåóÇ ÅöÓúÑóÇÝðÇ æóÈöÏóÇÑðÇ Ãóä íóßúÈóÑõæÇú æóãóä ßóÇäó ÛóäöíøðÇ ÝóáúíóÓúÊóÚúÝöÝú æóãóä ßóÇäó ÝóÞöíÑðÇ ÝóáúíóÃúßõáú ÈöÇáúãóÚúÑõæÝö ÝóÅöÐóÇ ÏóÝóÚúÊõãú Åöáóíúåöãú ÃóãúæóÇáóåõãú ÝóÃóÔúåöÏõæÇú Úóáóíúåöãú æóßóÝóì ÈöÇááøåö ÍóÓöíÈðÇ ﴿6﴾
6. Mettete alla prova gli orfani di padre finché giungano al [l’età del] matrimonio; ebbene, se vedete in loro [i segni della] maturità, restituite a essi i loro beni, e non consumateli scialacquando, in fretta, [per paura] che diventino grandi [e li pretendano]: chi è ricco se ne astenga e chi è povero ne usi con discrezione. E quando restituite i loro beni, prendete dei testimoni su di loro. Allah è sufficiente a tenere il conto [di ogni cosa].
In questo versetto troviamo un altro precetto a proposito degli orfani e dei loro beni: “Mettete alla prova gli orfani di padre finché giungano al [l’età del] matrimonio; ebbene, se vedete in loro [i segni della] maturità, restituite a essi i loro beni”
Poi ricorda un’altra volta ai tutori il rispetto dei beni degli orfani: “…e non consumateli scialacquando, in fretta, [per paura] che diventino grandi [e li pretendano]…”, aggiungendo inoltre che chi è ricco e benestante non deve spendere nulla dei beni dell’orfano per se stesso, e chi è povero e bisognoso, deve limitarsi a prendere di essi ciò che si è guadagnato conservandoli e gestendoli per l’orfano.
Poi il sacro Corano fa un’ultima prescrizione al tutore: “E quando restituite i loro beni, prendete dei testimoni su di loro”, per rimanere al sicuro dalle accuse e dalle calunnie della gente.
Il versetto si conclude dicendo: «Sappiate che è Allah a tenere il conto di ogni cosa, e ciò che conta è che Egli sa perfettamente ciò che voi fate, nulla Gli sfugge! Egli vede e sa tutto, e ciò che potrebbe sfuggire ai testimoni, non sfugge di certo a Lui. Se tradirete, se usurperete i beni dell’orfano, ebbene, Egli lo saprà, e vi punirà, e… “Allah è sufficiente a tenere il conto [di ogni cosa]”»
áøöáÑøöÌóÇáö äóÕíöÈñ ãøöãøóÇ ÊóÑóßó ÇáúæóÇáöÏóÇäö æóÇáÃóÞúÑóÈõæäó æóáöáäøöÓóÇÁ äóÕöíÈñ ãøöãøóÇ ÊóÑóßó ÇáúæóÇáöÏóÇäö æóÇáÃóÞúÑóÈõæäó ãöãøóÇ Þóáøó ãöäúåõ Ãóæú ßóËõÑó äóÕöíÈðÇ ãøóÝúÑõæÖðÇ ﴿7﴾
7. Agli uomini spetta una parte di quello che hanno lasciato i genitori e i parenti stretti, e [anche] alle donne spetta una parte di quello che hanno lasciato i genitori e i parenti stretti, piccola o grande che sia, una parte stabilita.
Uno dei compagni del sommo Profeta morì, e, nonostante avesse moglie e figli minori, i suoi cugini si spartirono fra di loro l’eredità, senza lasciare nulla alla sua famiglia, agendo in base alle leggi dell’era preislamica, secondo le quali, erano eredi coloro che avevano il potere di combattere. La moglie del defunto denunciò allora il fatto al santo Messaggero di Allah, e fu così rivelato il versetto in esame. Il sommo Profeta convocò dunque i cugini del defunto e ordinò loro di restituire l’eredità agli eredi legittimi.
