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Il sacro Corano in questo nobile versetto ricorda un altro dei preziosi doni fatti dal Signore Eccelso ai figli d’Israele, e cioè, l’averli liberati dalla gente del tiranno Faraone: “E [rammentate] quando vi liberammo dalla gente del Faraone, che, continuamente, vi infliggeva le peggiori torture: tagliavano la testa ai vostri figli maschi e lasciavano vive le vostre donne. In ciò v’era una grande prova [mandatavi] dal vostro Signore”
Il sacro Verbo d’Allah, in questo nobile versetto, intende, in particolare, descrivere in modo preciso il male fatto dalla crudele gente del malvagio Faraone, e a tal proposito usa il verbo ‘yasumuna’, che esprime continua tortura: davanti ai loro occhi, quegli empi tagliavano la testa ai loro figli, e si prendevano le loro figlie per farne delle schiave. Inoltre, dovevano subire anche terribili torture sulla propria pelle, ed erano costretti a servire, in qualità di schiavi, i Copti e la gente del Faraone.
La cosa importante è che il sacro Corano considera tutte queste vicissitudini come una dura e grande prova per i figli d’Israele. Infatti, uno dei significati della parola “ balaa’ ” è ‘prova’.
È anche possibile che nel versetto in esame la parola “ balaa’ ” significhi ‘castigo’. Infatti, i figli d’Israele prima di cadere nel giogo del crudele Faraone, erano molto potenti e ricchi, ma non furono riconoscenti al Signore Eccelso, e furono cosí colpiti dalla Sua ira.
In ogni caso, il giorno della liberazione del popolo giudeo dalle grinfie dell’empio Faraone, dev’essere considerato un importante giorno della storia umana, ricordato piú volte dal nobile Corano.
Nel versetto in esame il sacro Corano condanna indirettamente la schiavitù delle donne: “…tagliavano la testa ai vostri figli maschi e lasciavano vive le vostre donne…”
In generale, l’Islam dà un’immensa importanza alla libertà umana, e ordina all’uomo di non sottomettersi mai a nessuno all’infuori del Signore Eccelso.
A tal proposito, il santo Alí (A) disse: “Per voi, essere vivi e soggiogati è morte, e morire per conquistare la libertà è vita”[143]
Purtroppo anche nel mondo odierno la donna è costretta a subire violenze e soprusi, anche se in modo diverso, con metodi differenti. La donna d’oggi è sfruttata e resa schiava da un gruppo di empi corrotti, che per soddisfare le loro passioni e la propria sete di soldi e di potere, sono capaci di commettere ogni sorta di crimine. Possiamo dunque affermare con certezza che i faraoni dell’epoca attuale sono piú tiranni, sanguinari e malvagi di quelli del passato.
Ma perché il crudele Faraone uccideva i figli maschi dei giudei e lasciava in vita le loro donne? Alcuni esegeti del sacro Corano affermano che questo comportamento derivava da un sogno fatto dal malvagio Faraone. Una piú precisa risposta a questa domanda sarà data, a Dio piacendo, nel commento del quarto versetto della ventottesima sura del sacro Corano, nel quale sapremo che l’empio atto del Faraone non era dovuto solo al sogno da lui fatto, ma anche al timore che egli aveva dei giudei, di una loro possibile ascesa al potere.
æóÅöÐú ÝóÑóÞúäóÇ Èößõãõ ÇáúÈóÍúÑó ÝóÇóäúÌóíúäóÇßõãú æóÃóÛúÑóÞúäóÂ ÁóÇáó ÝöÑúÚóæúäó æóÃóäúÊõãú ÊóäúÙõÑõæäó ﴿50﴾
50. E di quando dividemmo il mare [dinanzi] a voi, salvandovi e facendo annegare la gente del Faraone davanti ai vostri occhi.
Questo versetto spiega il modo in cui Allah salvò i giudei dalle grinfie del tiranno Faraone: “E di quando dividemmo il mare [dinanzi] a voi, salvandovi e facendo annegare la gente del Faraone davanti ai vostri occhi”
La vicenda dell’annegamento del malvagio Faraone e della liberazione dei figli d’Israele è stata narrata in piú sure del sacro Corano: VII:136; VIII:54; XVII:103; XXVI:63-66; XLIII:55; XLIV: 17 e 24.
In queste sure sono state esposte quasi tutte le vicende di questo storico avvenimento, mentre il versetto in esame accenna solamente alla questione, per ricordare loro quanta grazia hanno ricevuto dal Signore dei Mondi, e indurli cosí ad accettare la sacra e salvante religione islamica.
