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Riguardo alla circostanza in cui fu rivelato il primo versetto in esame, Bin Abbas dice che i giudei della santa città di Medina e i cristiani di Najraan s’aspettavano che il Profeta dell’Islam adottasse per sempre la loro stessa qiblah, e quando Allah cambiò la qiblah dei mussulmani dal Tempio Sacro della santa città di Baytu-l-maqdis alla sacra Ka´bah della santa città della Mecca, le loro speranze s’involarono, e forse alcuni mussulmani obiettarono che non è giusto far soffrire giudei e cristiani.[169]
Fu allora rivelato il versetto, che annunciò al sommo Profeta: “E i giudei non si compiaceranno mai di te e nemmeno i cristiani, finché non seguirai la loro religione”
Altri sostengono che il sommo Profeta si sforzava di accontentare questo gruppo di ebrei e cristiani, affinché accettassero la religione islamica. Fu cosí rivelato il versetto e ricordò al Profeta: “E i giudei non si compiaceranno mai di te e nemmeno i cristiani, finché non seguirai la loro religione”[170]
Quanto invece alla circostanza in cui fu rivelato il secondo versetto in esame, esistono diverse tradizioni, e alcuni esegeti del sacro Corano sostengono che questo nobile versetto riguarda le persone che ritornarono dall’Abissinia con Ja´far Bin Abi Taalib, che si unirono a lui e ai mussulmani al loro ritorno. Erano quaranta persone, trentadue Abissini e otto monaci siriani, tra i quali v’era anche il celebre monaco Bahiraa.[171]
Altri sostengono che il versetto riguarda quei giudei (quali Abdullah Bin Salaam, Sa´id Bin Amr, Tamaam Bin Yahudaa) che accettarono realmente l’Islam e divennero credenti.[172]
Il sacro Corano, dopo aver deresponsabilizzato il sommo Profeta riguardo ai peccati e alle empietà dei traviati ribelli, continua dicendo: «E i giudei non si compiaceranno mai di te e nemmeno i cristiani, finché non seguirai la loro religione Di’: “È la guida di Allah, la [vera] guida”»
Certo, l’unica e vera guida è quella del Signore Eccelso, libera da ogni forma d’ignoranza, dubbio, superstizione, deviazione. Sí, questa è la guida che bisogna accogliere con tutta l’anima!
Il versetto prosegue poi dicendo: “E se dopo il sapere che ti è giunto, dovessi seguire le loro passioni, non troverai né amici né soccorritori contro Allah”
Ma siccome alcuni giudei e cristiani amanti della verità, accettarono il salvante invito del Profeta dell’Islam e si convertirono alla sacra religione islamica, il nobile Corano, nel versetto successivo, afferma: “Quelli a cui abbiamo dato il Libro e che lo leggono come si deve, sono gli stessi che credono in esso, e coloro che lo negano, quelli sono i perdenti”
È possibile che qualcuno, leggendo la frase “E se dopo il sapere che ti è giunto, dovessi seguire le loro passioni, non troverai né amici né soccorritori contro Allah”, si chieda: è forse possibile che il sommo e infallibile Profeta dell’Islam possa seguire le corrotte passioni dei giudei traviati?
Simili espressioni, frequenti nel sacro Corano, non sono assolutamente in contrasto con l’infallibilità e con l’eccezionale grado spirituale dei nobili profeti divini, poiché queste sono preposizioni condizionali, e, in quanto tali, non denotano l’avverarsi delle condizioni. Inoltre, quando parliamo dell’infallibilità dei Profeti e degli Imam non intendiamo dire che è impossibile che essi commettano errore o peccato. Infatti, la loro infallibilità deve essere intesa nel senso che essi possono peccare, errare, e sono, come tutti gli altri esseri umani, liberi di seguire il bene, e non costretti, tuttavia, la loro sublime fede, la loro immensa sapienza, il loro impareggiabile timor di Allah, li tiene costantemente lontani dall’errore.
Questa è un’espressione dal significato profondo, che ci chiarisce il comportamento che dobbiamo assumere nei confronti del sacro Corano e degli altri libri rivelati dal Signore Eccelso ai Suoi nobili inviati.