1. Nell’Islam anche le donne hanno diritto all’eredità, e questa sacra religione difende i legittimi diritti delle donne.
2. Nell’Islam la spartizione dell’eredità è regolata da precise norme (che saranno esposte più avanti). Erede è colui che Allah ha costituito erede, non chi è più forte, o è in grado di combattere.
3. Ciò che conta è l’equa spartizione dell’eredità, non la quantità di beni che si eredita.
4. La parte di eredità che spetta ad ognuno degli eredi è invariabile.
æóÅöÐóÇ ÍóÖóÑó ÇáúÞöÓúãóÉó ÃõæúáõæÇú ÇáúÞõÑúÈóì æóÇáúíóÊóÇãóì æóÇáúãóÓóÇßöíäõ ÝóÇÑúÒõÞõæåõã ãøöäúåõ æóÞõæáõæÇú áóåõãú ÞóæúáÇð ãøóÚúÑõæÝðÇ ﴿8﴾
8. Se i parenti [quelli poveri e non eredi], gli orfani di padre e gli indigenti assistono alla divisione [dell’eredità], nutriteli di essa e dite loro buone parole.
Questo versetto è stato sicuramente rivelato dopo la rivelazione della legge che regola la spartizione dell’eredità, poiché dice: “Se i parenti [quelli poveri e non eredi], gli orfani di padre e gli indigenti assistono alla divisione [dell’eredità], nutriteli di essa”
È possibile che il versetto chieda agli eredi di dare parte della loro eredità.
Con l’espressione “orfani di padre e indigenti”, il sacro Corano intende i parenti orfani di padre e quelli indigenti.
Il versetto si conclude ordinando: “…e dite loro buone parole”
æóáúíóÎúÔó ÇáøóÐöíäó áóæú ÊóÑóßõæÇú ãöäú ÎóáúÝöåöãú ÐõÑøöíøóÉð ÖöÚóÇÝðÇ ÎóÇÝõæÇú Úóáóíúåöãú ÝóáúíóÊøóÞõæÇ Çááøåó æóáúíóÞõæáõæÇú ÞóæúáÇð ÓóÏöíÏðÇ ﴿9﴾
9. Se quelli che lasciano dopo di loro dei figli deboli hanno timore per [il] loro [futuro], devono allora temere [le infauste conseguenze del fare ingiustizia agli orfani di padre]. Temano dunque Allah e parlino rettamente.
In base a quanto affermano le tradizioni islamiche, usurpare i beni degli orfani, ha nefaste conseguenze in questo mondo e nell’aldilà: in questo mondo vengono danneggiati i figli, e nell’aldilà il fuoco dell’Inferno![348]
È possibile che il versetto intenda vietare di fare elemosina o testamento in modo irragionevole, per evitare che qualcuno, pur avendo figli minori e deboli, doni tutti i suoi beni agli altri, non lasciando così nulla alla propria famiglia dopo la sua morte, e abbandonandola così nella povertà e nell’indigenza.[349]
È pure possibile che il versetto consigli a coloro che hanno figli disabili, di assicurare loro un futuro sicuro e tranquillo.[350]
1. Bisogna mettersi al posto degli altri, per comprendere meglio i problemi e le difficoltà altrui. Dobbiamo trattare gli orfani degli altri come amiamo che gli altri trattino i nostri.
2. Quel ch’è fatto è reso! Se oggi noi faremo ingiustizia agli orfani degli altri, domani gli altri faranno ingiustizia ai nostri.
3. Nel diffondere la verità, bisogna anche servirsi dei sentimenti e della coscienza della gente.
4. Gli orfani, oltre ad avere bisogno di mezzi di sussistenza materiali, hanno bisogno di amore, gentilezza, e educazione.
Åöäøó ÇáøóÐöíäó íóÃúßõáõæäó ÃóãúæóÇáó ÇáúíóÊóÇãóì ÙõáúãðÇ ÅöäøóãóÇ íóÃúßõáõæäó Ýöí ÈõØõæäöåöãú äóÇÑðÇ æóÓóíóÕúáóæúäó ÓóÚöíÑðÇ ﴿10﴾
10. In verità, coloro che consumano ingiustamente i beni degli orfani di padre, non fanno che introdurre fuoco nel proprio ventre; presto entreranno in una [terribile] vampa [quella dell’Inferno] e [in essa] bruceranno.