Nel commento alle sopraccitate sure, verremo a conoscenza dei particolari di questo importante avvenimento. Anticipiamo qui una breve e concisa narrazione dei fatti. Il santo profeta Mosè, dopo una larga opera di diffusione della religione d’Allah, dopo i ripetuti inviti alla verità rivolti al malvagio Faraone e alla sua crudele gente, dopo aver mostrato loro diversi tipi di miracoli, e dopo il loro totale rifiuto, ebbene, questo nobile profeta ricevette dal Signore Eccelso l’ordine di abbandonare, nel cuore della notte, con tutta la sua gente, l’Egitto. Ma quando arrivarono nei pressi del mare, s’accorsero che il Faraone e la sua malvagia gente li stavano inseguendo. Furono cosí colti dal panico: davanti a loro il mare e dietro di loro la selvaggia e crudele armata del Faraone! In questo difficile momento, Mosè ricevette l’ordine di colpire il mare con la sua verga, e cosí facendo s’aprirono dinanzi ai figli d’Israele numerose vie nel cuore del mare, attraverso le quali riuscirono a sfuggire ai crudeli inseguitori. Ma quando l’armata nemica cercò d’attraversare il mare, come avevano fatto i giudei, fu inghiottita dalle sue acque, e perí.
I corpi degli empi uomini del Faraone vennero a galla, e i giudei videro coi loro occhi come Iddio distrusse i loro e i Suoi nemici.
L’iniziale stato di terrore e di panico dei giudei, e il successivo miracolo che li salvò da una fine certa, erano due eccezionali esperienze per indurli a essere grati al Signore Eccelso. Allah vuole far loro comprendere che dopo tutta la grazia che ha loro concesso, si sono dimostrati profondamente ingrati rifiutando l’invito del Suo nobile messaggero Muhammad (S).
Questo versetto dà anche un’importante lezione a tutti gli esseri umani, ci insegna cioè a risolvere le nostre difficoltà, anche le piú difficili, confidando semplicemente in Allah, l’Onnipotente.
æóÅöÐú æóÇÚóÏúäóÇ ãõæÓóì ÃóÑúÈóÚöíäó áóíúáóÉð Ëõãøó ÇÊøóÎóÐúÊõãõ ÇáúÚöÌúáó ãöäú ÈóÚúÏöåö æóÃóäúÊõãú ÙóÇáöãõæäó ﴿51﴾ Ëãøó ÚóÝóæúäóÇ Úóäúßõãú ãöäú ÈóÚúÏö Ðóáößó áóÚóáøóßõãú ÊóÔúßõÑõæäó ﴿52﴾ æóÅöÐú ÁóÇÊóíúäóÇ ãõæÓóì ÇáúßöÊóÇÈó æóÇáúÝõÑúÞóÇäó áóÚóáøóßõãú ÊóåúÊóÏõæäó ﴿53﴾ æÅöÐú ÞóÇáó ãõæÓóì áöÞóæúãöåö íóÇÞóæúãö Åöäøóßõãú ÙóáóãúÊõãú ÃóäúÝõÓóßõãú ÈöÇÊøöÎóÇÐößõãõ ÇáúÚöÌúáó ÝóÊõæÈõæÇ Åöáóì ÈóÇÑöÆößõãú ÝóÇÞúÊõáõæÇ ÃóäúÝõÓóßõãú Ðóáößõãú ÎóíúÑñ áóßõãú ÚöäúÏó ÈóÇÑöÆößõãú ÝóÊóÇÈó Úóáóíúßõãú Åöäøóåõ åõæó ÇáúÊøóæøóÇÈõ ÇáúÑøóÍöíãõ ﴿54﴾
51. E [ricordate] quando convenimmo con Mosè quaranta notti, e dopo [che] lui [vi lasciò] prendeste [come divinità] il vitello, comportandovi da iniqui.
52. Dopodiché vi perdonammo nella speranza che [Ci] ringraziaste.
53. E di quando demmo a Mosè il Libro e il Furgàn [ciò che distingue il vero dal falso] nella speranza che trovaste la retta via.
54. E quando Mosè disse al suo popolo: “O popolo mio, avete fatto torto a voi stessi prendendovi [come divinità] il vitello. Pentitevi allora e uccidetevi: ciò è meglio per voi presso il vostro Creatore”. Allah vi ha quindi perdonati: in verità, Egli è il Clementissimo, il Benevolo.
Il sacro Corano in questi quattro versetti narra un’altra parte della storia dei figli d’Israele, raccontando sconvolgenti vicende.
Questi versetti parlano della piú grande deviazione di tutta la storia giudea: essi, a un certo punto della propria esistenza, si allontanarono dalla fede monoteista, fabbricarono un vitello d’oro e iniziarono a adorarlo. Il sacro Corano ricorda loro questa somma deviazione dalla religione del Vero, per indurli ad accettare l’invito del sommo profeta Muhammad, ed evitare loro una nuova deviazione dalla verità.
