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COMMENTO

LA TAWBAH (PENTIMENTO) DI ADAMO (A)

Dopo le suddette vicende, il santo profeta Adamo (A) s’accorse d’aver fatto torto a se stesso, d’aver perso la vita tranquilla e i preziosi beni del Paradiso, e che da quel momento in poi avrebbe dovuto vivere in un mondo pieno di difficoltà. Fu cosí che pensò di riparare, e si rivolse cosí, con tutta l’anima, al suo Signore, il Quale gli riconcesse la Sua grazia: “Adamo imparò allora dal suo Signore [determinate] parole. Allah [con la Sua misericordia] si volse quindi a lui e accettò il suo pentimento: in verità, Egli è il Clementissimo, il Benevolo”

Tawbah (pentimento), letteralmente, significa ritornare, e nell’accezione coranica questo termine significa abbandonare il peccato e ritornare ad Allah. Questo significato riguarda la persona che ha peccato, ma a volte questo termine viene riferito a Dio stesso (At-tawwaab), assumendo il significato di “ritorno alla grazia e alla misericordia”, ossia Allah il Sublime ridona alla creatura la grazia che gli aveva tolto a causa del peccato dal quale s’è pentito.

Bisogna inoltre osservare che la tawbah non consiste solo in una preghiera verbale, ma dev’essere fondamentalmente un radicale cambiamento comportamentale, capace di purificare la vita dell’individuo e di rimetterlo sulla retta via del Signore Eccelso. La tawbah richiede un forte sforzo interiore, e si realizza solo perseverando nel proposito di non ripetere piú i peccati dai quali ci si è pentiti.

Il sacro Corano continua ricordandoci che nonostante Adamo (A) si fosse pentito, egli non poteva evitare le insite conseguenze dell’atto che aveva compiuto: “Dicemmo: “Scendete tutti da esso! Se mai vi giungerà da parte Mia una guida [sul retto sentiero], [sappiate che] quelli che seguiranno la Mia guida non avranno nulla da temere e mai diventeranno tristi. E coloro che sono diventati miscredenti e hanno tacciato di menzogna i Miei segni, essi, sono la ‘gente del Fuoco’ [i dannati], nel quale rimarranno in eterno”

QUALI ERANO LE PAROLE CHE ALLAH INSEGNÒ AL NOBILE ADAMO?

Gli esegeti del sacro Corano discordano su quali fossero le parole che Adamo (A) imparò dal Signore Eccelso. Il sano intelletto ci dice che sicuramente non si trattava di semplici suppliche, di ordinarie preghiere, ma di speciali e straordinarie parole. È noto che queste parole sono le stesse che troviamo nel XXIII versetto della sura Al’a°raaf (VII): “[Adamo ed Eva] dissero: ‘O nostro Signore, abbiamo fatto torto a noi stessi, e se non ci perdoni e non hai misericordia di noi, saremo sicuramente dei perdenti”

Alcuni esegeti sostengono invece che le parole in questione sono le seguenti: “O Allah, non v’è altra divinità all’infuori di Te. Tu sei immune da qualsiasi colpa e difetto. Lode a Te. In verità, io ho fatto torto a me steso, perdonami dunque: Tu sei il migliore dei perdonatori”. A volte, al posto dell’ultima farse troviamo “…abbi misericordia di me: Tu sei il migliore dei misericordiosi”, oppure “…concedimi grazia e accetta il mio pentimento: Tu sei clementissimo e benevolo”

Nel sacro Corano troviamo simili espressioni a proposito dei nobili profeti Yunus (A) e Mosè (A). Il santo Yunus chiede perdono al Signore Eccelso dicendo: “Puro e immune sei Tu da qualsiasi peccato e colpa! In verità, io appartengo a coloro che hanno fatto ingiustizia [a se stessi]”[120]. Il santo Mosè (A) dice invece: “Disse: ‘O Signore, ho fatto ingiustizia a me stesso, perdonami dunque!”, e allora [Dio] lo perdonò”[121]

In diverse tradizioni dell’Ahlulbayt, leggiamo: “Le parole che Dio insegnò a Adamo, erano i nomi delle piú nobili creature di Dio: Muhammad, Alí, Fatima, Hassan, Hussain [la pace e la benedizione di Allah sia su di loro]. Adamo (A), attraverso queste [sacre] parole, chiese perdono a Dio, il Quale lo perdonò”

Le tre interpretazioni sopraccitate non sono in contrasto tra di loro, poiché è possibile che il Signore Eccelso abbia insegnato a Adamo (A) l’insieme di queste parole, considerando le profonde verità contenute in esse, per suscitare in lui una completa rivoluzione interna, e poterlo in tal modo perdonare.

