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Nei libri di esegesi coranica, si fanno varie ipotesi a proposito dell’occasione in cui fu rivelato il versetto in esame, che, alla fine, confermano un’unica tesi.
A tal proposito, in una tradizione del Messaggero di Allah, narrata da Bin Abbas, leggiamo: «Wahab Bin Zayd e Raafi´ Bin Harmalah vennero dal Messaggero d’Allah e dissero: “Portaci una lettera da parte di Allah intestata a noi, e, dopo averla letta, presteremo fede. Oppure, facci scorrere dei ruscelli, e noi ti seguiremo”»
Altri hanno detto che alcuni Arabi fecero al sommo Profeta le stesse richieste che i giudei fecero al santo profeta Mosè, e cioè: “Facci chiaramente vedere Allah, affinché, dopo averLo visto, possiamo prestare fede”
In ogni caso, fu rivelato il versetto in esame e ammoní duramente gli empi che facevano quelle assurde ed empie domande.
Nonostante questo versetto non si rivolga ai giudei, ma a un gruppo di mussulmani di scarsa fede o ai politeisti, esso riguarda in qualche modo, come vedremo, la storia dei figli d’Israele.
Era forse dopo la vicenda del mutamento della qiblah, che un gruppo di mussulmani e i politeisti, istigati dai giudei, iniziarono a fare assurde richieste al sommo Profeta.
Fu allora che Allah li ammoní, dicendo: “O vorreste interrogare il vostro Messaggero come in passato fu interrogato Mosè? [Sappiate dunque che] chi scambia la miscredenza con la fede, ha invero smarrito la retta via”
Bisogna fare attenzione che l’Islam non negava che si ponessero domande intelligenti e logiche, non impediva alla gente di chiedere al sommo Profeta l’esecuzione di un miracolo, non tollerava solo che empia e ostinata gente nascondesse il proprio rifiuto per la religione islamica dietro assurde scuse e stolte richieste.
æóÏøó ßóËöíÑñ ãöäú Ãóåúáö ÇáúßöÊóÇÈö áóæú íóÑõÏøõæäóßõãú ãöäú ÈóÚúÏö ÅöíãóÇäößõãú ßõÝøóÇÑÇð ÍóÓóÏÇð ãöäú ÚöäÏö ÃóäúÝõÓöåöãú ãöäú ÈóÚúÏö ãóÇ ÊóÈóíøóäó áóåõãõ ÇáúÍóÞøõ ÝóÇÚúÝõæÇ æóÇÕúÝóÍõæÇ ÍóÊøóì íóÃúÊöíó Çááøåõ ÈöÇóãúÑöåö Åöäøó Çááøåó Úóáóì ßõáøö ÔóíúÁò ÞóÏöíÑñ ﴿109﴾ æóÃóÞöíãõæÇ ÇáÕøóáÇóÉó æÁóÇÊõæÇ ÇáÒøóßóÇÉó æóãóÇ ÊõÞóÏøöãõæÇ áÇóäúÝõÓößõãú ãöäú ÎóíúÑò ÊóÌöÏõæåõ ÚöäúÏó Çááøåö Åöäøó Çááøåó ÈöãóÇ ÊóÚúãóáõæäó ÈóÕöíÑñ ﴿110﴾
109. Tra la gente del Libro, ci sono molti che, nonostante abbiano compreso la verità, per invidia, amano farvi ritornare miscredenti dopo che voi avete accettato la fede. Perdonate dunque, lasciate andare, finché Allah non porti il Suo ordine. In verità, Allah è onnipotente.
110. Eseguite assiduamente la preghiera e pagate la zakâh. [Sappiate che] ogni bene che ‘anticiperete a voi stessi’ lo ritroverete presso Allah. In verità, Allah osserva [tutto] ciò che fate.
V’erano molti tra la gente del Libro, soprattutto tra i giudei, che oltre a non accettare la fede islamica, s’adoperavano affinché i credenti mussulmani rinnegassero la propria religione, ed era l’invidia che sentivano per i fedeli che li spingeva a comportarsi in questo modo: “Tra la gente del Libro, ci sono molti che, nonostante abbiano compreso la verità, per invidia, amano farvi ritornare miscredenti dopo che voi avete accettato la fede”
Ma il sacro Corano ordina ai credenti: “Perdonate dunque, lasciate andare, finché Allah non porti il Suo ordine. In verità, Allah è onnipotente”
Molti esegeti del sacro Corano, affermano che il versetto in esame, con la frase “…finché Allah non porti il Suo ordine…”, intende la jihaad contro i nemici di Dio, che fino a quel momento non era ancora stata ordinata da Dio, forse per il fatto che i fedeli non erano ancora pronti ad affrontarla. Ecco perché molti sono dell’idea che sia necessario interpretare questo versetto con i successivi riguardanti la jihaad.