Ebbene, il sacro Verbo d’Allah dice: “E [ricordate] quando convenimmo con Mosè quaranta notti, e dopo [che] egli [vi lasciò] prendeste [come divinità] il vitello, comportandovi da iniqui”
Questa vicenda sarà spiegata dettagliatamente nel commento della settima sura del sacro Corano, dal versetto 142 in poi, e in quello della ventesima sura, dal versetto 86 in poi. Anticipiamo qui una breve e concisa narrazione dei fatti. Dopo la liberazione del popolo giudeo e la distruzione del potere faraonico, Mosè ricevette da Allah l’ordine di recarsi per un periodo di trenta notti al Monte Sinai, per ricevere le tavole della Torà. Allah, per mettere alla prova i giudei, prolungò la permanenza di Mosè sul Sinai di altre dieci sere. Saameri, che apparteneva al popolo giudeo, ed era un uomo assai furbo e intrigante, approfittando della situazione, usando gli ori e i gioielli che erano rimasti ai giudei dall’epoca del Faraone, fabbricò un vitello d’oro che emetteva un suono speciale, e invitò i figli d’Israele a adorarlo. La maggior parte dei giudei accettarono il suo invito, lo seguirono, e iniziarono a adorare il Vitello d’Oro. Aronne, vicario e fratello di Mosè, e la minoranza dei giudei, rimasero fedeli alla religione monoteistica portata dal santo Mosè, e si rifiutarono di adorare il Vitello. Non riuscirono però a dissuadere gli altri giudei, che tentarono anche di uccidere il santo Aronne. Mosè, al ritorno dal Monte Sinai, venuto a conoscenza di quello che era accaduto, s’arrabbio fortemente e li biasimò duramente. I deviati, accortisi della gravità del peccato che avevano commesso, decisero di pentirsi, e, a tal proposito, Mosè, da parte del Signore Eccelso, propose loro il grande pentimento, del quale parlano i successivi versetti.
Nei versetti successivi, il Signore Eccelso dice: “Dopodiché vi perdonammo nella speranza che [Ci] ringraziaste. E di quando demmo a Mosè il Libro e il Furgàn [ciò che distingue il vero dal falso] nella speranza che trovaste la retta via. E quando Mosè disse al suo popolo: “O popolo mio, avete fatto torto a voi stessi prendendovi [come divinità] il vitello. Pentitevi allora e uccidetevi: ciò è meglio per voi presso il vostro Creatore”. Allah vi ha quindi perdonati: in verità, Egli è il Clementissimo, il Benevolo”
Bisogna sapere che quando il sacro Corano dice “…uccidetevi…”, vuole dire che i buoni credenti che si erano astenuti dall’adorare il Vitello d’Oro, avevano il dovere d’uccidere i giudei che avevano abbandonato la retta via per adorare il suddetto idolo.
È infine bene meditare attentamente sulla frase “…avete fatto torto a voi stessi…”. L’Islam considera ogni peccato commesso dall’individuo, come un torto che egli fa a se stesso, in quanto l’effetto che ha il peccato sul peccatore è di disonorarlo dinanzi a Dio e alle Sue creature, e di allontanarlo dalla Sua grazia.
æóÅöÐú ÞõáúÊõãú íóÇ ãõæÓóì áóäú äõÄúãöäó áóßó ÍóÊøóì äóÑóì Çááøåó ÌóåúÑóÉð ÝóÇóÎóÐóÊúßõãõ ÇáÕøóÇÚöÞóÉõ æóÃóäúÊõãú ÊóäúÙõÑõæäó ﴿55﴾ Ëõãøó ÈóÚóËúäóÇßõãú ãöäú ÈóÚúÏö ãóæúÊößõãú áóÚóáøóßõãú ÊóÔúßõÑõæäó ﴿56﴾
55. E quando diceste: “O Mosè, noi non ti crederemo finché non avremo chiaramente visto Allah”. Foste allora colpiti dalla folgore mentre stavate guardando.
56. E poi, morti, vi risuscitammo nella speranza che [Ci] foste riconoscenti.
Questi due sacri versetti parlano di un altro dei grandi doni concessi dal Signore Eccelso ai figli d’Israele. Descrivono inoltre la proverbiale testardaggine e ostinatezza di questo traviato popolo, e il duro castigo con il quale il Signore Eccelso li puní.
Il primo versetto dice: “E quando diceste: ‘O Mosè, noi non ti crederemo finché non avremo chiaramente visto Allah’”
È possibile che essi abbiano fatto questa strana richiesta perché ignari del fatto che Allah non può essere visto. In effetti, la comprensione delle persone di scarsa intelligenza e poca cultura, non va oltre il mondo sensibile, ed essi pretendono, addirittura, di vedere il Creatore dei Mondi.
