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COMMENTO

ADORATE UN SIMILE DIO!

Nei precedenti versetti il Signore Eccelso ha descritto i timorati, i miscredenti e i munàfiqin. I primi sono guidati sulla retta via, e la loro guida è il sacro Corano. I miscredenti invece hanno perso ogni capacità di conoscenza della verità, e, a causa del loro empio comportamento, sui loro cuori è stato impresso il marchio dell’ignoranza. I munàfiqin hanno invece un incurabile morbo nel cuore, che, giorno dopo giorno, a causa della loro empia e turpe condotta, peggiora inesorabilmente.

Nei versetti in esame, dopo aver ben distinto la via dei beati da quella dei dannati, il sacro Corano dice: “O gente, adorate il vostro Signore Che ha creato voi e coloro [che vissero] prima di voi, a che possiate divenire timorati di Allah”

SIGNIFICATO DI UBUDIYYAH E IBÀDAH

Ibàdah, in arabo, significa manifestazione di sottomissione e ubbidienza di ciò che è inferiore nei confronti di ciò che è superiore.

L’ubúdiyyah è invece l’assoluto grado di sottomissione nei confronti di Chi si trova in un assoluto stato di superiorità.

Chiunque sia dotato di un minimo di intelletto, impiega il proprio pensiero per conoscere se stesso e Dio. In una famosa tradizione del santo Profeta (S) leggiamo: “Chi conosce se stesso conosce il proprio Signore”. Quando diventa consapevole del proprio stato di inferiorità (rispetto al Creatore) e dell’assoluta superiorità del Signore Eccelso, si rende conto di dover manifestare la propria inferiorità solo a Colui che l’ha creato, che gli ha donato la vita, e che continua a mantenere la sua esistenza e la sua vita.

È bene a questo punto fare attenzione ai seguenti punti.

I DONI DELLA TERRA E DEL CIELO

Nel versetto successivo il sacro Corano ci ricorda altri doni divini, la cui contemplazione è in grado di avvicinare l’uomo a Dio e di indurlo al culto e alla riconoscenza. Prima si parla della creazione della terra: “Il Quale ha fatto per voi della terra un giaciglio…”

Certo, la terra con il suo straordinario equilibrio, con i suoi perfetti movimenti, è uno dei grandi doni che il Signore Eccelso ha fatto all’uomo. La forza di gravità permette alle creature che vivono in essa di camminarvi sopra, di riposare, di costruire case, giardini e tutto ciò che è necessario per la vita degli uomini.

Il Corano usa il termine “giaciglio” per descrivere la terra, per esprimere, nel piú elegante dei modi, il carattere mite ed equilibrato della terra, che culla e accoglie gentilmente le creature che la popolano.

Il nobile quarto Imam, Alí Bin Al-husain As-sajjàd (A), con sublimi parole, interpretando questo versetto, spiega questo stesso concetto:

“Dio ha creato la terra adatta ai vostri corpi. Non l’ha creata troppo calda, cocente, per evitare che vi bruciaste, e nemmeno gelida, per evitare che vi gelaste. Non l’ha creata troppo profumata, per evitare che il forte profumo danneggiasse i vostri cervelli, e nemmeno maleodorante, per evitare che il cattivo odore vi uccidesse. Non l’ha creata come troppo morbida come l’acqua, per evitare che sprofondaste in essa, e nemmeno troppo dura, affinché possiate costruire su di essa case e seppellire in essa i vostri morti… Ecco come Allah ha fatto della terra un giaciglio per voi”[97]

Poi il sacro Corano dice: “…e del cielo una costruzione…”, e con ciò vuole dire – soprattutto considerando che all’inizio del versetto c’è l’espressione “per voi” – che il cielo è come un elevato tetto costruito sopra le nostre teste. In effetti, in un altro versetto del nobile Corano troviamo la conferma di ciò: “E abbiamo fatto del cielo un tetto custodito…”[98]

Questo versetto può far sorgere qualche dubbio in coloro che conoscono le moderne teorie sulla costituzione del cielo e della terra. È possibile che essi dicano: “Com’è e dov’è questo misterioso tetto?”. Questo sacro versetto coranico non richiama alla mente la teoria di Tolomeo, secondo la quale i corpi celesti sono organizzati a sfere concentriche, come gli strati di una cipolla?