Nel secondo versetto il Signore Eccelso dà due fondamentali ordini, in grado di donare immensa forza materiale e spirituale ai mussulmani, e permettere cosí loro di vincere ogni nemico: “Eseguite assiduamente la preghiera e pagate la zakâh. [Sappiate che] ogni bene che ‘anticiperete a voi stessi’ lo ritroverete presso Allah. In verità, Allah osserva [tutto] ciò che fate”
æóÞóÇáõæÇ áóä íóÏúÎõáó ÇáúÌóäøóÉó ÅöáÇ ãóäú ßóÇäó åõæÏÇð Ãóæú äóÕóÇÑóì Êöáúßó ÃóãóÇäöíøõåõãú Þõáú åóÇÊõæÇ ÈõÑúåóÇäóßõãú Åöäú ßõäÊõãú ÕóÇÏöÞöíäó ﴿111﴾ Èóáì ãóäú ÃóÓúáóãó æóÌúåóåõ áöáøåö æóåõæó ãõÍúÓöäñ Ýóáóåõ ÃóÌúÑõåõ ÚöäÏó ÑóÈøöåö æóáÇó ÎóæúÝñ Úóáóíúåöãú æóáÇó åõãú íóÍúÒóäõæäó ﴿112﴾
111. E dissero: “Non entreranno in Paradiso se non i giudei e i cristiani”. Questi sono [solo] i loro desideri. Di’: “Portate [piuttosto] la vostra prova, se siete sinceri!”
112. Certo, tutti quelli che ‘sottometteranno il proprio volto’ ad Allah e saranno probi, avranno la propria ricompensa presso il loro Signore, non avranno mai nulla da temere e non saranno mai tristi.
Il sacro Corano, in questi due versetti, ricorda un’altra delle tante assurde pretese dei giudei, questa volta accompagnati dai cristiani: «E dissero: “Non entreranno in Paradiso se non i giudei e i cristiani”»
Ma queste non sono altro che vane fantasie, falsità: «Questi sono [solo] i loro desideri. Di’: “Portate [piuttosto] la vostra prova, se siete sinceri!”»
A questo punto il sacro Corano, dopo aver dimostrato l’assurdità delle pretese giudee e cristiane, ci fa conoscere il vero criterio per stabilire se una persona merita la ricompensa divina o meno: “Certo, tutti quelli che ‘sottometteranno il proprio volto’ ad Allah e saranno probi, avranno la propria ricompensa presso il loro Signore, non avranno mai nulla da temere e non saranno mai tristi”
Insomma, il Paradiso, il premio divino, la beatitudine, la pace eterna non sono il monopolio di nessuno, spettano esclusivamente a coloro che si sottomettono completamente al volere di Allah e ubbidiscono a tutti i Suoi precetti, senza fare alcuna distinzione.
Certo, non entreranno in Paradiso se non quelli che si saranno integralmente sottomessi al volere di Allah, e avranno eseguito tutti i Suoi ordini, senza fare distinzioni. Sicuramente non vi entreranno quei giudei che hanno sempre disubbidito a Dio, e che hanno eseguito dei Suoi ordini solo quelli che tornavano a vantaggio della loro vita terrena e dei loro vili affari.
Il sacro Corano, in realtà, in questi versetti intende condannare il razzismo e il fanatismo, e smentire, una volta per tutte, le parole di tutti quelli che affermano che il Paradiso spetta solo a loro.