La gente di fronte al sacro Verbo d’Allah, assume tre comportamenti diversi.
Alcuni si sforzano solo di pronunciare correttamente i versetti del nobile Corano, senza preoccuparsi minimamente di comprenderne in significato. Lo stesso Corano, a proposito di questa gente, afferma: “…assomigliano all’asino che porta i libri…”[173]
Altri si spingono invece al di là di una semplice corretta recitazione, e riflettono sul significato dei versetti, ma, purtroppo, non li mettono in pratica.
Altri infine considerano la recitazione e la comprensione del sacro Corano, come preliminari, e la sua messa in pratica come dovere principale. Questi sono i veri credenti, e questo loro comportamento è ciò che lo stesso Corano chiama “haqqa tilaawatih”, espressione che noi abbiamo tradotto con “come si deve”: «Quelli a cui abbiamo dato il Libro e che lo leggono come si deve, sono gli stessi che credono in esso…»
Un hadith dell’imam Sadiq (A), commenta il versetto in esame dicendo: “[Haqqa tilaawatih] significa leggere attentamente i suoi versetti, comprenderne le verità, e praticarne i precetti; sperare nelle sue promesse, e temere le sue minacce; trarre insegnamento dalle sue storie, sottomettersi ai suoi ordini, e accettare i suoi divieti. Giuro su Dio, che non significa [solo] ricordarne a memoria i versetti, leggerne le lettere, recitarne le sure, e impararne le a´shaar e le akhmaas. Essi hanno imparato a memoria le lettere del Corano, ma ne hanno trascurato i termini. Significa solo riflettere sui versetti del Corano e metterne in pratica i precetti, come afferma Allah: “[Questo è un] libro benedetto che abbiamo fatto discendere su di te, affinché [gli uomini] meditino sui suoi versetti e ne traggano ammonimento i savi”[174]
íóÇ Èóäöí ÅöÓúÑóÂÆöíáó ÇÐúßõÑõæÇ äöÚúãóÊöíó ÇáøóÊöí ÃóäúÚóãúÊõ Úóáóíúßõãú æóÃóäøöí ÝóÖøóáúÊõßõãú Úóáóì ÇáúÚóÇáóãöíäó ﴿122﴾ æóÇÊøóÞõæÇ íóæúãÇð áÇó ÊóÌúÒöí äóÝúÓñ Úóäú äóÝúÓò ÔóíúÆÇð æóáÇó íõÞúÈóáõ ãöäúåóÇ ÚóÏúáñ æóáÇó ÊóäúÝóÚõåóÇ ÔóÝóÇÚóÉñ æóáÇó åõãú íõäúÕóÑõæäó ﴿123﴾
122. O figli d’Israele, ricordate la Mia grazia, che vi elargii, e di come vi resi superiori alla gente del mondo [in quell’epoca].
123. E temete il giorno in cui nessuno potrà fare nulla per gli altri e non sarà accettato da nessuno alcun equivalente [con il quale possa riscattarsi]; in quel giorno nessuna intercessione potrà essere utile ad alcuno ed essi non saranno aiutati.
In questo versetto Allah si rivolge nuovamente ai figli d’Israele, ricordando ancora una volta l’immensa grazia che ha loro concesso, e, in particolare la superiorità che Egli donò loro rispetto agli uomini della loro epoca: “O figli d’Israele, ricordate la Mia grazia, che vi elargii, e di come vi resi superiori alla gente del mondo [in quell’epoca]”
Ma siccome ogni dono divino è accompagnato da responsabilità, il versetto successivo afferma: “E temete il giorno in cui nessuno potrà fare nulla per gli altri e non sarà accettato da nessuno alcun equivalente [con il quale possa riscattarsi]; in quel giorno nessuna intercessione potrà essere utile ad alcuno ed essi non saranno aiutati”
Nei versetti quarantasette e quarantotto abbiamo già ampiamente parlato dell’argomento trattato da questi due versetti. Terminiamo quindi qui la trattazione, ricordando solo che la frase: “…in quel giorno nessuna intercessione potrà essere utile…”, non ha nulla a che vedere con l’intercessione del sommo Profeta e della sua nobile Famiglia in favore dei credenti, ed è solo un avvertimento agli empi politeisti.