Il tafsîr Al-mîzân considera questo versetto una prova del materializzarsi delle azioni umane nell’aldilà: “In verità, coloro che consumano ingiustamente i beni degli orfani di padre, non fanno che introdurre fuoco nel proprio ventre”
Ciò che è proibito, ciò che è ingiustizia, è appropriarsi dei beni degli orfani, danneggiarli; è invece permesso frequentarli e fare loro visita senza arrecare loro danno.
íõæÕöíßõãõ Çááøåõ Ýöí ÃóæúáÇóÏößõãú áöáÐøóßóÑö ãöËúáõ ÍóÙøö ÇáÃõäËóíóíúäö ÝóÅöä ßõäøó äöÓóÇÁ ÝóæúÞó ÇËúäóÊóíúäö Ýóáóåõäøó ËõáõËóÇ ãóÇ ÊóÑóßó æóÅöä ßóÇäóÊú æóÇÍöÏóÉð ÝóáóåóÇ ÇáäøöÕúÝõ æóáÃóÈóæóíúåö áößõáøö æóÇÍöÏò ãøöäúåõãóÇ ÇáÓøõÏõÓõ ãöãøóÇ ÊóÑóßó Åöä ßóÇäó áóåõ æóáóÏñ ÝóÅöä áøóãú íóßõä áøóåõ æóáóÏñ æóæóÑöËóåõ ÃóÈóæóÇåõ ÝóáÃõãøöåö ÇáËøõáõËõ ÝóÅöä ßóÇäó áóåõ ÅöÎúæóÉñ ÝóáÃõãøöåö ÇáÓøõÏõÓõ ãöä ÈóÚúÏö æóÕöíøóÉò íõæÕöí ÈöåóÇ Ãóæú Ïóíúäò ÂÈóÂÄõßõãú æóÃóÈäÇÄõßõãú áÇó ÊóÏúÑõæäó Ãóíøõåõãú ÃóÞúÑóÈõ áóßõãú äóÝúÚÇð ÝóÑöíÖóÉð ãøöäó Çááøåö Åöäøó Çááøåó ßóÇäó ÚóáöíãÇ ÍóßöíãðÇ ﴿11﴾
11. [Ecco ciò che] Allah vi ordina a proposito dei vostri figli: al maschio spetta la parte di due femmine, e se [ci] sono [solo] femmine, [e sono] più di due, a loro [spettano] i due terzi di ciò che ha lasciato [il defunto], mentre se ce n’è una sola, [le spetta] la metà; ai genitori [del defunto], a ciascuno di essi, tocca [invece] un sesto di ciò che egli ha lasciato, se ha un figlio, ma se non ha figli e i [soli] suoi eredi sono i suoi genitori, allora alla madre tocca un terzo, e nel caso che egli abbia dei fratelli, la madre avrà un sesto. [Tutto ciò] dopo [l’esecuzione de] il testamento che egli ha fatto e [il pagamento de] i debiti [che ha lasciato]. Voi non sapete quali dei vostri padri e dei vostri figli vi sono più utili. [Questo è] un precetto [imposto] da Allah! In verità, Allah è sapiente e saggio.
Anche le altre religioni hanno avuto delle leggi per l’eredità. Ad esempio, la Torà parla di questo argomento nel libro dei Numeri (27:8-11).
Gli Arabi dell’era preislamica privavano le donne e i bambini della loro parte di eredità, iniquità che fu combattuta e distrutta dall’Islam.
In questo versetto, il sacro Corano espone le norme inerenti alla spartizione dell’eredità fra gli eredi del primo livello (i figli e i genitori del defunto)
Il versetto si apre dicendo: “[Ecco ciò che] Allah vi ordina a proposito dei vostri figli: al maschio spetta la parte di due femmine”. Qui il sacro Corano ribadisce che anche le donne hanno diritto all’eredità, condannando, in pratica, le inique tradizioni degli Arabi dell’era preislamica, che privavano le donne di questo loro sacrosanto diritto.