æóÞóÇáóÊö ÇáúíóåõæÏõ áóíúÓóÊö ÇáäøóÕóÇÑóì óÚáóì ÔóíúÁò æóÞóÇáóÊö ÇáäøóÕóÇÑóì áóíúÓóÊö ÇáúíóåõæÏõ Úóáóì ÔóíúÁò æóåõãú íóÊúáõæäó ÇáúßöÊóÇÈó ßóÐáößó ÞóÇáó ÇáøóÐöíäó áÇó íóÚúáóãõæäó ãöËúáó Þóæúáöåöãú ÝóÇááøåõ íóÍúßõãõ Èóíúäóåõãú íóæúãó ÇáúÞöíóÇãóÉö ÝöíóãÇ ßóÇäõæÇ Ýöíåö íóÎúÊóáöÝõæäó ﴿113﴾
113. I giudei dissero: “I cristiani non sono [fondati] su nulla [di vero e autentico]” e i cristiani dissero: “I giudei non sono [fondati] su nulla [di vero e autentico]”, eppure [sia gli uni che gli altri] leggono il Libro; anche quelli che non sapevano [i politeisti] dissero parole simili alle loro. Allah dunque, nel Giorno del Giudizio, giudicherà di ciò in cui dissentivano.
Alcuni esegeti del sacro Corano narrano la seguente tradizione di Bin Abbas.
Quando un gruppo di cristiani di Najraan vennero dal Messaggero d’Allah, si presentarono all’incontro anche alcuni dotti giudei. In presenza del Messaggero d’Allah scoppio una lite tra ebrei e cristiani, e il giudeo Raafi´ Bin Harmalah disse ai cristiani: “La vostra religione non è fondata su nulla”, negando altresí Gesú e il libro rivelatogli dal Signore Eccelso [l’Injîl]. Uno dei cristiani di Najraan rispose dicendo: “La religione giudea non è fondata su nulla”. In quel momento Allah rivelò il versetto [in esame], biasimando ambedue i gruppi.[153]
Nei versetti precedenti siamo venuti a conoscenza di parte delle infondate affermazioni di giudei e cristiani ricordate dal sacro Corano, il quale ricorda ora, nel versetto in esame, che il fanatismo porta l’uomo a fare affermazioni infondate, e, di conseguenza, a cadere in contrasto: «I giudei dissero: “I cristiani non sono [fondati] su nulla [di vero e autentico]” e i cristiani dissero: “I giudei non sono [fondati] su nulla [di vero e autentico]”, eppure [sia gli uni che gli altri] leggono il Libro…»
Certo, è inconcepibile che ebrei e cristiani, ambedue possessori di libro rivelato, si accusino a vicenda di non essere fondati su nulla, di seguire una falsa religione.
Il versetto continua dicendo: “…anche quelli che non sapevano [i politeisti] dissero parole simili alle loro”
Secondo questo sacro versetto la principale origine del fanatismo è l’ignoranza. In effetti, gli ignoranti si rinchiudono sempre nel loro ambiente di vita, e non accettano nulla d’altro: accettano solo la fede con la quale sono cresciuti (quand’anche non si basi che su tabú e superstizioni), negando tutto il resto.
Il versetto si conclude dicendo: “Allah dunque, nel Giorno del Giudizio, giudicherà di ciò in cui dissentivano”
Certo, in quel giorno tutte le verità si manifesteranno. Nessuno potrà negare alcuna verità, e, in tal modo, sarà impossibile dissentire. Sí, una delle caratteristiche del Giorno del Giudizio è che sarà il giorno che metterà fine a tutti i dissensi esistenti tra gli esseri umani.
æóãóäú ÃóÙúáóãõ ãöãøóäú ãóäóÚó ãóÓóÇÌöÏó Çááøåö Ãóäú íõÐúßóÑó ÝöíåóÇ ÇÓúãõåõ æóÓóÚóì Ýöí ÎóÑóÇÈöåó ÇõæúáóÆößó ãóÇ ßóÇäó áóåõãú Ãóäú íóÏúÎõáõæåó ÅöáÇøó ÎóÂÆöÝöíä áóåõãú Ýöí ÇáÏøõäúíóÇ ÎöÒúíñ æóáóåõãú Ýöí ÇáÇóÎöÑóÉö ÚóÐóÇÈñ ÚóÙöíãñ ﴿114﴾
114. E chi è piú iniquo di chi ha impedito di pronunciare nelle moschee di Allah il Suo nome e ha cercato di distruggerle. Non è dato loro di entrarvi se non timorosi. Essi avranno in questo mondo ignominia e nell’aldilà un grande castigo.