VERSETTO 40

íóÇ Èóäöí ÅöÓúÑóÂÆöíáó ÇÐúßõÑõæÇ äöÚúãóÊöíó ÇáøóÊöí ÃóäúÚóãúÊõ Úóáóíúßõãú æóÃóæúÝõæÇ ÈöÚóåúÏöí ÇõæÝö ÈöÚóåúÏößõãú æóÅöíøóÇíó ÝóÇÑúåóÈõæäö ﴿40﴾

40.       O figli d’Israele [Giacobbe], ricordate i favori che vi ho concesso, rispettate il Mio Patto, affinché Io rispetti il vostro, e temete solo Me.

COMMENTO

È NECESSARIO RICORDARE SEMPRE I DONI DI DIO

Le vicende della liberazione da parte del Signore Eccelso dei figli d’Israele dall’oppressione del Faraone e della sua gente, dell’elezione di questo popolo, della rottura del patto che avevano stretto con Dio, e della punizione che ricevettero per questo, assomigliano molto alle vicende di Adamo, anzi sono un caso particolare di quello stesso principio generale. Il Signore Eccelso, nel versetto in questione, e in decine di altri versetti successivi, ricorda alcune importanti vicende della vita, della storia dei figli d’Israele, per completare l’insegnamento iniziato ricordando alcune vicende della nobile vita del santo profeta Adamo (la pace di Allah sia su di lui).

Allah, rivolgendosi ai figli d’Israele, afferma: “O figli d’Israele [Giacobbe], ricordate i favori che vi ho concesso, rispettate il Mio Patto, affinché Io rispetti il vostro, e temete solo Me”

In realtà, questi tre ordini divini (ricordare i doni divini, rispettare il patto stretto con Dio, e avere timore del Signore Eccelso), costituiscono la base di tutti i programmi divini.

Il ricordo dei Suoi doni invita l’essere umano alla Sua conoscenza, e risveglia in lui il senso di gratitudine. La consapevolezza che questi doni non vengono concessi in modo incondizionato, ma che accanto a essi v’è un patto, responsabilizza poi l’uomo e gli ricorda i suoi doveri. Dopodiché, il non temere nessuno all’infuori di Dio, nell’esecuzione dei propri compiti, fortifica l’individuo e toglie di mezzo qualsiasi ostacolo, permettendogli di rispettare il patto stretto con Dio e di eseguire nel migliore dei modi i propri doveri. In effetti, tra gli importanti ostacoli che non permettono all’uomo di adempiere i suoi doveri vi sono le paure e i timori di fattori e cause che non possono arrecare all’uomo alcun reale danno. È bene ricordare che i figli d’Israele furono per molti anni dominati e oppressi dalla tirannia del Faraone, e la paura era diventata parte della loro esistenza.

I GIUDEI A MEDINA

In base a quanto affermano alcuni esperti di storia del Corano, la Sura del Bovino è la prima delle sure che il Signore Eccelso rivelò a Medina, e buona parte di essa parla dei giudei.

A Medina i giudei erano i piú conosciuti componenti della gente del Libro (ahlu-l-kitaab). Essi, in base alle profezie delle loro scritture, erano, da molti anni, in attesa del nobile avvento del santo profeta Muhammad (S), e ne davano agli altri la lieta novella. Dal punto di vista economico erano ricchi e benestanti, ed erano molto influenti a Medina.

Tuttavia, con l’avvento dell’Islam, che ostacolava i loro affari illeciti, s’opponeva alle loro deviazioni, e combatteva la loro prepotenza, non solo non accettarono il salvante invito di questa pura e sacra religione, ma intrapresero, in modo palese e nascosto, un’accanita lotta contro di essa, lotta che continua tuttora, dopo ben quattordici secoli.

Il sopraccitato versetto, insieme a quelli che lo seguono, che biasimano fortemente i giudei, e, ricordando in modo preciso gli eventi importanti della loro storia, tenta di scuoterli e svegliarli. Questi versetti sono inoltre un utile insegnamento per gli stessi mussulmani.

A Dio piacendo, nei prossimi versetti tratteremo parte delle interessanti e ammaestranti vicende della storia dei figli d’Israele: la loro liberazione dalle grinfie del Faraone, il miracolo della divisione delle acque del mare, l’annegamento del Faraone e dei suoi uomini, la missione di Mosè sul monte Sinai, il vitello d’oro, l’idolo fabbricato dai giudei, durante l’attesa del ritorno di Mosè dal Monte Sinai, il sanguinoso pentimento ordinato da Dio, la discesa di speciali doni divini sui figli d’Israele.