Ci proponiamo ora di dare esaustive spiegazioni riguardo a questo problema.

Nel sacro Corano la parola samaa’ compare con diversi significati. Il concetto comune a tutti questi significati è quello di fawqàniyyah [stare sopra]. Ebbene, il versetto in esame si riferisce all’atmosfera terrestre, a quello strato di aria che circonda la terra. Se esaminiamo con attenzione il fondamentale ruolo di questo vitale strato gassoso che circonda completamente il nostro pianeta, ci rendiamo conto che esso ha veramente la funzione di un tetto: nulla è in grado di proteggere meglio la terra dai pericoli esterni. Se non ci fosse stata questa protezione la terra sarebbe stata continuamente bombardata da pericolose meteore, e i suoi abitanti non avrebbero potuto vivere tranquillamente. È infatti questo miracoloso strato di aria che brucia e disintegra quasi tutte le meteore e gli altri corpi celesti che attaccano questo nostro pianeta. Solo un piccolo e relativamente innocuo numero di questi corpi riesce a resistere all’attrito dell’atmosfera e a cadere sulla terra. Ma anche questo è un segno di Dio, che serve a ricordarci l’importanza di questo vitale strato d’aria.

Tra le prove che sono in grado di dimostrare che uno dei significati del termine in questione è l’atmosfera terrestre ricordiamo la seguente tradizione del nobile imam Sadiq (A), nella quale, a proposito del colore del cielo, dice a Mufaddal: “O Mufaddal, rifletti sul colore del samaa’ [cielo]: Dio l’ha creato blu, che è il miglior colore per l’occhio; guardare il blu rinforza addirittura la vista”[99]

Nel sacro Corano leggiamo inoltre: “Non vedono forse gli uccelli soggiogati nell’atmosfera celeste: non li sostiene che Allah! In verità, in ciò vi sono dei segni per la gente che crede”

Daremo maggiori spiegazioni riguardo agli altri significati della parola samaa’ nel commento al XXIX versetto di questa stessa sura.

Il versetto in esame parla poi della pioggia, un altro grande dono divino: “…ha fatto discendere dal cielo acqua…”

Questa frase dimostra, ancora una volta, che la parola samaa’ ha qui il significato di atmosfera terrestre.

A tal proposito, il santo imam Sajjàd (A) disse: “Dio fa discendere la pioggia dal cielo affinché essa arrivi a tutte le cime dei monti e dei colli, e a tutte le zone avvallate, insomma, a tutte le zone montuose e pianeggianti. La fa discendere a gocce e in modo continuo – a volte a grosse gocce, a volte a piú piccole – affinché sprofondi completamente nella terra, e la disseti. Non la fa poi discendere sotto forma di diluvio affinché non distrugga i vostri terreni, i vostri alberi, le vostre piantagioni e i vostri frutti”[100]

Il versetto ricorda quindi i frutti che il Signore Eccelso dona all’uomo attraverso la pioggia: “…con la quale ha estratto, dai frutti [della terra], un nutrimento per voi…”

Tutto ciò, da una parte, dimostra l’immensa grazia e l’infinita misericordia che Allah, l’Altissimo, ha nei confronti di tutte le Sue creature, e, dall’altra, la Sua illimitata potenza, capace di creare centinaia di migliaia di squisiti e bellissimi frutti e preziosi semi, per gli uomini e per gli altri animali, da un liquido privo di colore, odore e sapore. Questa è una delle migliori prove della Sua esistenza! Ecco perché subito dopo leggiamo: “Non attribuite allora eguali ad Allah quando voi [ben] sapete [che Egli non ha pari]”

Certo, gli idoli e i pari che l’uomo attribuisce al Signore Eccelso non hanno nessun potere, non sono in grado di creare nulla né di nutrire e sostentare alcuna creatura. Com’è possibile allora considerarli pari ed eguali all’Onnipotente?!

LE DIVERSE FORME D’IDOLATRIA

Il concetto d’idolatria non comprende solo la semplice adorazione di idoli di legno o di esseri umani, ma abbraccia forme assai nascoste e complesse di culto. In linea generale, considerare realmente, essenzialmente efficace una qualsiasi cosa che non sia Dio, è [in senso lato] atto di idolatria.