æÅöÐö ÇÈúÊóáóì ÅöÈúÑóÇåöíãó ÑóÈøõåõ ÈößóáöãóÇÊò ÝóÇóÊóãøóåõäøó ÞóÇáó Åöäøöí ÌóÇÚöáõßó áöáäøóÇÓö ÅöãóÇãÇð ÞóÇáó æóãöäú ÐõÑøöíóÊöí ÞóÇáó áÇó íóäÇáõ ÚóåÏöí ÇáÙøóÇáöãöíäó ﴿124﴾
124. E [ricorda] quando Abramo fu provato dal suo Signore con alcuni ordini ed egli li eseguí. [Allah] disse [allora]: “Io farò di te un imàm [guida] per le genti”. [E Abramo] disse: “E [fai] della mia progenie [degli imàm per gli uomini]”. [Allah] disse: “Il mio patto non riguarda gli iniqui!”
A questo punto, il sacro Corano inizia a parlare di uno dei maggiori profeti divini: il nobile Abramo (A). Nei prossimi diciotto versetti il sacro Verbo d’Allah narrerà le vicende del profeta Abramo, e parlerà della costruzione della sacra Ka´bah, e della fondamentale importanza di questo sacro centro spirituale.
Questi versetti introducono la questione del cambiamento della qiblah, che sarà affrontata piú avanti, affinché i mussulmani sappiano che la Ka´bah è uno dei ricordi di Abramo (il profeta che lottò contro gl’idoli e gl’idolatri, e li sconfisse tutti), e se oggi gli idolatri e i politeisti l’hanno trasformata in un tempio idolatra, ebbene, si tratta solo d’impurità superficiale, che non è assolutamente in grado d’intaccarne l’immenso valore e grado spirituale.
Giudei e cristiani pretendevano inoltre d’essere gli unici eredi d’Abramo e della sua religione, e questi versetti – in relazione ai molti versetti precedenti riguardanti i giudei – dimostrano quanto lontani erano, e sono, giudei e cristiani dal credo del nobile Abramo.
Un’altra cosa che è preliminarmente necessario sapere è che i politeisti arabi si sentivano inscindibilmente legati ad Abramo, ed era perciò necessario fare loro comprendere la verità: Abramo era nemico del politeismo e dell’idolatria.
Il primo versetto in esame dice: “E [ricorda] quando Abramo fu provato dal suo Signore con alcuni ordini ed egli li eseguí”
Questo versetto ricorda uno dei piú importanti momenti della vita del santo Abramo, la maggiore prova divina che questo nobile profeta sostenne nella sua benedetta vita, prova che palesò completamente il suo immenso grado spirituale e la sua straordinaria personalità.
Certo, egli uscí vittorioso da questa difficile prova, e come premio, il Signore Eccelso lo costituí imam, guida, delle genti: «[Allah] disse [allora]: “Io farò di te un imàm [guida] per le genti”»
Ma ciò riguardava solo Abramo e i probi della sua progenie, non gli iniqui: «[E Abramo] disse: “E [fai] della mia progenie [degli imàm per gli uomini]”. [Allah] disse: “Il mio patto non riguarda gli iniqui!”»
L’attento esame di alcuni versetti coranici, e della splendida condotta di vita del santo Abramo, lodata peraltro dal Signore Eccelso, dimostra che la parola “kalimaat”, che compare nel versetto [tradotta da noi col termine “ordini”], e il cui significato letterale è “parole”, denota la serie di pesanti doveri che Allah impose ad Abramo per provarlo, e che questo santo messaggero divino superò con pieno successo. Ricordiamo di seguito queste prove.
Dal versetto in esame è forse possibile dedurre che l’imamato, il grado di imam donato da Allah ad Abramo, come premio per avere superato le suddette difficili prove, è superiore al grado di profeta e messaggero divino.
L’imamato assume i seguenti significati.