I DODICI PATTI TRA ALLAH E I GIUDEI!

Da quanto è possibile dedurre dai versetti del sacro Corano, Allah, l’Altissimo, ha stretto con i figli d’Israele, ben dodici patti, riguardanti l’adorazione del Dio Unico, il rispetto dei genitori, dei parenti, degl’orfani e degl’indigenti, l’essere gentili con il prossimo, l’eseguire assiduamente la preghiera, il pagamento della zakàh, l’astensione dal sopruso, dalla violenza e dall’omicidio.

A tal proposito il nobile Corano afferma: “E [ricordate ancora] quando stringemmo il patto con i figli d’Israele [dicendo]: “Non adorate altri che Allah, fate del bene ai genitori, ai parenti, agli orfani e agli indigenti; dite alla gente parole gentili, eseguite assiduamente la preghiera e pagate la zakàh”. Ma dopo, eccetto pochi di voi, voltaste [tutti] le spalle [a questi precetti] mentre eravate ritrosi [ad accettare la verità]. E di quando stringemmo con voi  il patto [dicendo]: “Non spargetevi il sangue [a vicenda] e non scacciatevi l’un l’altro dalle vostre case”. Accettaste dunque e voi [stessi ne] siete testimoni”[122]

In realtà, questi due versetti si riferiscono a dieci diversi patti tra il Signore Eccelso e i giudei: “In verità, Allah accettò il Patto dei Figli di Israele e suscitò da loro dodici capi. Allah disse: ‘In verità, Io sarò con voi, purché eseguiate la preghiera e paghiate la zakàh e crediate nei Miei messaggeri, li aiutiate…”[123]; quanto invece agli altri due sopraccitati patti (avere fede nei messaggeri d’Allah e aiutarli), possono essere citati da esso.

Concludiamo dunque che i figli d’Israele, in cambio degl’innumerevoli doni concessi loro da Allah, hanno stretto molti patti con Lui, Gli hanno fatto molte promesse. A loro era stato promesso, in cambio della fedeltà a questi patti, un’eterna vita nel Paradiso di Allah: “In verità, li faremo sicuramente entrare in paradisi sotto i quali scorrono i ruscelli”

Purtroppo però, essi hanno mancato a tutte le promesse, hanno rotto ogni patto (e continuano tuttora a comportarsi in questo modo), e, di conseguenza, si sono dispersi, hanno perso tutte le loro forze, e fino a quando continueranno a non rispettare i patti divini, le cose rimarranno cosí.

ALLAH RISPETTA SEMPRE I PATTI

I doni divini non vengono mai concessi in modo incondizionato. Accanto a ogni dono divino v’è sempre una condizione, una responsabilità. In una tradizione, il santo imam Sàdiq (A) afferma che quando Allah dice: “Rispettate il vostro Patto”, sottintende: “Affinché Io rispetti il Mio e vi porti in Paradiso”[124]

In questo stesso hadith la fede nella wilaayah di Alí è stata considerata parte di questo patto. Questo non deve stupire, in quanto una delle fondamentali parti del Patto è quella inerente ai Profeti d’Allah: bisogna avere fede nella loro sacra missione e sostenerli, aiutarli. Sappiamo inoltre che è altresí necessario accettare la continuazione della wilaayah dei profeti, accettando, in ogni epoca, quella dei loro vicari.

Inoltre, la frase: “…e temete solo Me”, mette in evidenza il fatto che nel tenere fede al patto d’Allah, nell’ubbidire ai Suoi comandamenti, non bisogna aver paura di niente e nessuno all’infuori di Lui.

PERCHÉ I GIUDEI VENGONO CHIAMATI ANCHE FIGLI D’ISRAELE

Israele è uno dei nomi del santo profeta Giacobbe, padre del nobile profeta Yusuf [Giuseppe]. Il celebre esegeta del sacro Corano, Tabarsí, nel suo prezioso tafsir, il Majma´u-l-bayaan (vol. 1, pag. 92), e lo Shaykh Tusi, nel suo tafsir, il Tibiyaan (vol. 1, pag. 180), scrivono: “Israele è Giacobbe, figlio d’Isacco, figlio d’Abramo…”. Essi dicono inoltre che la prima parte di questo nome, ‘isra’ significa ‘servo’, mentre la seconda, ‘él’, vuol dire ‘Dio’, e quindi la parola Israele, dovrebbe significare Servo di Dio.