VERSETTI 23 E 24

æóÅöäú ßõäúÊõãú Ýöí ÑóíúÈò ãöãøóÇ äóÒøóáúäóÇ Úóáóì ÚóÈúÏöäóÇ ÝóÃúÊõæÇ ÈöÓõæÑóÉò ãöä ãöËúáöåö æóÇÏúÚõæÇ ÔõåóÏóÂÁóßõãú ãöäú Ïõæäö Çááøåö Åöäú ßõäúÊõãú ÕóÇÏöÞöíäó﴿23﴾ ÝóÇöäú áóãú ÊóÝúÚóáõæÇ æóáóäú ÊóÝúÚóáõæÇ ÝóÇÊøóÞõæúÇ ÇáäøóÇÑó ÇáøóÊöí æóÞõæÏõåóÇ ÇáäøóÇÓõ æóÇáúÍöÌóÇÑóÉõ ÇõÚöÏøóÊú áöáúßóÇÝöÑöíäó ﴿24﴾

23.       Se siete in dubbio riguardo a ciò che abbiamo fatto discendere sul Nostro Servo, portate allora una sura simile alle sue. Chiamate [pure in vostro aiuto] i vostri testimoni, eccetto Allah, se siete sinceri.

24.       Se non fate ciò, e mai riuscirete a farlo, temete allora il fuoco che si alimenta di uomini e sassi, preparato per i miscredenti.

COMMENTO

IL CORANO: L’ETERNO MIRACOLO

Ora l’Onnipotente, per dimostrare la natura divina del Suo Verbo, il Corano, e della missione del Suo Inviato, il santo profeta Muhammad (S), lancia un’eterna sfida all’intera umanità: “Se siete in dubbio riguardo a ciò che abbiamo fatto discendere sul Nostro Servo, portate allora una sura simile alle sue. Chiamate [pure in vostro aiuto] i vostri testimoni, eccetto Allah, se siete sinceri”

I miscredenti e i politeisti arabi, nell’era pre-islamica erano i signori della letteratura e dell’eloquenza. Nonostante la loro superbia e il loro orgoglio, e la pretesa che avevano di essere i migliori in campo letterario, non ebbero il coraggio di raccogliere la sfida del sacro Corano, e risposero con la spada: per loro essere uccisi era piú facile che essere sconfitti e umiliati in campo letterario. La potente letteratura araba rimase pesantemente sconfitta e umiliata dai celesti versetti del sacro Corano, rivelati in verità dal Signore Altissimo al sommo profeta Muhammad Bin Abdillah (S). Nessuno è mai riuscito a imitare il sacro Corano fino ad oggi, e nessuno mai riuscirà a produrre qualcosa di simile a esso: il sacro, eterno e miracoloso Verbo di Dio è inimitabile!

DEI DIVERSI ASPETTI DELLA NATURA MIRACOLOSA DEL SACRO CORANO

La straordinaria e miracolosa natura del sacro Corano non riguarda solamente l’aspetto letterario: il sublime Verbo d’Allah è un miracolo sotto diversi punti di vista.

I grandi letterati arabi che hanno studiato attentamente il sacro Corano riconoscono all’unanimità la sua assoluta superiorità su tutte le opere della letteratura araba.

Nonostante all’epoca della rivelazione del sacro Corano, la letteratura araba avesse raggiunto il suo massimo splendore, i letterati arabi del tempo non riuscirono a imitare questo celeste libro. Questi grandi maestri della lingua araba preferirono la guerra, e non ebbero il coraggio di competere in campo letterario – nel quale si credevano imbattibili – con l’infallibile Verbo d’Allah. Non v’è dubbio che se il glorioso Corano non avesse avuto natura divina e fosse stato scritto dal santo Profeta, sicuramente i maestri arabi sarebbero riusciti perlomeno a imitarlo, dimostrando che esso non proviene da Dio. Essi avrebbero tramandato alle generazioni successive il risultato dei loro sforzi, per dimostrare anche ai posteri che il libro portato da Muhammah è falso, non è un libro rivelato da Dio. Ma nulla di tutto ciò è avvenuto: essi sono stati sconfitti e umiliati dall’eterno Libro di Dio.