È anche possibile che alla base di questa loro assurda richiesta ci sia la loro proverbiale ostinatezza, che sempre li ha contraddistinti.
In ogni caso, questi stolti dissero esplicitamente al santo profeta Mosè (A) che non gli avrebbero prestato fede finché non avessero chiaramente visto Allah.
A questo punto non v’era altra soluzione che presentare loro una delle creature del Signore Eccelso che essi non avevano la capacità di vedere, per far loro comprendere che non sono nemmeno in grado di vedere tutte le creature divine, figuriamoci il loro Creatore. Scese dunque una tremenda folgore, che colpí una monte. L’accecante luce, il terrificante tuono, e il violento sisma che ne derivò, li terrorizzò al punto che caddero tutti a terra senza vita.
Mosè rimase profondamente addolorato da questo fatto. La morte di settanta capi giudei era un ottimo pretesto per i sobillatori per molestare e ostacolare questo santo messaggero d’Allah. Chiese perciò al Signore Eccelso di resuscitarli, ed Egli esaudí questa sua preghiera: “E poi, morti, vi risuscitammo nella speranza che [Ci] foste riconoscenti”
Ciò che in forma concisa è stato raccontato da questi due nobili versetti, è espresso con maggiori dettagli nella quarta (versetto 153) e nella settima sura (versetto 155) del sacro Corano. Questa vicenda è anche narrata dalla Bibbia.
Questa storia mette in evidenza le enormi difficoltà che un profeta deve affrontare nell’invitare alla verità la gente ignorante, la quale, a volte, vuole da loro difficili miracoli, e a volte, arriva a chiedere l’assurdo, come, ad esempio, vedere Allah.
È bene poi sapere che alcuni nemici del santo profeta Muhammad (S) fecero la stessa stupida richiesta a questo nobile messaggero d’Allah (Corano IV:153; XVII:90-96).
Questo versetto è inoltre una valida prova della possibilità del ritorno alla vita: “E poi, morti, vi risuscitammo nella speranza che [Ci] foste riconoscenti”
æóÙóáøóáúäóÇ Úóáóíúßõãõ ÇáúÛóãóÇãó æóÃóäúÒóáúäóÇ Úóáóíúßõãõ Çáúãóäøó æóÇáÓøóáúæóì ßõáõæÇ ãöäú ØóíøöÈóÇÊö ãóÇ ÑóÒóÞúäóÇßõãú æóãóÇ ÙóáóãõæäóÇ æóáóßöäú ßóÇäõæÇ ÃóäúÝõÓóåõã íóÙúáöãõæäó ﴿57﴾
57. E stendemmo su di voi l’ombra delle nuvole, facemmo discendere su voi la manna e le quaglie [e dicemmo]: “Mangiate delle buone cose che vi abbiamo destinato”. Ed essi non fecero torto a Noi, facevano bensí ingiustizia a sé stessi.
Da quanto è possibile dedurre dai versetti numero 20, 21 e 22 della quinta sura del sacro Corano, dopo la liberazione dei giudei, Allah ordinò loro di dirigersi verso la santa terra di Palestina, e di stabilirsi in essa. Tuttavia, i figli d’Israele disubbidirono e dissero che finché gli iniqui (gli Amaaliqah) che abitavano quella santa terra non l’avessero lasciata, essi non v’avrebbero messo piede[144]. Essi ebbero addirittura il coraggio di dire al santo Mosè: “Vai tu con il tuo Signore, e [insieme] combattete [contro di loro]. Noi resteremo qui seduti [in attesa]”[145]
Mosè rimase profondamente addolorato da queste parole, e invocò il Signore Eccelso, il Quale decretò, per i figli d’Israele, una permanenza di quarant’anni, in istato di smarrimento, nell’arido deserto del Sinai.