VERSETTI 41-43

æÁÇãöäõæúÇ Èöãó ÃóäúÒóáúÊõ ãõÕóÏøöÞÇð áöãóÇ ãóÚóßõãú æóáÇó ÊóßõæäõæÇ Ãóæøóáó ßóÇÝöÑò Èöåö æóáÇó ÊóÔúÊóÑõæÇ ÈöÇóíóÇÊöí ËóãóäÇð ÞóáöíáÇð æÅöíøóÇíó ÝóÇÊøóÞõæäö ﴿41﴾ æóáÇó ÊóáúÈöÓõæÇ ÇáúÍóÞøó ÈöÇáúÈóÇØöáö æóÊóßúÊõãõæÇ ÇáúÍóÞøó æóÃóäúÊõãú ÊóÚúáóãõæäó ﴿42﴾ æóÃóÞöíãõæÇ ÇáúÕøóáÇóÉó æÁóÇÊõæÇ ÇáúÒøóßóÇÉó æóÇÑúßóÚõæÇ ãóÚó ÇáúÑøóÇßöÚöíäó ﴿43﴾

41.       E credete in ciò che ho fatto discendere [il Corano], che conferma ciò che è presso di voi [la Torà], e non siate i primi a negarlo; non barattate i Miei segni per poco prezzo e temete solo Me.

42.       Non confondete il vero col falso e non nascondete la verità mentre voi [ben la] conoscete.

43.       Eseguite assiduamente la preghiera, pagate la zakàh e inchinatevi insieme a coloro che si inchinano.

COMMENTO

“E credete in ciò che ho fatto discendere [il Corano], che conferma ciò che è presso di voi [la Torà]…”

Allah, in questo sacro versetto coranico, ordina ai Giudei di credere nel sacro Corano e attestarne l’origine divina, poiché ciò equivale a credere nella Torà, e attestarne l’origine divina. Questo versetto ricorda ai giudei che nella Torà è stata data la lieta novella della venuta sommo profeta Muhammad (S), e della rivelazione del sacro Corano, quindi credere nella Torà e attestarne l’origine divina, implica necessariamente credere nel Corano e attestarne l’origine divina.

“…e non siate i primi a negarlo…”

È vergognoso e gravissimo che voi che appartenete alla gente del Libro [ahlu-l-Kitaab], voi che siete sapienti, che avete prestato fede a Dio, ai Profeti, siate ora i primi a negare il sacro Corano. Guai a voi, se gli altri seguiranno il vostro esempio, e arriveranno a negare l’origina divina del nobile Corano.

“…non barattate i Miei segni per poco prezzo…”

In alcune tradizioni leggiamo che i dotti giudei vendevano ai loro capi le informazioni e descrizioni inerenti al sommo profeta Muhammad (S) contenute nella Torà, e, sempre per soldi, alteravano questa sacra scrittura. Allah, in questo versetto, vieta loro questo indegno e vile atto, li biasima per questo loro abietto comportamento. Nonostante il prezzo per il quale barattavano i versetti della Torà fosse elevato, se confrontato con la gravità del peccato da loro commesso, risulta veramente insignificante. Se poi per ‘poco prezzo’ s’intende la conquista del potere (come sostengono alcuni esegeti), anche questo prezzo è niente se confrontato con la gravità del peccato che ne deriva.

“Non confondete il vero col falso e non nascondete la verità mentre voi [ben la] conoscete”

Questo versetto intende ribadire ciò che afferma quello precedente. Rivolgendosi infatti ai dotti giudei, dice loro di non coprire la verità col falso, di non nascondere alla gente i versetti della Torà che parlano del sommo profeta Muhammad.

“Eseguite assiduamente la preghiera, pagate la zakàh…”

Dopo la fede in Allah, nel Suo Messaggero, e nella Risurrezione, la preghiera [salàh] e la zakàh, sono i due pilastri della fede islamica. Il sacro Corano e le tradizioni islamiche dedicano un largo spazio a questi due fondamentali precetti divini.

VERSETTO 44

ÃóÊóÃúãõÑõæäó ÇáúäøóÇÓó ÈöÇáúÈöÑøö æóÊóäúÓóæúäó ÃóäúÝõÓóßõãú æóÃóäúÊõãú ÊóÊúáõæäó ÇáúßöÊóÇÈó ÃóÝóáÇó ÊóÚúÞöáõæäó ﴿44﴾

44.       Ordinate alla gente [di compiere] il bene e dimenticate voi stessi, mentre pur leggete il Libro [la Torà]? Non ragionate dunque?