Nell’opera Asbaabu-n-nuzul leggiamo che Bin Abbas afferma: “Questo versetto si riferisce a un cristiano romano, chiamato Folotlus, e ai suoi compagni, che combatterono contro i figli d’Israele, ne imprigionarono i figli, bruciarono la Torà, distrussero la santa città di Baytu-l-maqdis…”[154]
Nel Majma´u-l-bayaan di Tabarsiyy leggiamo: “Bin Abbas afferma che gli sforzi nemici per distruggere Baytu-l-maqdis continuarono fino alla conquista di questa santa città da parte dei mussulmani”
In una tradizione del santo imam Sadiq leggiamo: “Questo versetto riguarda i Quraysh, quando impedirono al Profeta di entrare nella città santa della Mecca, nella Moschea Sacra [Masjidu-l-haram].
Esiste poi una terza ipotesi riguardo alla circostanza in cui fu rivelato il versetto in esame, e cioè che esso si riferisca ai luoghi della Mecca in cui i mussulmani pregavano, distrutti dai politeisti dopo l’Egira.[155]
A nostro parere il versetto in esame si riferisce a tutti e tre questi avvenimenti, e ognuna delle sopraccitate circostanze riflette un particolare aspetto della questione.
Da quanto abbiamo ora detto deduciamo che il versetto si rivolge a giudei, cristiani e politeisti, nonostante i precedenti versetti riguardassero maggiormente i giudei, e, a volte, anche i cristiani. In ogni caso, i giudei, tentando diabolicamente i mussulmani, volevano convincerli a pregare nella direzione della santa città di Baytu-l-maqdis, al fine di prevalere su di loro e sminuire l’importanza della Moschea Sacra e della Ka´bah[156]. I politeisti della Mecca, a loro volta, impedendo al sommo Profeta e ai mussulmani di far visita alla Ka´bah, tentavano di distruggere questo vitale centro di spiritualità. I cristiani invece, dopo aver conquistato la santa città di Baytu-l-maqdis, avevano in mente di distruggerla.
Il nobile Corano, di fronte alle minacce di questi tre gruppi e di tutti coloro che commettono empietà simili alle loro, afferma: “E chi è piú iniquo di chi ha impedito di pronunciare nelle moschee di Allah il Suo nome e ha cercato di distruggerle…”
Il sacro Corano considera questo impedimento come un gravissimo peccato, e coloro che l’hanno attuato come le piú inique persone. Certo, non esiste persona piú iniqua di colui che si sforza di distruggere la roccaforte della fede monoteista, che impedisce alla gente di ricordare il Signore Eccelso e di pronunciare il Suo sacro nome, che diffonde il politeismo e la corruzione nella società.
Il versetto continua poi dicendo: “…Non è dato loro di entrarvi se non timorosi…”
Il versetto vuol dire che i mussulmani, in tutto il mondo, hanno il dovere di opporsi con la massima decisione agli iniqui che minacciano i luoghi sacri, e impedire loro di entrarvi. È anche possibile interpretare questa frase, dicendo che quest’empia gente non riuscirà mai a impadronirsi dei santuari, dei centri spirituali nei quali i credenti pregano e prestano culto al Signore Eccelso, anzi, alla fine il loro destino sarà quello che ricorda il versetto in esame: “Non è dato loro di entrarvi se non timorosi”, che è esattamente il triste destino nel quale sono incorsi i politeisti della Mecca dei primordi dell’Islam: entravano nella Moschea Sacra di questa santa città pieni di timore.
Il versetto si conclude promettendo un terribile castigo a questi empi: “Essi avranno in questo mondo ignominia e nell’aldilà un grande castigo”
Questo è il triste destino di coloro che cercano di dividere gli uomini dal loro eccelso Signore.
Senza dubbio, il significato del versetto va oltre ai casi poc’anzi citati, e non ha limiti di tempo e di spazio, come del resto tutti gli altri versetti che sono stati rivelati dal Signore Eccelso il particolari circostanze. Ebbene, chiunque, qualsiasi gruppo cerchi, in qualsiasi modo, di distruggere le moschee divine, i centri spirituali, dove i credenti si riuniscono per pregare e prestare culto ad Allah, chiunque impedisca alla gente di ricordare e menzionare il Suo sacro nome in esse, sarà punito col terribile castigo promesso dal versetto in esame.