Certo, il grado, i doveri, le responsabilità dell’imam sono superiori, sono piú pesanti del grado, dei doveri e delle responsabilità del profeta. In effetti, la missione del profeta è solo quella di ricevere la rivelazione divina, comunicarla, dare alla gente la lieta novella del Paradiso, della ricompensa divina, e metterla in guardia dall’Inferno e dal castigo divino. L’imam, invece, oltre a questi doveri, deve anche eseguire la legge divina tra gli uomini, e occuparsi della loro formazione spirituale. È poi ovvio che molti profeti, oltre a essere messaggeri divini, erano anche imam.
In altre parole, il Signore Eccelso vuole dall’imam che realizzi gli obiettivi della religione, che porti la gente al conseguimento della beatitudine di questo mondo e dell’aldilà, mentre dal profeta non imam vuole solo che indichi alla gente la retta via, dia speranza e ammonisca.
L’imam ha inoltre un influsso genetico universale sui cuori degl’uomini degni, simile all’influsso del sole, dei suoi raggi che donano vita alle piante e agli animali.
A tal proposito, il glorioso Corano afferma: “Egli è Colui che manda benedizioni su di voi, assieme ai Suoi angeli, per trarvi dalle tenebre alla luce. Egli è benevolo coi credenti”[175]
Questo versetto dimostra chiaramente che le speciali benedizioni e gli arcani aiuti del Signore Eccelso e dei Suoi angeli, possono salvare l’uomo dalle tenebre dell’ignoranza e del peccato, e introdurli nella luce della sapienza e della virtú. Ebbene, questo vale anche per l’imam, che, grazie alla straordinaria forza spirituale dal Signore donatagli, è in grado di trarre gli uomini dalle tenebre alla luce.
Non v’è dubbio che nel versetto in esame il termine “imam” assume il terzo dei sopraccitati significati. In effetti, da diversi versetti coranici è possibile dedurre che il concetto di guida è insito in quello di “imamato”. Nel ventiquattresimo versetto della trentaduesima sura del sacro Corano leggiamo: “E facemmo di loro degli imam che li guidassero secondo il Nostro comando, poiché perseverarono, e credevano con fermezza nei Nostri segni”. Si faccia attenzione che questa guida non significa semplicemente mostrare agli uomini la retta via da seguire, poiché Abramo, prima di diventare imam, era profeta, e aveva già questo dovere.
Insomma, il sacro Corano ci dimostra chiaramente che la guida dell’imam differisce da quella del profeta, poiché, a differenza di quella profetica, richiede un ulteriore sforzo, del quale abbiamo parlato sopra.
È possibile forse dedurre questa verità da questo significativo hadith del santo imam Sadiq (A): «In verità, Allah (sia benedetto ed esaltato) ha scelto Abramo come ´abd [servo], prima di farlo nabiyy [profeta]. In verità, Allah ha scelto Abramo come nabiyy, prima di farlo rasul [messaggero]. In verità, Allah ha scelto Abramo come rasul, prima di farlo khalil [amico diletto]. In verità, Allah ha scelto Abramo come khalil, prima di farlo imam. E quando gli donò tutti questi gradi, disse: “Io farò di te un imàm [guida] per le genti…»[176]
Da quanto è possibile dedurre dai versetti e dalle tradizioni islamiche, coloro ai quali era stata affidata una missione dal Signore Eccelso, possedevano i seguenti differenti gradi.
a) Il grado di nabiyy [profeta], la nubuwwah. Il possessore di questo nobile grado aveva solo il dovere di ricevere la rivelazione, perciò, nabiyy è colui che riceve la rivelazione divina, e comunica ciò che gli è stato rivelato a quelli che desiderano conoscerlo.
b) Il grado di rasul [messaggero], la risaalah. Il possessore di questo nobile grado aveva anche il dovere di comunicare alla gente quello che gli veniva rivelato dal Signore Eccelso, e di formare spiritualmente gli uomini attraverso l’insegnamento e l’esortazione. Insomma, rasul è colui che deve sforzarsi di comunicare e diffondere ciò che gli viene rivelato dal Signore Altissimo, di formare e rivoluzionare il pensiero e lo spirito umano.
c) Il grado di imam [messaggero], la imaamah. Il possessore di questo eccelso grado ha il dovere di guidare e dirigere la vita terrena e religiosa degli esseri umani. In realtà, l’imam è colui che, formando un governo giusto, acquisendo i poteri necessari, si sforza di eseguire i comandamenti e le leggi del Signore Eccelso, e nel caso in cui non abbia i poteri necessari a governare la gente, a formare un governo, fa tutto ciò che è nelle sue possibilità per eseguire e far rispettare le leggi divine nella società.