Un gruppo di giudei si pentirono profondamente del proprio comportamento, e invocarono il perdono d’Allah, il Quale concesse nuovamente i Suoi doni al popolo di Mosè: “E stendemmo su di voi l’ombra delle nuvole, facemmo discendere su voi la manna e le quaglie [e dicemmo]: ‘Mangiate delle buone cose che vi abbiamo destinato’”
Ma nemmeno questa volta i giudei si dimostrarono grati nei confronti del Signore Eccelso. Questa ingratitudine non danneggiava Mosè e il suo Signore, recava bensí danno solo a loro stessi: “Ed essi non fecero torto a Noi, facevano bensí ingiustizia a sé stessi”
æóÅöÐú ÞõáúäóÇ ÇÏúÎõáõæÇ åóÐöåö ÇáúÞóÑúíóÉó ÝóßõáõæúÇ ãöäúåóÇ ÍóíúËõ ÔöÆúÊõãú ÑóÛóÏÇð æóÇÏúÎõáõæÇ ÇáúÈóÇÈó ÓõÌøóÏÇð æóÞõæáõæÇ ÍöØøóÉñ äóÛúÝöÑú áóßõãú ÎóØóÇíóÇßõãú æóÓóäóÒöíÏõ ÇáúãõÍúÓöäöíäó ﴿58﴾ ÝóÈóÏøóáó ÇáøóÐöíäó ÙóáóãõæÇ ÞóæúáÇð ÛóíúÑó ÇáøóÐöí Þöíáó áóåõãú ÝóÇóäúÒóáúäóÇ Úóáóì ÇáøóÐöíäó ÙóáóãõæÇ ÑöÌúÒÇð ãöäó ÇáÓøóãóÂÁö ÈöãóÇ ßóÇäõæÇ íóÝúÓõÞõæäó ﴿59﴾
58. E quando dicemmo: “Entrate in questa città [Città Santa] e mangiate da essa, da dove volete, in abbondanza. Fate ingresso dalla porta prosternati e dite: ‘Perdona i nostri peccati’, e Noi ve li perdoneremo”. E presto aumenteremo [la ricompensa de] i pii.
59. Ma coloro che fecero ingiustizia alterarono ciò che era stato loro detto; facemmo allora discendere dal cielo un duro castigo su coloro che fecero ingiustizia per [punire] la loro disubbidienza.
Inizia qui la narrazione di un altro capitolo della vita dei figli d’Israele: il loro ingresso in Terra Santa.
Il primo versetto dice: «E quando dicemmo: “Entrate in questa città [Città Santa] e mangiate da essa, da dove volete, in abbondanza. Fate ingresso dalla porta prosternati e dite: ‘Perdona i nostri peccati’, e Noi ve li perdoneremo”. E presto aumenteremo [la ricompensa de] i pii»
La parola ‘qariyah’, da noi tradotta col termine ‘città’, indica ogni centro abitato, a prescindere dalle sue dimensioni. Qui indica la Città Santa.
Bisogna fare attenzione che la parola ‘hittah’, da noi tradotta con l’espressione ‘perdona i nostri peccati’, nel lessico arabo, significa ‘far cadere’. In effetti, quanto il peccatore dice: “Hittah!”, vuole in realtà dire: “O mio Signore, fai cadere i miei peccati!”
Il Signore Eccelso, per perdonare i loro peccati, ha ordinato loro di dire, con pura intenzione, questa significativa parola. È forse questa la ragione per cui una delle porte della Città Santa si chiama Baabu-l-hittah. Ciò è confermato dalle seguenti parole di Abu Hayyaan l’Andaluso: “Il termine Al-baab [la Porta] nel sopraccitato versetto indica una delle porte della Città Santa, nota col nome di Baabu-l-hittah”[146]
Il sacro versetto si conclude con la significativa frase: “…E presto aumenteremo [la ricompensa de] i pii”
Ma come sempre, alcuni giudei, si rifiutarono d’ubbidire ai comandamenti divini, arrivando addirittura a schernirli, dicendo indegne parole al posto di quelle che avevano il dovere di dire per ricevere il perdono divino: “Ma coloro che fecero ingiustizia alterarono ciò che era stato loro detto…”. Fu per questo loro empio atto che discese su di loro un altro duro castigo: “…facemmo allora discendere dal cielo un duro castigo su coloro che fecero ingiustizia per [punire] la loro disubbidienza”
æóÅöÐö ÇÓúÊóÓúÞóì ãõæÓóì áöÞóæúãöåö ÝóÞõáúäóÇ ÇÖúÑöÈú ÈöÚóÕóÇßó ÇáúÍóÌóÑó ÝóÇäúÝóÌóÑóÊú ãöäúåõ ÇËúäóÊóÇ ÚóÔúÑóÉó ÚóíúäÇð ÞóÏú Úóáöãó ßõáøõ ÇõäóÇÓò ãóÔúÑóÈóåõãú ßõáõæÇ æóÇÔúÑóÈõæÇ ãöäú ÑöÒúÞö Çááøåö æóáÇó ÊóÚúËóæúÇ Ýöí ÇáÃÑúÖö ãõÝúÓöÏöíäó ﴿60﴾
60. E quando Mosè chiese acqua per il suo popolo, dicemmo: “Batti quella pietra con la tua verga” e ne sgorgarono allora dodici sorgenti; ogni tribú conobbe [allora] il luogo dal quale doveva bere. Mangiate e bevete del sostentamento d’Allah e non portate corruzione sulla terra.