Si faccia attenzione che il versetto non proibisce solo la distruzione fisica delle moschee divine, non condanna solo l’infame atto di impedire alla gente di pronunciare in esse il nome del Signore Altissimo, ma esprime un precetto ben piú generale: Allah proibisce qualsiasi azione che ha come risultato l’ostacolare la gente dal frequentare le moschee, i luoghi sacri, dal pronunciare in esse il sacro nome di Allah, e le preghiere, le suppliche a Lui rivolte. A tal proposito, il sacro Corano afferma: “In verità, fanno prosperare le moschee di Allah solo coloro che credono in Allah e nel Giorno Estremo, eseguono assiduamente la preghiera e pagano la zakaah, e non temono altri che Allah. V’è dunque speranza che essi siano fra i ben guidati”[157]
In base a quanto affermano espressamente alcune tradizioni islamiche, il versetto non si limita a ordinare ai credenti di far prosperare i sacri edifici delle moschee di Allah, ma considera necessaria anche la loro frequentazione, la partecipazione alle funzioni e alle riunioni religiose che vengono organizzate in esse, che avvicinano la gente a Dio. Certo, anche questo è un modo per curare e far prosperare le moschee!
æóáöáøåö ÇáúãóÔúÑöÞõ æóÇáúãóÛúÑöÈõ ÝóÇóíúäóãÇ ÊõæóáøõæúÇ ÝóËóãøó æóÌúåõ Çááøåö Åöäøó Çááøåó æóÇÓöÚñ Úóáöíãñ ﴿115﴾
115. Ad Allah appartengono l’oriente e l’occidente, quindi, ovunque vi volgiate, ivi è il volto di Allah. In verità, Allah è immenso e sapiente.
Esistono diverse tradizioni sulla circostanza in cui fu rivelato il versetto in esame.
Bin Abbas dice che questo versetto riguarda il cambiamento della qiblah. Quando la qiblah dei mussulmani mutò dal sacro Tempio [Baytu-l-maqdis] della santa città di Baytu-l-maqdis alla sacra Ka´bah della santissima città della Mecca, i giudei iniziarono a obiettare che è impossibile che la qiblah cambi. Fu allora che Allah, rivelando il sacro versetto [in esame], rispose alle loro obiezioni: “Ad Allah appartengono l’oriente e l’occidente…”[158]
In un’altra tradizione leggiamo: “Questo versetto è stato rivelato a proposito delle preghiere mustahabb [meritorie non obbligatorie], in questo senso che quando ci si sta muovendo su una cavalcatura, è possibile eseguire preghiere mustahabb qualsiasi sia la direzione verso la quale ci si muove.[159]
In una tradizione narrata da Jaabir, leggiamo che il sommo Profeta mandò un gruppo di mussulmani in guerra. Nottetempo, nel buio, i credenti non riuscirono a trovare la qiblah, e così ogni gruppo pregò in una direzione diversa. Allo spuntare del sole s’accorsero d’aver pregato nella direzione sbagliata. Chiesero allora il da farsi, e Allah rivelò il versetto in esame, e fece capire loro che le loro preghiere erano valide lo stesso. Bisogna fare attenzione che tale precetto è regolato da precise norme e condizioni ricordate nei libri di fiqh [diritto islamico].[160]
Possiamo tranquillamente accettare tutte le sopraccitate circostanze, e affermare che il versetto riguarda tutte e tre le suddette questioni: il cambiamento di qiblah, le preghiere mustahabb eseguite sulle cavalcature, e la modalità d’esecuzione della preghiera obbligatoria nel caso in cui non si conosca la qiblah. A prescindere da ciò, è necessario sempre ricordare che nessun versetto del sacro Corano riguarda esclusivamente la circostanza nella quale è stato rivelato, ma il suo significato ha un valore generale, e spesso è possibile dedurre da un unico versetto svariati precetti.