In altre parole, l’imam ha il dovere di eseguire e mettere in pratica i precetti e le leggi di Dio, il rasul deve invece trasmettere, comunicare alla gente ciò che gli viene rivelato dal Signore Altissimo. Il rasul mostra la strada da seguire, e l’imam guida su di essa i servi di Dio.
È poi ovvio che molti profeti, come il santo Profeta dell’Islam, possedevano tutti e tre i suddetti gradi: ricevevano la rivelazione, la trasmettevano e si sforzavano di metterne in pratica, di eseguirne i precetti e le leggi, di formare le menti e gli spiriti, di instaurare un governo giusto capace di garantire la beatitudine terrena e ultraterrena degli uomini.
L’iniquità [zulm] della quale parla il versetto in esame, quando dice: “…Il mio patto non riguarda gli iniqui!”, ha un significato diverso e piú generale di quello abitualmente inteso, in opposizione a quello del termine “equità”, quando assume il significato di “mettere ogni cosa al proprio posto”. Perciò, nel versetto la parola iniquo significa “persona che non è degno della carica d’imam”, a prescindere poi dal fatto che sia anche iniquo o meno.
Dal momento che l’imam ha enormi, pesantissime e delicatissime responsabilità, ogni cattivo precedente, il minimo peccato, il piú piccolo errore, rende l’individuo indegno di questa sacra carica. È per questo stesso motivo che nelle tradizioni islamiche leggiamo che gli imam dell’Ahlulbayt (A), per dimostrare il loro diritto e dovere a succedere immediatamente al sommo Profeta, citavano il versetto in esame, intendendo che le persone che aspiravano, pretendevano al califfato, alla successione del sommo Messaggero, quelli che poi hanno preso il potere dopo la sua nobile dipartita, erano, prima dell’avvento dell’Islam, tutti idolatri. L’unico a non aver mai adorato idoli, a non essere mai stato politeista, era in santo Alí (A), genero e cugino paterno del profeta Muhammad (S). Esiste forse peccato, iniquità, empietà piú grave dell’adorare idoli, dell’associare ad Allah pari: “Figlio mio, non associare pari ad Allah, ché, in verità, lo shirk [associare pari ad Allah] è certamente una grande iniquità”[177]
Ad esempio, Hishaam Bin Saalim narra che l’imam Sadiq (A) disse: «Abramo, prima di diventare imam, era nabiyy [profeta], finché Allah disse: “…‘Io farò di te un imàm [guida] per le genti’. [E Abramo] disse: ‘E [fai] della mia progenie [degli imàm per gli uomini]’. [Allah] disse: ‘Il mio patto non riguarda gli iniqui!’. Ebbene, chiunque abbia adorato idoli non è imam”»[178]
In un altro hadith, Abdullah Bin Mas´ud narra che il sommo Profeta disse: «Allah disse ad Abramo: “Io non ti dono alcun patto per gli iniqui della tua progenie!”, ed egli disse: “O Signore, chi sono gli iniqui della mia progenie ai quali spetta il Tuo patto?”. Allah disse: “Chi si è prosternato dinanzi a un idolo, non lo farò mai imam, non è degno d’essere imam”»[179]
Dal versetto in esame possiamo dedurre che è Allah che designa l’imam, ed è giusto e ovvio che sia cosí, poiché l’imamato è un patto divino: “Il mio patto non riguarda gli iniqui!”
Inoltre, dal momento che l’imam deve essere assolutamente puro, e non deve aver mai commesso nessun peccato, non deve aver mai adorato idoli, nemmeno per un istante, solo l’Onnisciente può conoscere e, di conseguenza, designare la persona degna di tale celeste carica.