Poi aggiunge: “…e se [ci] sono [solo] femmine, [e sono] più di due, a loro [spettano] i due terzi di ciò che ha lasciato [il defunto], mentre se ce n’è una sola, [le spetta] la metà”
Per quanto riguarda invece l’eredità dei genitori, che appartengono anch’essi al primo livello, esistono tre diversi casi.
1. Il defunto ha dei figli. In questo caso, a ciascuno dei genitori spetta un sesto dell’intera eredità.
2. Il defunto non ha figli. In questo caso l’intera eredità va ai genitori: un terzo alla madre e il resto al padre.
3. Il defunto non ha figli, e ha dei fratelli, da parte di tutti e due i genitori, o solo da parte del padre. Anche in questo caso l’intera eredità va ai genitori, ma in questo caso alla madre spetta solo un sesto dell’eredità, e il resto va al padre.
Poi il versetto aggiunge: “[Tutto ciò] dopo [l’esecuzione de] il testamento che egli ha fatto e [il pagamento de] i debiti [che ha lasciato]”. È bene sapere che è possibile fare testamento solo di un terzo dei propri beni, e nel caso in cui si faccia testamento di più di un terzo dell’eredità, questa disposizione è valida solo se gli eredi sono consenzienti.
Poi leggiamo: “Voi non sapete quali dei vostri padri e dei vostri figli vi sono più utili”. Questa frase ribadisce quanto è stato detto in precedenza, affinché nessuno possa più discutere sulle leggi che regolano l’eredità.
A questo punto sorge spontanea la seguente domanda: perché la parte di eredità dell’uomo è maggiore di quella della donna?
In base a quanto attesta la storia dell’Islam, la gente si chiedeva ciò già dai primordi dell’Islam, e, a volte, le guide dell’Islam, venivano interrogate su questo argomento.
In una tradizione islamica, il santo imam Riđâ (A) risponde a questa domanda nel seguente modo: “La ragione del fatto che la parte dell’eredità della donna è la metà di quella dell’uomo, è che la donna, al momento del matrimonio prende qualcosa (il dono nuziale), mentre l’uomo dà qualcosa; inoltre gli uomini hanno il dovere di mantenere le donne, mentre le donne di fronte a ciò che gli uomini spendono per loro e per se stessi, non hanno alcuna responsabilità”
æóáóßõãú äöÕúÝõ ãóÇ ÊóÑóßó ÃóÒúæóÇÌõßõãú Åöä áøóãú íóßõä áøóåõäøó æóáóÏñ ÝóÅöä ßóÇäó áóåõäøó æóáóÏñ Ýóáóßõãõ ÇáÑøõÈõÚõ ãöãøóÇ ÊóÑóßúäó ãöä ÈóÚúÏö æóÕöíøóÉò íõæÕöíäó ÈöåóÇ Ãóæú Ïóíúäò æóáóåõäøó ÇáÑøõÈõÚõ ãöãøóÇ ÊóÑóßúÊõãú Åöä áøóãú íóßõä áøóßõãú æóáóÏñ ÝóÅöä ßóÇäó áóßõãú æóáóÏñ Ýóáóåõäøó ÇáËøõãõäõ ãöãøóÇ ÊóÑóßúÊõã ãøöä ÈóÚúÏö æóÕöíøóÉò ÊõæÕõæäó ÈöåóÇ Ãóæú Ïóíúäò æóÅöä ßóÇäó ÑóÌõáñ íõæÑóËõ ßóáÇóáóÉð Ãóæ ÇãúÑóÃóÉñ æóáóåõ ÃóÎñ Ãóæú ÃõÎúÊñ Ýóáößõáøö æóÇÍöÏò ãøöäúåõãóÇ ÇáÓøõÏõÓõ ÝóÅöä ßóÇäõæóÇú ÃóßúËóÑó ãöä Ðóáößó Ýóåõãú ÔõÑóßóÇÁ Ýöí ÇáËøõáõËö ãöä ÈóÚúÏö æóÕöíøóÉò íõæÕóì Èöåó Ãóæú Ïóíúäò ÛóíúÑó ãõÖóÂÑøò æóÕöíøóÉð ãøöäó Çááøåö æóÇááøåõ Úóáöíãñ Íóáöíãñ ﴿12﴾