Il versetto precedente parlava degli empi che impedivano alla gente d’entrare nelle moschee divine, di pronunciare in esse il sacro nome del Signore Eccelso, degli iniqui che cercavano di distruggerle. Il versetto che intendiamo ora commentare continua dicendo: “Ad Allah appartengono l’oriente e l’occidente…”
Certo, se gli iniqui impediscono ai credenti d’entrare nelle moschee di Allah, se cercano di distruggerle, ebbene, questo loro ignobile comportamento non può arrecare alcun danno al culto divino: ad Allah appartengono l’oriente e l’occidente, quindi, ovunque vi volgiate, ivi è il volto di Allah! Inoltre, il cambiamento della qiblah, avvenuto per particolari motivi, non ha il minimo effetto sulla validità degli atti di culto dei mussulmani: Allah non può essere considerato limitato in un particolare luogo o a un determinato tempo. Ecco perché alla fine del versetto leggiamo: “Allah è immenso e sapiente”
È necessario infine sapere che quando il versetto parla di oriente e occidente, non intende le due note direzione, ma usa questi due termini in senso metaforico per indicare l’intero mondo, e ricordare alla gente che esso appartiene al Signore Eccelso.
La prima domanda che sorge a questo punto è questa: se ovunque ci volgiamo troviamo Allah, che bisogno c’è allora di una qiblah? Come spiegheremo piú avanti, adottare una particolare qiblah, pregare in una ben determinata direzione, non significa assolutamente considerare Allah, l’Immenso, limitato in essa.
L’essere umano è un essere materiale, ed è perciò costretto a pregare in una determinata direzione. Allah ha quindi ordinato a tutti i mussulmani di pregare tutti in una particolare direzione, e ciò per unire i loro cuori ed evitare disordine.
Inoltre, la sacra Ka´bah, scelta da Allah in qualità di qiblah, è un luogo sacro, una delle piú antiche roccaforti della fede monoteista, che ricorda continuamente al fedele credente, che prega verso di essa, il principio fondamentale della fede islamica: il Tawhid.
Bisogna altresí fare attenzione che il sacro Corano, con l’espressione ‘volto d’Allah’, vuole indicare l’infinito e puro essere del Signore Eccelso.
In numerose tradizioni islamiche questo versetto viene usato per dimostrare la validità della preghiera di coloro che, erroneamente o per il fatto che non sono in grado di venire a conoscenza della qiblah, pregano in direzione diversa da quella in cui si trova la sacra Ka´bah. Questo nobile versetto è altresí la prova della validità della preghiera mustahabb compiuta su una cavalcatura. Per maggiori informazioni, consultare l’opera Wasaa’ilu-sh-shi´ah, al volume dedicato alla salaah (capitoli riguardanti la qiblah).
Si faccia ora attenzione ai seguenti tre hadith.
æóÞóÇáõæÇ ÇÊøóÎóÐó Çááøåõ æóáóÏÇð ÓõÈúÍóÇäóåõ Èóáú áóåõ ãóÇ Ýöí ÇáÓøóãóÇæÇÊö æóÇáÃóÑúÖö ßõáøñ áóåõ ÞóÇäöÊõæäó ﴿116﴾ óÈÏöíÚõ ÇáÓøóãóÇæóÇÊö æóÇáÃóÑúÖö æóÅöÐóÇ ÞóÖóì ÃóãúÑÇð ÝÅöäøóãóÇ íóÞõæáõ áóåõ ßõäú Ýóíóßõæäõ ﴿117﴾
116. E dissero: “Allah s’è preso un figlio”. Lui è sacro, immune da ogni difetto e colpa! Anzi, a Lui appartiene ciò che v’è nei cieli e sulla terra, tutti lo servono umilmente.
117. [Egli è il] creatore dei cieli e della terra e quando decreta una cosa non fa che dirgli: “Sii!” ed essa è.
Giudei, cristiani e politeisti affermano che il Signore Eccelso possiede un figlio, s’è scelto un figlio: «I giudei dicono: “Uzayr è figlio di Allah”, e i cristiani dicono: “Il Messia è figlio di Allah”. Questo è ciò che esce dalle loro bocche, che assomiglia alle parole di quelli che, prima d’ora, diventarono miscredenti. Che Allah li uccida! Come fanno a mentire?»[164]. «Dicono: “Allah S’è preso un figlio”. Puro è Lui da ogni colpa e difetto! Egli non ha alcun bisogno [di niente e nessuno]…»[165]
Il primo versetto in esame attacca gli empi che affermano che Allah ha un figlio: «Dicono: “Allah S’è preso un figlio”. Puro è Lui da ogni colpa e difetto!»