Anche questo versetto parla dell’immensa grazia divina della quale hanno goduto i giudei: “E quando Mosè chiese acqua per il suo popolo, dicemmo: ‘Batti quella pietra con la tua verga’ e ne sgorgarono allora dodici sorgenti; ogni tribú conobbe [allora] il luogo dal quale doveva bere…”
Riguardo al tipo di pietra sulla quale batté Mosè, su come la colpí, e sul modo in cui sgorgò l’acqua dalle sorgenti, s’è detto e scritto molto. Il sacro Corano, a tal proposito, dice solo che Mosè batté con la sua verga su una pietra, e da essa sgorgarono dodici sorgenti, in numero pari alle tribú che componevano il popolo giudeo. Questa vicenda è narrata anche dalla Bibbia.
Il Signore Eccelso dono quindi loro del cibo, la manna e le quaglie, e dell’acqua in abbondanza, e disse loro: “Mangiate e bevete del sostentamento d’Allah, e non portate corruzione sulla terra”
In realtà, Allah vuole loro ricordare, che in segno di riconoscenza per tutti i doni che hanno da Lui ricevuto, dovrebbero almeno astenersi dal molestare il sommo profeta Muhammad (S).
æóÅöÐú ÞõáúÊõãú íóÇ ãõæÓóì áóäú äóÕúÈöÑó Úóáóì ØóÚóÇãò æóÇÍöÏò ÝóÇÏúÚõ áóäóÇ ÑóÈøóßó íõÎúÑöÌú áóäóÇ ãöãøóÇ ÊõäúÈöÊõ ÇáÃóÑúÖõ ãöäú ÈóÞúáöåóÇ æóÞöËøóÂÆöåóÇ æóÝõæãöåóÇ æóÚóÏóÓöåóÇ æóÈóÕóáöåóÇ ÞóÇáó ÃóÊóÓúÊóÈúÏöáõæäó ÇáøóÐöí åõæó ÃóÏúäóì ÈöÇáøóÐöí åõæó ÎóíúÑñ ÇåúÈöØõæÇ ãöÕúÑÇð ÝóÅöäøó áóßõãú ãóÇ ÓóÇóáúÊõãú æóÖõÑöÈóÊú Úóáóíúåöãõ ÇáÐøöáøóÉõ æóÇáúãóÓúßóäóÉõ æóÈÂÁõæÇ ÈöÛóÖóÈò ãöäó Çááøåö Ðóáößó ÈöÃäøóåõãú ßóÇäõæÇ íóßúÝõÑõæäó ÈöÇóíóÇÊö Çááøåö æóíóÞúÊõáõæäó ÇáäøóÈöíøöíäó ÈöÛóíúÑö ÇáúÍóÞøö Ðóáößó ÈöãóÇ ÚóÕóæÇú æóßóÇäõæÇ íóÚúÊóÏõæäó ﴿61﴾
61. E quando diceste: “O Mosè, non possiamo piú tollerare un unico cibo! Invoca dunque per noi il tuo Signore, che ci faccia uscire di ciò che fa crescere la terra, delle sue verdure, dei suoi cetrioli, del suo grano, delle sue lenticchie e delle sue cipolle”. Disse [allora Mosè]: “Volete forse scambiare il meglio con il peggio? Scendete in una città in cui troverete ciò che volete”. Furono allora colpiti dall’abiezione e dalla miseria, e incorsero nell’ira di Allah: negavano i segni di Allah e uccidevano ingiustamente i Profeti, e questo perché si erano ribellati e trasgredivano [la legge divina].
Continuando la narrazione inerente agli innumerevoli doni fatti dal Signore Eccelso ai figli d’Israele, il versetto in esame ricorda l’ennesimo atto d’ingratitudine dei giudei nei confronti di Allah, dimostrando ancora una volta l’incredibile empietà e ostinatezza di questo maledetto popolo: «E quando diceste: “O Mosè, non possiamo piú tollerare un unico cibo! Invoca dunque per noi il tuo Signore, che ci faccia uscire di ciò che fa crescere la terra, delle sue verdure, dei suoi cetrioli, del suo grano, delle sue lenticchie e delle sue cipolle”. Disse [allora Mosè]: “Volete forse scambiare il meglio con il peggio? Scendete in una città in cui troverete ciò che volete”. Furono allora colpiti dall’abiezione e dalla miseria, e incorsero nell’ira di Allah: negavano i segni di Allah e uccidevano ingiustamente i Profeti, e questo perché si erano ribellati e trasgredivano [la legge divina]»
Da questo sacro versetto è possibile dedurre che i giudei caddero in abiezione per due fondamentali motivi:
i. per aver disubbidito ad Allah, ed essersi allontanati dalla fede monoteista;
ii. per avere ucciso i Suoi messaggeri.