12. A voi spetta la metà di quello che lasciano le vostre spose, se non hanno figli, ma se li hanno, avrete diritto solo a un quarto di quello che avranno lasciato, [e questo] dopo [l’esecuzione de] il testamento da lei fatto e [il pagamento de] i debiti [che ha lasciato]. E a loro [alle vostre spose] spetta un quarto di quello che lasciate voi, se non avete figli, ma se li avete, avranno un ottavo di quello che lascerete, [e questo] dopo [l’esecuzione de] il vostro testamento e [il pagamento de] i [vostri] debiti. E nel caso di un uomo – o di una donna – dal quale ereditano [solo] i [suoi] “kalâlaħ” [coloro che ereditano quando il defunto non ha né figli né genitori], e che ha un [solo] fratello o una [sola] sorella, ebbene, a ciascuno di essi toccherà un sesto, mentre se sono in numero maggiore, saranno allora soci di un terzo [dell’eredità], [e questo] dopo [l’esecuzione de] il testamento che [il defunto] ha fatto e [il pagamento de] i debiti [che ha lasciato], senza [però] fare torto [a nessuno degli eredi]. Questo è un precetto [imposto] da Allah! Allah è sapiente e saggio.
In questo versetto, il sacro Corano espone l’eredità che lascia il marito alla moglie e la moglie al marito, dicendo: “A voi spetta la metà di quello che lasciano le vostre spose, se non hanno figli, ma se li hanno, avrete diritto solo a un quarto di quello che avranno lasciato”. Tutto ciò, solo: “Dopo [l’esecuzione de] il testamento da lei fatto e [il pagamento de] i debiti [che ha lasciato]”. Poi espone la parte che spetta alle mogli dell’eredità dei mariti: “E a loro [alle vostre spose] spetta un quarto di quello che lasciate voi, se non avete figli, ma se li avete, avranno un ottavo di quello che lascerete, [e questo] dopo [l’esecuzione de] il vostro testamento e [il pagamento de] i [vostri] debiti”
Poi espone le norme riguardati la parte dell’eredità spettante ai fratelli e alle sorelle del defunto, dicendo: “E nel caso di un uomo – o di una donna – dal quale ereditano [solo] i [suoi] “kalâlaħ” [coloro che ereditano quando il defunto non ha né figli né genitori], e che ha un [solo] fratello o una [sola] sorella, ebbene, a ciascuno di essi toccherà un sesto, mentre se sono in numero maggiore, saranno allora soci di un terzo [dell’eredità], [e questo] dopo [l’esecuzione de] il testamento che [il defunto] ha fatto e [il pagamento de] i debiti [che ha lasciato]”
Il termine “kalâlaħ”, indica coloro che ereditano quando il defunto non ha né figli né genitori, che nel caso in cui ci siano fratelli o sorelle, sono i fratelli e le sorelle materne che ereditano dal defunto.
Poi il versetto ricorda che queste spartizioni devono avvenire dopo: “[L’esecuzione de] il testamento che [il defunto] ha fatto e [il pagamento de] i debiti [che ha lasciato]”, senza però fare torto a nessuno degli eredi, con tale testamento e con il riconoscimento dei debiti.
Il versetto si conclude dicendo: “Questo è un precetto [imposto] da Allah! Allah è sapiente e saggio”. Certo, questa è una prescrizione divina, che voi dovete rispettare, poiché Iddio conosce ciò che è bene e ciò che è male per voi, conosce le intenzioni dei testatori.