Che bisogno avrebbe Allah di avere, di prenderSi un figlio? Ha forse qualche bisogno? È limitato? Ha bisogno d’aiuto? Ha bisogno di far sopravvivere una razza, una generazione? No, poiché, come dice il versetto, l’intero universo Gli appartiene, è Sua opera: “Anzi, a Lui appartiene ciò che v’è nei cieli e sulla terra, tutti lo servono umilmente. [Egli è il] creatore dei cieli e della terra”
Che bisogno può avere di possedere un figlio un Essere che: «…quando decreta una cosa non fa che dirgli: “Sii!” ed essa è»
Questa nota espressione compare in diversi versetti del sacro Corano (II:47, II:59, VI:73, XVI:40, XIX:35, XXXVI:82 …).
Questa frase parla della volontà genetica del Creatore Sublime, e del Suo incommensurabile potere nel creare le cose.
Questa frase non significa che quando Allah vuole creare una cosa, le dice, a parole: “Sii!”, ed essa viene ad esistere, ma che è sufficiente che Egli voglia l’esistenza di una cosa, che essa viene immediatamente a esistere, sia essa piccola o grande, complicata o semplice, della misura di un atomo o grande quanto l’intero creato, senza alcun bisogno di cause intermediarie.
Per comprendere meglio quanto abbiamo ora detto, consideriamo la parola del nobile Principe dei Credenti a proposito di questa sacra frase: “Non si tratta né di un grido, che disturbi gli orecchi, né di una voce, che possa essere sentita. In verità, il Suo verbo –che puro e immune è da ogni colpa e difetto – è Suo atto, da Lui creato…”[166]
Nel Kaafi del Kolayni e nel Tawhid del Saduq, troviamo una tradizione del settimo Imam simile a questa.[167]
Tale concetto è trattato, con opportune spiegazioni, anche dal Tafsir Al-burhaan (vol. I, pag. 146).
æóÞóÇáó ÇáøóÐöíäó áÇó íóÚúáóãõæäó áóæúáÇó íõßóáøöãõäóÇ Çááøåõ Ãóæú ÊóÃúÊöíäó ÁóÇíóÉñ ßóÐáößó ÞóÇáó ÇáøóÐöíäó ãöäú ÞóÈúáöåöãú ãöËúáó Þóæúáöåöãú ÊóÔóÇÈóåóÊú ÞõáõæÈõåõãú ÞóÏú ÈóíøóäøóÇ ÇáÇóíóÇÊö áöÞóæúãò íõæÞöäõæäó﴿118﴾ ÅöäøóÇ ÃóÑúÓóáúäóÇßó ÈöÇáúÍóÞøö ÈóÔöíÑÇð æóäóÐöíÑÇð æóáÇó ÊõÓúÃóáõ Úóäú ÃóÕúÍóÇÈö ÇáúÌóÍöíãö﴿119﴾
118. E coloro che non conoscono [la verità] dicono: “Perché Allah non parla con noi? Perché non ci viene un segno [da parte Sua]?”. Lo stesso dicevano quelli che vennero prima di loro: i loro cuori si rassomigliano. In verità, Noi abbiamo reso manifesti i Segni a gente che crede fermamente.
119. Noi ti abbiamo inviato in verità, nunzio di buona novella e ammonitore, e non ti sarà chiesta ragione dei dannati [dell’Inferno].
Il sacro Corano, nei versetti precedenti, dopo aver ricordato le assurde scuse dei giudei, parla ora dei pretesti di un altro gruppo di empi: «E coloro che non conoscono [la verità] dicono: “Perché Allah non parla con noi? Perché non ci viene un segno [da parte Sua]?”»
Questi iniqui, che il sacro Verbo d’Allah ricorda con l’espressione “Coloro che non conoscono”, avevano due assurde pretese:
1. Perché Allah non ci parla direttamente?
2. Perché Allah non ci rivela un segno?
Il sacro Corano risponde a queste eresie dicendo: “Lo stesso dicevano quelli che vennero prima di loro: i loro cuori si rassomigliano. In verità, Noi abbiamo reso manifesti i Segni a gente che crede fermamente”
Se veramente il loro scopo era quello di comprendere la verità, ebbene, questi stessi versetti potevano essere per loro la migliore prova della sincerità del Profeta dell’Islam. Che bisogno c’è che Allah mostri a ognuno, separatamente, dei segni? Non è forse assurda la pretesa di parlare direttamente con il Signore Eccelso?