Questa indifferenza nei confronti della legge divina, o meglio di ogni forma di legge umana, caratteristica che i giudei hanno anche nella nostra epoca, sta alla base dell’abiezione del popolo ebreo.
Åöäøó ÇáøóÐöíäó ÁóÇãóäõæÇ æóÇáøóÐöíäó åóÇÏõæÇ æóÇáäøóÕóÇÑóì æóÇáÕøóÇÈöÆöíäó ãóäú ÁóÇãóäó ÈöÇááøåö æóÇáúíóæúãö ÇáÇóÎöÑö æóÚóãöáó ÕóÇáöÍÇð Ýóáóåõãú ÃóÌúÑõåõãú ÚöäÏó ÑóÈøöåöãú æóáÇ ÎóæúÝñ Úóáóíúåöãú æóáÇ åõãú íóÍúÒóäõæäó ﴿62﴾
62. Coloro che hanno prestato fede, i giudei, i cristiani e i sabei, quelli [di loro] che credono in Allah e nell’Ultimo Giorno e compiono buone azioni, hanno la propria ricompensa presso il loro Signore; non avranno nulla da temere e non saranno mai tristi.
In questo versetto il sacro Corano interrompe la narrazione delle vicende inerenti alla storia del popolo giudeo, per presentare una legge generale, un metodo, una via sicura per raggiungere la salvezza e la beatitudine. Questo versetto c’insegna che, per il Signore Eccelso, ciò che conta è la pura fede, sono le rette azioni: “Coloro che hanno prestato fede, i giudei, i cristiani e i sabei, quelli [di loro] che credono in Allah e nell’Ultimo Giorno e compiono buone azioni, hanno la propria ricompensa presso il loro Signore…”
Ebbene: “…non avranno nulla da temere e non saranno mai tristi”
Nella quinta sura, versetto 69, e nella ventiduesima, versetto 17, troviamo due versetti molto simili a questo, praticamente con lo stesso testo.
L’esame dei sacri versetti che vengono dopo il sopraccitato versetto 69 della quinta sura, mette in luce il fatto che giudei e cristiani si vantavano del loro credo, considerandolo superiore a tutti gli altri; essi dicevano che solo loro sarebbero andati in Paradiso, e forse anche alcuni mussulmani avevano una simile mentalità. Il versetto in esame confuta decisamente questa errata tesi: la fede esteriore, soprattutto quando non è accompagnata da rette azioni, non vale niente, a prescindere dal fatto che a possederla sia un mussulmano, un giudeo, un cristiano o un qualsiasi altro seguace di una delle religioni rivelate. Solo la fede reale, quella interiore, accompagnata da rette azioni, ha valore presso Allah, ed è in grado di salvare l’uomo, di donargli l’eterna beatitudine.
Quanto invece all’identità dei sabei, il celebre dotto Raaghib, nella sua celebre opera Al-mufradaat, dice: “Essi erano un gruppo di seguaci di Noè (A), e la ragione per cui il sacro Corano li nomina accanto a giudei e cristiani, è che essi erano persone credenti e seguaci di una delle religioni rivelate, credevano in Dio e nel giudizio universale”
Il fatto che alcuni li considerino politeisti, astrolatri, e altri zoroastriani, non è corretto, poiché i sabei affermano che la prima sacra scrittura è stata rivelata a Adamo, e le altre, in ordine cronologico, a Noè, Saam, Raam, Abramo, Mosè e Yahyaa [Giovanni], figlio del santo profeta Zaccaria.
La parola ‘gente del Libro’ (ahlu-l-Kitaab) compare in piú di trenta versetti del sacro Corano, e nella maggior parte dei casi indica giudei e cristiani, o solo giudei o cristiani.
Fu chiesto al sommo Profeta: “Quanti libri ha rivelato Allah?”. Egli rispose: “Centoquattro: dieci a Adamo, cinquanta a Shayth, trenta a Idris, che fu il primo a scrivere con la penna, dieci ad Abramo, e, oltre a questi, la Torà, l’Injil [il libro rivelato al santo Gesú], lo Zabur [rivelato al nobile profeta Davide], e il Furqaan [il sacro Corano]”[147]
æóÅöÐú ÃóÎóÐúäóÇ ãöíËóÇÞóßõãú æóÑóÝóÚúäóÇ ÝóæúÞóßõãõ ÇáØøõæÑó ÎõÐõæÇ ãó ÁóÇÊóíúäóÇßõãú ÈöÞõæøóÉò æóÇÐúßõÑõæÇ ãóÇ Ýöíåö áóÚóáøóßõãú ÊóÊøóÞõæäó ﴿63﴾ Ëõãøó ÊóæóáøóíúÊõãú ãöäú ÈóÚúÏö Ðóáößó ÝóáóæúáÇ ÝóÖúáõ Çááøåö Úóáóíúßõãú æóÑóÍúãóÊõåõ áóßõäúÊõãú ãöäó ÇáúÎóÇÓöÑöíäó ﴿64﴾
63. E [ricordatevi] di quando stringemmo con voi il patto ed elevammo su di voi il monte Tur [Sinai]. Prendete con tutta forza quel [libro] che vi abbiamo dato e rammentate ciò che v’è in esso, forse [in tal modo] diventerete timorati [di Allah].