Êöáúßó ÍõÏõæÏõ Çááøåö æóãóä íõØöÚö Çááøåó æóÑóÓõæáóåõ íõÏúÎöáúåõ ÌóäøóÇÊò ÊóÌúÑöí ãöä ÊóÍúÊöåóÇ ÇáÃóäúåóÇÑõ ÎóÇáöÏöíäó ÝöíåóÇ æóÐóáößó ÇáúÝóæúÒõ ÇáúÚóÙöíãõ ﴿13﴾
13. Questi sono i termini di Allah, e chi obbedisce ad Allah e al Suo Messaggero, sarà da Lui introdotto in paradisi sotto i quali scorrono i rivi, in cui [lui e gli altri beati] saranno eterni. Quella è la grande vittoria!
Dopo aver esposto nei versetti precedenti le leggi che regolano l’eredità, in questo versetto, il sacro Corano ricorda che: “Questi sono i termini di Allah”, che non devono essere assolutamente oltrepassati, e coloro che non li rispettano, sono trasgressori, peccatori, e saranno puniti dal Signore Eccelso.
Poi dà una lieta novella, dicendo: “E chi obbedisce ad Allah e al Suo Messaggero, sarà da Lui introdotto in paradisi sotto i quali scorrono i rivi, in cui [lui e gli altri beati] saranno eterni”
E alla fine afferma che: “Quella è la grande vittoria!”
æóãóä íóÚúÕö Çááøåó æóÑóÓõæáóåõ æóíóÊóÚóÏøó ÍõÏõæÏóåõ íõÏúÎöáúåõ äóÇÑðÇ ÎóÇáöÏðÇ ÝöíåóÇ æóáóåõ ÚóÐóÇÈñ ãøõåöíäñ ﴿14﴾
14. Ma chi disobbedisce ad Allah e al Suo Messaggero, e oltrepassa i Suoi termini, sarà da Lui introdotto in un fuoco nel quale resterà in eterno, e avrà un castigo umiliante.
In questo versetto, il sacro Corano ricorda il destino di coloro che trasgrediscono le leggi divine: “Ma chi disobbedisce ad Allah e al Suo Messaggero, e oltrepassa i Suoi termini, sarà da Lui introdotto in un fuoco nel quale resterà in eterno, e avrà un castigo umiliante”
Nella prima parte del versetto è stato ricordato l’aspetto corporale del castigo divino, mentre nella seconda viene menzionato l’aspetto spirituale.
æóÇááÇøóÊöí íóÃúÊöíäó ÇáúÝóÇÍöÔóÉó ãöä äøöÓóÂÆößõãú ÝóÇÓúÊóÔúåöÏõæÇú Úóáóíúåöäøó ÃóÑúÈóÚÉð ãøöäßõãú ÝóÅöä ÔóåöÏõæÇú ÝóÃóãúÓößõæåõäøó Ýöí ÇáúÈõíõæÊö ÍóÊøóìó íóÊóæóÝøóÇåõäøó ÇáúãóæúÊõ Ãóæú íóÌúÚóáó Çááøåõ áóåõäøó ÓóÈöíáÇð ﴿15﴾
15. E [riguardo a] quelle delle vostre donne che commettono atto turpe [adulterio], portate contro di loro quattro testimoni dei vostri. Ebbene, se essi testimoniano, chiudetele nelle case finché non vengano colte dalla morte o Allah stabilisca per loro una via [diversa].
Questo versetto parla della punizione delle donne maritate che commettono adulterio.
Il versetto inizia dicendo: “E [riguardo a] quelle delle vostre donne che commettono atto turpe [adulterio], portate contro di loro quattro testimoni dei vostri”
Poi aggiunge: “Ebbene, se essi testimoniano, chiudetele nelle case finché non vengano colte dalla morte”. Perciò, qui il sacro Corano stabilisce l’ergastolo per le donne maritate che commettono adulterio. Ma immediatamente dopo, alla fine del versetto, afferma: “O Allah stabilisca per loro una via [diversa]”
Da questa ultima frase del versetto è possibile dedurre che la pena dell’ergastolo per le adultere, era una pena temporanea. In effetti, in seguito il sommo Profeta stabilì la lapidazione per le adultere. Per maggiori informazioni su questo argomento si consiglia di consultare le raccolte di tradizioni e i trattati di legge islamica.