Troviamo un simile versetto in un altro punto del sacro Verbo d’Allah: “Ciascuno di loro vorrebbe che gli fossero dati fogli separati”[168]
In via di principio, una simile cosa, oltre a non essere assolutamente necessaria, è contraria alla saggezza del Signore Eccelso, poiché:
Il versetto successivo si rivolge al sommo Profeta, ricordandogli i suoi doveri nei confronti della gente: “Noi ti abbiamo inviato in verità, nunzio di buona novella e ammonitore…”
Certo, il santo Profeta dell’Islam aveva il dovere di trasmettere alla gente quanto il Signore Eccelso gli rivelava, ed eseguire, col permesso di Allah, miracoli per convincere la gente della sua sincerità, della natura divina della sua missione; doveva ammonire i peccatori e dare lieta novella ai probi. Ma nei confronti degli empi che lo schernivano e gli chiedevano continuamente miracoli per sfuggire, per non sottomettersi alla religione islamica, non aveva alcuna responsabilità: “…e non ti sarà chiesta ragione dei dannati [dell’Inferno]”
Il primo versetto in esame c’insegna che questi pretesti non sono una novità, e anche i popoli traviati del passato li sfruttavano per sfuggire e non sottomettersi alla verità: “I loro cuori si rassomigliano”
Ma essi sono ancora piú empi dei loro antenati, poiché dopo secoli e secoli, dopo l’invio, da parte del Signore Eccelso, di decine e decine di purissimi profeti, ripetono ancora le stesse eresie dei loro padri.
Dare lieta novella e ammonire la gente, incoraggiare al bene e mettere in guardia gli essere umani contro l’errore e in peccato, sono due fondamentali princípi educativi. È necessario sia incoraggiare l’essere umano a compiere il bene, sia ammonirlo contro il male.
Non basta infatti solo promettergli premi e meriti per le sue buone azioni, poiché in questo caso egli non avrebbe valida ragione di astenersi dal peccato, e sarebbe sicuro che in ogni caso non verrebbe punito. È altresí sbagliato fondare il proprio metodo educativo sulla punizione e sulla minaccia.
Tutte e due i suddetti metodi sono errati: l’essere umano riunisce in sé paura e speranza, ama se stesso e, allo stesso tempo, odia la morte, l’annientamento; cerca l’utile e respinge il danno.
Sono questi i motivi per i quali i santi profeti, somme guide dell’umanità, nel sacro Corano vengono spesso chiamati, nello stesso versetto, bashír (nunzi di lieta novella) e nadhír (ammonitori), questi due aggettivi compaiono, nel Verbo d’Allah, sempre insieme, e, nella maggior parte dei casi bashír precede nadhír: la grazia del Signore Eccelso precede il Suo castigo!
æóáóäú ÊóÑúÖóì Úóäßó ÇáúíóåõæÏõ æóáÇó ÇáäøóÕóÇÑóì ÍóÊøóì ÊóÊøóÈöÚó ãöáøóÊóåõãú Þõáú Åöäøó åõÏóì Çááøåö åõæó ÇáúåõÏóì æóáóÆöäö ÇÊøóÈóÚúÊó ÃóåúæóÇÁóåõã ÈóÚúÏó ÇáøóÐöí ÌóÂÁóßó ãöäó ÇáúÚöáúãö ãóÇ áóßó ãöäó Çááøåö ãöäú æóáöíøò æóáÇó äóÕöíÑò ﴿120﴾ ÇáøóÐöíäó ÁóÇÊóíúäóÇåõãõ ÇáúßöÊóÇÈó íóÊúáõæäóåõ ÍóÞøó ÊöáÇóæóÊöåö ÇõæáÆößó íõÄúãöäõæäó Èöåö æóãóäú íóßúÝõÑú Èöåö ÝóÇõæáÆößó åõãõ ÇáúÎóÇÓöÑõæäó﴿121﴾
120. E i giudei non si compiaceranno mai di te e nemmeno i cristiani, finché non seguirai la loro religione. Di’: “È la guida di Allah, la [vera] guida”. E se dopo il sapere che ti è giunto, dovessi seguire le loro passioni, non troverai né amici né soccorritori contro Allah.
121. Quelli a cui abbiamo dato il Libro e che lo leggono come si deve, sono gli stessi che credono in esso, e coloro che lo negano, quelli sono i perdenti.