COMMENTO

Questo versetto biasima ancora i giudei, i cui dotti, ancora prima della comparsa dell’Islam, ne annunciavano alla gente il futuro avvento. Essi ordinavano inoltre alla gente di fare l’elemosina agli indigenti, di aiutarsi e farsi vicendevolmente del bene, senza però mettere in pratica loro stessi tutto ciò.

In realtà, questo sacro versetto si rivolge a tutte quelle persone che invitano la gente al bene senza però praticarlo. Non è infatti ragionevole che un individuo inviti gli altri al bene e alla carità, ma sia malvagia e avara; ecco perché alla fine del versetto leggiamo: “Non ragionate dunque?”. L’individuo deve prima indurre se stesso al bene, alle rette azioni, affinché gli altri prendano esempio da lui; solo allora le sue parole avranno effetto. L’esperienza dimostra infatti che la parola che esce dalla bocca, non oltrepassa l’orecchio, mentre se esce dal cuore entra direttamente nel cuore.

VERSETTI 45 E 46

æóÇÓúÊóÚöíäõæúÇ ÈöÇáÕøóÈúÑö æóÇáÕøóáÇóÉö æóÅöäøóåóÇ áóßóÈöíÑóÉñ ÅöáÇøó Úóáóì ÇáúÎóÇÔöÚöíäó ﴿45﴾ ÇáøóÐöíäó íóÙõäøõæäó Ãóäøóåõã ãõáÇóÞõæÇ ÑóÈøöåöãú æóÇóäøóåõãú Åöáóíúåö ÑóÇÌöÚõæäó﴿46﴾

45.       Cercate aiuto nella pazienza e nella preghiera; ciò è invero cosa gravosa, ma non per i sottomessi [ad Allah],

46.       gli stessi che sono certi del fatto che incontreranno il loro Signore e a Lui ritorneranno.

COMMENTO

LA VIA DELLA SALVEZZA

Affinché l’essere umano riesca a vincere le sue passioni e i suoi desideri animali, riesca a cacciare dal proprio cuore la voglia di soldi e di potere, questo versetto prescrive: “Cercate aiuto nella pazienza e nella preghiera; ciò è invero cosa gravosa, ma non per i sottomessi [ad Allah]”

Per vincere e soggiogare le difficoltà bisogna ricorrere a due fondamentali cose: una interna all’essere umano e l’altra esterna a esso. I due sopraccitati versetti parlano di tali fondamenti, chiamandoli ‘sabr’ [pazienza] e ‘salaah’ [preghiera, orazione]. Con sabr s’intende fare digiuno, resistere, perseverare e portare pazienza dinanzi alle difficoltà. Con salaah s’intende invece instaurare un solido rapporto con il Signore Eccelso, attraverso particolari atti, tramite uno speciale rito, che è appunto la preghiera islamica, la salaah.

Un tafsir, riguardo al termine ‘sabr’, afferma: “Esso è un fenomeno naturale e conosciuto. Ogni persona intelligente e saggia comprende che la ‘riyaadhah’ [tirocinio] fisica, nell’educazione spirituale e fisica dell’individuo, è necessaria nella misura delle sue capacità corporali, in quantità tale da salvarlo dalle selvagge passioni animali, dai desideri e dalle passioni di questo mondo materiale… È perciò necessario innalzare questo fenomeno ai sublimi gradi del dominio del ruh [spirito]. Una religione avente solo una serie di riti, che offre al fedele solo un certo numero di suppliche e preghiere verbali, o atti esteriori, senza mirare al controllo pratico degli istinti animali insiti nell’essere umano, è priva di valore. La realtà della forza spirituale che l’individuo trae dalle proprie forse interne, è un problema assai esteso, che il versetto in esame tratta in forma compendiata”

È poi utile, riguardo al significato assunto dal termine ‘sabr’ in questo nobile versetto, fare attenzione al seguente hadith del santo imam Sadiq: “[In questo versetto] ‘sabr’ significa ‘saum’ [digiuno islamico]”[125]

I grandi esegeti del sacro Corano, nel commentare questo nobile versetto, narrano che il sommo Profeta, ogni volta che incontrava difficoltà che lo intristivano, cercava aiuto nella preghiera e nel digiuno[126], e lo stesso faceva il Principe dei Credenti, Alí[127].