L’autore dell’opera Al-minaar, afferma che Abu Hanifah era convinto che solo il santo Alí (A) e la sua nobile progenie fossero degni di succedere al sommo Profeta. Egli, per questo stesso motivo, considerò lecita la ribellione al regime del tiranno califfo abbasside Al-mansur (che Allah lo maledica), e rifiutò sempre la carica di giudice offertagli dai califfi abbassidi.
L’autore dell’opera Al-minaar aggiunge che i quattro Imam sunniti erano contrari ai governi dell’epoca in cui vivevano, e non li consideravano degni di comandare i mussulmani, poiché erano iniqui e tiranni.[180]
È possibile che qualcuno si chieda che se il dovere dell’imam è quello di eseguire i precetti divini e realizzare gli obiettivi della religione, ebbene, perché molti dei profeti (imam), tra cui lo stesso profeta Muhammad (S), e degli imam, non sono riusciti a svolgere questo compito su larga scala, e hanno sempre avuto a che fare con gente empia e traviata?
Rispondiamo a questa domanda ricordando che quanto abbiamo detto finora non implica che l’imam debba costringere con la forza la gente a seguire la retta via, non vuol dire che egli debba realizzare gli obiettivi della religione per forza, a ogni costo, usando ogni strumento possibile, lecito o illecito che sia.
Un’altra domanda che potrebbe sorgere, è che il suddetto commento del versetto implica che prima di diventare imam, è necessario diventare nabiyy e rasul, ebbene, perché questo non è successo nel caso dei dodici Imam?
Rispondiamo a questa seconda domanda dicendo che ciò non è assolutamente necessario. In effetti, se la rivelazione è già avvenuta e il messaggio è già stato comunicato, e rimane solo la fase finale di realizzazione degli obiettivi ed esecuzione dei comandamenti – come del resto è accaduto nel caso dell’Islam – v’è solo bisogno di un purissimo e infallibile imam che succeda al rasul e completi la missione. C’è forse bisogno che questo imam sia stato in precedenza anche nabiyy e rasul?
Il nome del santo profeta Abramo (A) compare ben sessantanove volte nel sacro Verbo d’Allah, e ben venticinque sure coraniche parlano di questo nobile nunzio divino.
I versetti del glorioso Corano riservano infinite lodi a questo grande profeta, e ne ricordano le eccezionali virtú.
Egli era un esempio, un modello da seguire sotto ogni aspetto, era un uomo perfetto. La sua conoscenza divina, la logica che opponeva agli idolatri, la sua tenacia nel combattere i tiranni, i suoi sacrifici sul sentiero d’Allah, la sua straordinaria perseveranza, la sua proverbiale pazienza di fronte alle difficoltà, costituiscono preziosi insegnamenti per tutti i credenti sul sentiero del Signore Altissimo.
In base a quanto afferma il sacro Corano, egli era buono[181], probo[182], devoto[183], sempre sincero[184], assai paziente[185], fedele alle promesse, incredibilmente coraggioso e straordinariamente generoso.
A Dio piacendo, nel commento alla sacra Sura di Abramo – soprattutto nella sua parte finale – tratteremo maggiormente questo argomento.
æóÅöÐú ÌóÚóáúäóÇ ÇáúÈóíúÊó ãóËóÇÈóÉð áöáäøóÇÓö æóÃóãúäÇð æóÇÊøóÎöÐõæÇ ãöäú ãóÞóÇãö ÅöÈúÑóÇåöíãó ãõÕóáøðì æóÚóåöÏúäóÇ Åöáì ÅöÈúÑóÇåöíãó æÅöÓúãóÇÚöíáó Ãóä ØóåøöÑóÇ ÈóíúÊöíó áöáØøóÂÆöÝöíäó æóÇáúÚóÇßöÝöíäó æóÇáÑøõßøóÚö ÇáÓøõÌõæÏö ﴿125﴾
125. E quando facemmo della Casa [la Kaºbah] un luogo di riunione per la gente, e un sicuro rifugio. Prendete il luogo dove ristette Abramo per luogo di salâh! E raccomandammo [ordinammo] ad Abramo e a Ismaele: “Purificate la Mia Casa per quelli che [vi] girano attorno, per coloro che [vi] si ritirano [in salâh], per coloro che s’inchinano e si prosternano [dinanzi ad Allah]”