æóÇááøóÐóÇäó íóÃúÊöíóÇäöåóÇ ãöäßõãú ÝóÂÐõæåõãóÇ ÝóÅöä ÊóÇÈóÇ æóÃóÕúáóÍóÇ ÝóÃóÚúÑöÖõæÇú ÚóäúåõãóÇ Åöäøó Çááøåó ßóÇäó ÊóæøóÇÈðÇ ÑøóÍöíãðÇ ﴿16﴾
16. E [riguardo a] quei due di voi [non sposati] che lo commettano, ebbene, tormentateli [puniteli], ma se si pentono e [si] correggono, lasciateli stare, ché, in verità, Allah è clementissimo e benevolo.
Questo versetto parla della punizione delle donne e degli uomini non sposati che commettono adulterio, dicendo: “E [riguardo a] quei due di voi [non sposati] che lo commettano, ebbene, tormentateli [puniteli]”
In questo versetto, il sacro Corano espone questa pena in forme generale, specificandola nel secondo versetto della Sura della Luce, la quale stabilisce cento flagellazioni per ciascuno degli adulteri.
Il versetto si conclude ricordando il perdono divino per questo tipo di peccato: “Ma se si pentono e [si] correggono, lasciateli stare, ché, in verità, Allah è clementissimo e benevolo”
Da ciò è possibile altresì dedurre che non bisogna biasimare la gente per i peccati dei quali si sono pentiti.
ÅöäøóãóÇ ÇáÊøóæúÈóÉõ Úóáóì Çááøåö áöáøóÐöíäó íóÚúãóáõæäó ÇáÓøõæóÁó ÈöÌóåóÇáóÉò Ëõãøó íóÊõæÈõæäó ãöä ÞóÑöíÈò ÝóÃõæúáóÜÆößó íóÊõæÈõ Çááøåõ Úóáóíúåöãú æóßóÇäó Çááøåõ ÚóáöíãÇð ÍóßöíãÇð ﴿17﴾
17. Allah accoglie solo il pentimento di coloro che fanno il male per ignoranza e poi presto si pentono. Ecco quelli da cui Allah accetta il pentimento. Allah è sapiente e saggio.
Nel versetto precedente, il sacro Corano ha disposto l’annullamento della pena per gli adulteri non sposati che si pentono. In questo versetto, ricorda invece alcune delle condizioni che deve avere il loro pentimento per essere valido: “Allah accoglie solo il pentimento di coloro che fanno il male per ignoranza”
Questo versetto con il termine “ignoranza” intende la ribellione degli istinti e il dominio delle passioni sull’intelletto e sulla fede. In effetti, quando l’intelletto e la fede dell’uomo vengono soggiogati dalle sue passioni, dai suoi istinti, la sua cognizione del peccato perde i suoi effetti inibitori, e quando la conoscenza umana perde i suoi effetti, è, in pratica, pari all’ignoranza.
Nella frase successiva del versetto in esame, il sacro Corano ricorda un’altra condizione del pentimento in questione: “…e poi presto si pentono”
Dopo aver ricordato le sopraccitate condizioni, dà una lieta novella ai peccatori: “Ecco quelli da cui Allah accetta il pentimento”, e ricorda che: “Allah è sapiente e saggio”
æóáóíúÓóÊö ÇáÊøóæúÈóÉõ áöáøóÐöíäó íóÚúãóáõæäó ÇáÓøóíøöÆóÇÊö ÍóÊøóì ÅöÐóÇ ÍóÖóÑó ÃóÍóÏóåõãõ ÇáúãóæúÊõ ÞóÇáó Åöäøöí ÊõÈúÊõ ÇáÂäó æóáÇó ÇáøóÐöíäó íóãõæÊõæäó æóåõãú ßõÝøóÇÑñ ÃõæúáóÜÆößó ÃóÚúÊóÏúäóÇ áóåõãú ÚóÐóÇÈðÇ ÃóáöíãðÇ ﴿18﴾
18. Il pentimento non riguarda coloro che commettono le cattive azioni finché, quando si presenta a uno di loro la morte, dice: “Ecco, io ora mi sono pentito!”; né coloro che muoiono da miscredenti. Per essi abbiamo preparato un castigo doloroso.