Si narra inoltre che il nobile imam Sadiq (A) disse: “Quando uno di voi è afflitto da un dolore mondano, che faccia un wudhu’ [abluzione rituale], vada in moschea, e preghi e invochi Allah. Non hai forse sentito Allah l’Altissimo dire: ‘Cercate aiuto nella pazienza e nella preghiera’[128]

Certo, la preghiera è capace di mettere l’essere umano in relazione con l’Onnipotente, è capace di risolvere ogni suo problema, di donargli forza e calma per superare qualsiasi ostacolo.

Nel versetto successivo, il sacro Corano presenta i sottomessi ad Allah nel seguente modo: “Gli stessi che sono certi del fatto che incontreranno il loro Signore e a Lui ritorneranno”

In un hadith del Principe dei Credenti, Alí (A), leggiamo che uno degli attributi dei sottomessi ad Allah, che non sono altro che i veri credenti, è la certezza del liqaa’Allah [incontro d’Allah], che si realizzerà nell’aldilà.[129]

COS’È IL LIQAA’ALLAH

Il termine liqaa’Allah compare diverse volte nel sacro Corano, sempre col significato di “incontro del Signore Eccelso” nel Giorno del Giudizio Universale. È ovvio che per “incontro” non intendiamo quello sensibile, materiale, come l’incontro di due esseri umani: Iddio non ha né corpo né luogo né tempo, e non può essere percepito con nessuno dei cinque sensi. Con “incontro d’Allah” intendiamo, come sostengono alcuni esegeti del santo Corano, il vedere, nel Giorno del Giudizio, gli effetti e i segni dell’onnipotenza e della magnificenza divina, la Sua ricompensa, il Suo castigo, il Paradiso, l’Inferno. Altri commentatori sostengono invece che il liqaa’Allah è una sorta d’incontro spirituale. L’essere umano, a volte, raggiunge infatti elevate stazioni spirituali, nelle quali è come se vedesse, con l’occhio del cuore, il Signore Eccelso, e in quello stato scompare ogni suo dubbio riguardo a Lui.

Alcuni individui riescono, in questa vita, attraverso una tenace opera di purificazione dell’anima, a raggiungere le suddette stazioni spirituali. A tal proposito, il Nahju-l-balaaghah afferma: “Uno dei dotti amici di Alí (A), Di´bil Al-yamaaniyy, chiese a questo nobile imam: ‘Hai forse visto il tuo Dio?’, e l’Imam rispose: ‘Dovrei forse adorare ciò che non vedo?’. Quando poi chiese maggiori spiegazioni, il santo imam Alí disse: ‘Gli occhi non Lo possono vedere, riescono invece a vederLo i cuori attraverso la verità della fede’”[130]

È bene infine sapere che tutti avranno questo incontro spirituale nel Giorno del Giudizio, poiché, in esso, i segni della maestà e della potenza divina saranno cosí palesi che ogni empio cieco potrà vederli e acquistare assoluta certezza.

VERSETTI 47 E 48

íóÇ Èóäöí ÅöÓúÑÂÆöíáó ÇÐúßõÑõæÇ äöÚúãóÊöíó ÇáøóÊöí ÃóäúÚóãúÊõ Úóáóíúßõãú æóÃóäøöí ÝóÖøóáúÊõßõãú Úóáóì ÇáúÚóÇáóãöíäó ﴿47﴾æóÇÊøóÞõæÇ íóæúãÇð áÇó ÊóÌúÒöí äóÝúÓñ Úóäú äóÝúÓò ÔóíúÆÇð æóáÇ íõÞúÈóáõ ãöäúåóÇ ÔóÝóÇÚóÉñ æóáÇó íõÄúÎóÐõ ãöäúåóÇ ÚóÏúáñ æóáÇó åõãú íõäúÕóÑõæäó ﴿48﴾

47.       O figli d’Israele, rammentate i favori che vi ho concesso, ricordate che vi resi superiori agli uomini [di quell’epoca].

48.       E temete il giorno in cui nessuno potrà fare nulla per gli altri, in cui non sarà accolta l’intercessione di alcuno e non sarà accettato da nessuno alcun equivalente [con il quale possa riscattarsi]. Essi non saranno aiutati.

COMMENTO

I VANI PENSIERI DEI GIUDEI

In questi versetti, il Signore Eccelso si rivolge di nuovo ai figli d’Israele, e ricorda loro i doni divini che hanno ricevuto: “O figli d’Israele, rammentate i favori che vi ho concesso…”

Questi doni sono assai estesi: guida sulla retta via, fede, salvezza dalle grinfie del Faraone, e ritorno all’indipendenza e alla gloria.