64. Ma poi volgeste le spalle e se non ci fosse stata la grazia di Allah su di voi e la Sua misericordia, sareste sicuramente diventati dei perdenti.
Questi versetti ricordano il patto tra Allah e i giudei (in base al quale essi dovevano rispettare i comandamenti contenuti nella Torà), e la violazione di questo sacro patto da parte loro: “E [ricordatevi] di quando stringemmo con voi il patto ed elevammo su di voi il monte Tur [Sinai]. Prendete con tutta forza quel [libro] che vi abbiamo dato e rammentate ciò che v’è in esso, forse [in tal modo] diventerete timorati [di Allah]. Ma poi volgeste le spalle e se non ci fosse stata la grazia di Allah su di voi e la Sua misericordia, sareste sicuramente diventati dei perdenti”
In questo versetto, il termine ‘patto’ [mithaaq] ha lo stesso significato di quello da esso assunto nei versetti 40, 83 e 84 di questa stessa sura. Questo patto richiedeva ai figli d’Israele la fede nel Dio Unico, ordinava loro di fare del bene ai genitori, ai parenti, agli orfani, agli indigenti, di dire buone parole, eseguire con assiduità la preghiera, pagare la zakàh [decima], astenersi dal versare il sangue della gente innocente. Questi precetti sono contenuti anche nella Torà.
Dal dodicesimo versetto della quinta sura del sacro Corano, deduciamo anche che i figli d’Israele avevano promesso al Signore Eccelso di prestare fede a tutti i Suoi inviati e di sostenerli, e di fare l’elemosina. Alla fine del sopraccitato versetto, Allah, in cambio del rispetto di questo patto, promette ai giudei il Paradiso.
Il grande esegeta coranico, il defunto Tabarsi, narra che Bin Zayd disse: «Quando Mosè tornò dal Monte Sinai, portando con sé la Torà, disse al suo popolo: “Ho portato un libro celeste contenente dei precetti religiosi, che Dio ha stabilito per voi. Prendetelo e mettetene in pratica i comandamenti!”. I giudei, con la scusa che i precetti portati da Mosè erano troppo difficili da rispettare, decisero di disubbidire, di non sottomettersi. Fu allora che Iddio ordinò ai Suoi angeli di elevare sopra di loro un immenso pezzo del Monte Sinai. Mosè disse allora: “Se accetterete il patto, ubbidirete ai precetti divini, e vi pentirete di avere disubbidito, non sarete puniti, in caso contrario, perirete tutti”. Essi si sottomisero tutti, accettarono la Torà, e si prosternarono dinanzi ad Allah, temendo continuamente la caduta dell’immensa roccia staccatasi dal Sinai. Ma grazie al loro pentimento, non vennero colpiti da questo terribile castigo»[148]
È necessario ricordare che alcuni esegeti del sacro Corano sostengono che, per ordine divino, il Monte Sinai si staccò da terra e si dispose, al pari di un tetto, sopra le loro teste. I giudei conoscevano perfettamente questa storia, poiché l’avevano letta nella Torà.
æóáóÞóÏú ÚóáöãúÊõãõ ÇáøóÐöíäó ÇÚúÊóÏóæúÇ ãöäúßõãú Ýöí ÇáÓøóÈúÊö ÝóÞõáúäóÇ áóåõãú ßõæäõæÇ ÞöÑóÏóÉð ÎóÇÓöÆöíäó ﴿65﴾ ÝóÌóÚóáúäóÇåóÇ äóßóÇáÇð áöãóÇ Èóíúäó íóÏóíúåóÇ æóãóÇ ÎóáúÝóåóÇ æóãóæúÚöÙóÉð áöáúãõÊøóÞöíäó ﴿66﴾
65. Avete invero saputo [il destino] di quelli di voi che trasgredirono di sabato, ai quali dicemmo: “Siate scimmie reiette!”
66. Ne facemmo [di quella punizione] una lezione per i presenti e per i posteri, e un insegnamento per i timorati [di Allah].