Questo versetto parla di due gruppi il cui pentimento non viene accettato dal Signore Eccelso
A proposito del primo gruppo dice: «Il pentimento non riguarda coloro che commettono le cattive azioni finché, quando si presenta a uno di loro la morte, dice: “Ecco, io ora mi sono pentito!”», mentre a proposito del secondo gruppo afferma: “…né coloro che muoiono da miscredenti”
In realtà, il versetto dice che coloro che si sono pentiti dei propri peccati quando erano in salute e credevano, e che in seguito sono morti miscredenti, ebbene, il loro precedente pentimento è vano.
Il versetto si conclude dicendo: “Per essi abbiamo preparato un castigo doloroso”
íóÇ ÃóíøõåóÇ ÇáøóÐöíäó ÂãóäõæÇú áÇó íóÍöáøõ áóßõãú Ãóä ÊóÑöËõæÇú ÇáäøöÓóÇÁ ßóÑúåðÇ æóáÇó ÊóÚúÖõáõæåõäøó áöÊóÐúåóÈõæÇú ÈöÈóÚúÖö ãóÇ ÂÊóíúÊõãõæåõäøó ÅöáÇøó Ãóä íóÃúÊöíäó ÈöÝóÇÍöÔóÉò ãøõÈóíøöäóÉò æóÚóÇÔöÑõæåõäøó ÈöÇáúãóÚúÑõæÝö ÝóÅöä ßóÑöåúÊõãõæåõäøó ÝóÚóÓóì Ãóä ÊóßúÑóåõæÇú ÔóíúÆðÇ æóíóÌúÚóáó Çááøåõ Ýöíåö ÎóíúÑðÇ ßóËöíÑðÇ ﴿19﴾
19. O voi che avete prestato fede, non vi è lecito ereditare dalle donne contro la loro volontà. Non trattatele male allo scopo di riprendervi parte di quello che avete loro donato, a meno che esse non commettano una palese indegnità. Trattatele con gentilezza, e se provate avversione per loro, [sappiate] allora [che] può darsi che voi detestiate qualcosa e Allah ponga in essa un grande bene.
In una tradizione del nobile imam Bâqir (A) leggiamo che questo versetto fu rivelato a proposito di coloro che tenevano le loro spose senza trattarle come delle vere mogli, aspettando la loro morte per appropriarsi dei loro beni (Majmaºu-l-bayân, vol. III, pag. 24).
È possibile che il versetto voglia dire che si ereditano solo i beni del defunto, e la moglie di questo non fa parte dell’eredità. Ella è libera di risposarsi con chi vuole dopo la morte del marito.
1. L’Islam difende i diritti della donna.
2. Nell’Islam la donna può diventare erede.
3. Moglie e marito devono volersi bene, e non devono vivere insieme per interessi materiali.
4. È proibito farsi restituire con la forza il dono nuziale dalla donna.
5. I mariti devono essere gentili con le loro mogli.
6. È possibile trovare molte gioie tra i dolori, non bisogna dunque mai perdere le speranze.
æóÅöäú ÃóÑóÏÊøõãõ ÇÓúÊöÈúÏóÇáó ÒóæúÌò ãøóßóÇäó ÒóæúÌò æóÂÊóíúÊõãú ÅöÍúÏóÇåõäøó ÞöäØóÇÑðÇ ÝóáÇó ÊóÃúÎõÐõæÇú ãöäúåõ ÔóíúÆðÇ ÃóÊóÃúÎõÐõæäóåõ ÈõåúÊóÇäÇð æóÅöËúãÇð ãøõÈöíäÇð ﴿20﴾
20. E se vorrete cambiare una moglie con un’altra, e avrete dato a una di esse una grande quantità di beni [come dono nuziale], ebbene, non dovrete riprenderne nulla. Ne riprendereste forse qualcosa con calunnia e peccato palese?