Poi, tra i molti doni, il Signore Eccelso ricorda loro di averli resi superiori alle altre genti, che rinchiude in sé doni di diverso tipo: “Ricordate che vi resi superiori agli uomini [di quell’epoca]”

Alcuni potrebbero pensare che la frase “…vi resi superiori agli uomini” significhi che Allah ha reso i figli d’Israele superiori a tutti i popoli del mondo, e in tutte le epoche. Tuttavia, considerando gli altri versetti del sacro Corano, si comprende chiaramente che la loro superiorità riguardava gli uomini della loro epoca. Il sacro Corano, in un altro versetto, afferma infatti: “[O Mussulmani,] voi siete il miglior popolo che sia mai stato suscitato per gli uomini…”[131]

In un altro versetto, a proposito dei figli d’Israele, leggiamo: “E abbiamo fatto, del popolo che era oppresso, l’erede degli orienti e degli occidenti della terra…”[132]

È evidente che i figli d’Israele, in quell’epoca, non sono diventati gli eredi di tutta la terra, concludiamo dunque che hanno ereditato gli orienti e gli occidenti della zona in cui vivevano e non dell’intero mondo mondo. Perciò la loro superiorità sugli uomini, era relativa alle persone di quel particolare ambiente.

Nel versetto successivo, il sacro Corano annulla i vani pensieri, le assurde fantasie dei giudei. Essi credevano infatti che siccome i loro padri, i loro antenati erano profeti, questi avrebbero, dinanzi a Dio, interceduto per loro, oppure pensavano di poter trovare un riscatto per le proprie colpe, come, nella vita terrena, usavano il denaro per corrompere le persone e salvarsi.

Ebbene, il sacro Verbo d’Allah afferma: “E temete il giorno in cui nessuno potrà fare nulla per gli altri, in cui non sarà accolta l’intercessione di alcuno e non sarà accettato da nessuno alcun equivalente [con il quale possa riscattarsi]. Essi non saranno aiutati”

In quel giorno l’unico a giudicare e decidere le sorti delle creature sarà il Signore Eccelso, il Quale accetterà solo le rette azioni e i cuori puri: “Il Giorno in cui non gioveranno né ricchezze né figli [maschi], eccetto chi verrà ad Allah con cuore sano”[133]

In questo mondo per salvare le persone che hanno commesso qualche reato, si usano diversi mezzi: a volte accade che a scontare la pena è un’altra persona, diversa da quella che ha commesso il reato, e se questo metodo dovesse rivelarsi inefficace, si ricorre all’intercessione, intervenendo presso una persona potente in favore del colpevole, e se nemmeno l’intercessione dovesse rivelarsi efficace, si cerca di riscattare il trasgressore spendendo beni e denaro, oppure di sfruttare le conoscenze e le parentele.

Questi sono i metodi usati normalmente in questo mondo per sfuggire a una pena, per salvare un trasgressore, un colpevole dalla giustizia. Il sacro Corano c’insegna però che i principi che regolano la giustizia e le punizioni del Giorno del Giudizio sono completamente diverse da quelli dell’aldiquà, e i sopraccitati mezzi, i suddetti metodi sono completamente inefficaci in esso. Ci si può salvare solo rifugiandosi nella fede, nel timor di Allah, e nella grazia, nella clemenza del Signore Misericordioso.

LA SHAFAAºAH [INTERCESSIONE] NEL SACRO CORANO E NEGLI HADITH

Il termine shafaaºah, intercessione, contando tutte le sue derivazioni, compare nel nobile Corano ben trenta volte, il che ne dimostra l’importanza.

Senza dubbio le punizioni divine, in questo mondo e nell’aldilà, non vengono inflitte per vendetta, ma per giustizia, e, di conseguenza, allo scopo di portare l’essere umano alla completezza, alla perfezione. È dunque necessario tenersi lontano da qualsiasi cosa che vada contro questi sacri scopi, affinché la gente non osi trasgredire la legge di Allah.

Non è inoltre giusto chiudere del tutto le porte del pentimento dinanzi ai peccatori, è bensí necessario dare loro la possibilità di riparare e correggersi, di ritornare a Dio, alla rettitudine. I santi Profeti, gl’immacolati Imam, e, in generale, i veri probi, nel Giorno del Giudizio, intercederanno a favore di coloro che non hanno distrutto completamente la propria fede, che hanno mantenuto il proprio rapporto spirituale con il Signore dei Mondi e con i Suoi profeti.

Dunque, la shafaaºah è un valido mezzo a disposizione dei peccatori per correggersi, che li incoraggia a pentirsi e riparare.

Abbiamo in precedenza detto che nel sacro Corano ci sono molti versetti a proposito della shafaaºah. È possibile trarre una giusta conclusione da questi versetti solo dopo averli esaminati tutti attentamente.

È infatti assai errato trarre conclusioni sulla shafaaºah basandosi unicamente su alcuni di questi versetti, ignorando gli altri. Gli errori che si commettono a proposito della shafaaºah e di altre questioni razionali, derivano da simili analisi incomplete. In generale, è assai sbagliato considerare un versetto e trascurarne altri che sono in grado di interpretarlo o d’indicarci la sua giusta interpretazione.

È poi importante sapere che possono fare shafaaºah solamente particolari persone (profeti, imam, probi credenti), e solo ed esclusivamente con il permesso di Allah.

“L’intercessione, presso di Lui, non è utile, eccetto per colui al quale [Egli] lo avrà permesso…”[134]

“Coloro che essi invocano all’infuori di Lui, non hanno alcun potere di intercessione, eccetto coloro che avranno testimoniato la verità conoscendola pienamente”[135]

Altri versetti riguardanti la shafaaºah sono: XXVI:100; II:123; LXXIV:48; XXVIII:28; XIX:87.

Esistono poi molte tradizioni islamiche, e numerosi libri sciiti e sunniti che parlano della shafaaºah, spiegando e commentando i versetti che parlano di questo importante argomento. Alcuni di questi libri sono il Bihaaru-l’anwaar, il Majma´u-l-bayaan, il Tafsiru-l-mizaan, l’Al-burhaan Fi Tafsiri-l-quraan, il Tafsiru-t-tibiyaan, l’Al-khisaal del Saduq, il Sunanu di Bin Maajah, il Musnad di Ahmad, il Muwatta’ di Maalik, il Sunan di Tirmizhiyy, il Sunan di Daaramiyy, il Sahih di Muslim, il Sahih di Bukhaariyy.

Citiamo, a titolo d’esempio, alcuni hadith narrati dai sopraccitati libri.

  1. Il sommo profeta Muhammad (S) disse: “Io sarò il primo a intercedere, e il primo la cui intercessione sarà accettata da Allah”[136]
  2. Il sommo imam Alí (A) disse: “Noi abbiamo un’intercessione, e anche i nostri amici ne hanno una”[137]
  3. Il santo Profeta disse: “Il Signore Eccelso m’ha concesso cinque vantaggi, uno dei quali è l’intercessione, che ho riservato al mio popolo, e che riguarda solo coloro che non avranno associato pari ad Allah”[138]
  4. Il nobile Messaggero d’Allah disse: “Nel Giorno del Giudizio, i piú beati per la mia intercessione saranno coloro che avranno detto con pura intenzione, dal profondo del cuore o dell’anima, ‘laa ilaaha illa-Llaah’ [non v’è altra divinità all’infuori di Allah]”[139]
  5. Il Profeta disse: “La mia intercessione riguarda ogni mussulmano”[140]
  6. Il Messaggero d’Allah disse: “Gli intercessori [del Giorno del Giudizio] sono cinque: il Corano, il vincolo di sangue, la [cosa data in] custodia, il Profeta e la Famiglia del Profeta”[141]
  7. L’imam Sadiq disse: “Non v’è nessuno tra i Primi e gli Ultimi che non abbia bisogno dell’intercessione di Muhammad nel Giorno del Giudizio”
  8. L’imam Sadiq disse: “Chiunque desidera godere dell’intercessione degli intercessori dinanzi ad Allah, deve conquistarsi il consenso divino…”[142]

VERSETTO 49

æóÅöÐú äóÌøóíúäóÇßõãú ãöäú ÁóÇáö ÝöÑúÚóæúäó íóÓõæãõæäóßõãú ÓõæÁó ÇáúÚóÐóÇÈö íõÐóÈøöÍõæäó ÃóÈúäóÂÁóßõãú æóíóÓúÊóÍúíõæäó äöÓóÂÁóßõãú æóÝöí Ðóáößõãú ÈóáÂÁñ ãöäú ÑóÈøößõãú ÚóÙöíãñ ﴿49﴾

49.       E [rammentate] quando vi liberammo dalla gente del Faraone, che, continuamente, vi infliggeva le peggiori torture: tagliavano la testa ai vostri figli maschi e lasciavano vive le vostre donne. In ciò v’era una grande prova [mandatavi] dal vostro Signore.