Il santo Profeta non aveva mai ricevuto alcuna istruzione, nessuno gli aveva mai insegnato a leggere e a scrivere. Non aveva nessuno dal quale imparare le scienze e la storia. Suo padre era morto prima della sua nascita, mentre la madre aveva lasciato questo mondo quando egli era ancora in tenera età. Era stato affidato al nonno Abdu-l-muttàlib, presso il quale non aveva ricevuto alcuna istruzione. Com’è possibile allora che una simile persona possa dare precise informazioni sui profeti e sugli eventi del passato?

L’unica spiegazione che si può dare è che la sua non era una conoscenza acquisita, ma rivelata dal Signore Eccelso: “Egli non parla d’impulso: non è che rivelazione rivelata!”[101]

Il sommo Profeta è il cuore del creato. Il Signore Eccelso gli ha rivelato la sapienza, e, secondo quanto affermano alcuni esegeti del nobile Corano, egli è l’essenza del Suo Sacro Verbo. Sul suo immacolato cuore Dio ha fatto discendere l’ultimo e il piú completo dei libri celesti.

Certo, il sacro Corano comprende in sé tutta la sapienza, la saggezza e la conoscenza del creato. Ecco perché è chiamato Qur’àn. Viene poi chiamato Furqàn  perché distingue il vero dal falso, e Tibiyan perché spiega ciò che è halàl [lecito] e ciò che è haràm [proibito].

Ogni dotto che mediti un minimo sui versetti del nobile Corano, si renderà facilmente conto che piú le scienze e le conoscenze umane progrediscono piú chiara diventa la natura miracolosa di questo sacro libro.

Certo, questo è il libro ispirato della religione che deve accompagnare l’uomo fino al Giorno del Giudizio Universale, alla quale tutti gli uomini devono ubbidire. È questo libro l’inconfutabile prova della verità di questa sacra religione. Esso è la manifestazione dei sacri comandamenti di Allah, della legge divina, esso è l’eterno miracolo del sommo Profeta dell’Islam. È ovvio che la sapienza contenuta in un tale libro debba essere superiore a quella di ogni sapiente, in ogni epoca. In tal modo, infatti, lo sviluppo delle scienze e delle conoscenze umane non può intaccare la sua assoluta superiorità.

A tal proposito, lo stesso Corano afferma: “Di’: ‘Se il mare fosse inchiostro per [scrivere] le Parole del mio Signore, di certo si esaurirebbe prima che fossero esaurite le Parole del mio Signore, quand’anche Noi ne aggiungessimo altrettanto a rinforzo’”

PERCHÉ I PROFETI HANNO BISOGNO DI FARE MIRACOLI

Sappiamo che il grado del profeta è superiore a qualsiasi altro reale grado esistente; Dio l’ha donato a un ristretto numero di probi uomini. La funzione profetica è diversa da qualsiasi altra funzione: il profeta non governa solo i corpi, ma anche, e soprattutto, i cuori degli uomini.

È per l’immensa importanza di questa nobile carica, è per il grande prestigio, lo straordinario rango del profeta divino, che sono comparsi cosí tanti falsi profeti lungo tutta la storia.

Di fronte al pericolo dei falsi profeti, cosa doveva fare la gente? Doveva forse accettare le parole di tutte le persone che si proclamavano profeti? O non doveva prestare fede a nessuno? Nel primo caso l’umanità sarebbe caduta in un grande disordine, nel quale nessuno sarebbe piú riuscito a distinguere il vero dal falso, il sincero dal mendace, il probo dall’empio. Nel secondo caso invece, tutti gli uomini sarebbero usciti dalla retta via, e non avrebbero mai avuto la possibilità di giovarsi dei salvanti insegnamenti dei veri profeti. Cos’è successo allora che la gente alla ricerca di Dio è riuscita a distinguere i veri profeti da quelli falsi? Il Signore Eccelso quale mezzo ha messo a disposizione degli uomini per permettere loro di distinguere il profeta sincero da quello mendace?

La stessa ragione che ha reso necessario l’invio dei profeti divini, rende necessario che essi riescano a dimostrare con prove certe che sono stati mandati da Dio. Essi devono mostrare agli uomini dei chiari segni, affinché possano credere alle loro parole e seguirli, affinché possano distinguerli dai falsi profeti.

La chiara prova che ogni profeta ha mostrato alla gente per dimostrare la natura divina della propria missione, è sempre stata il miracolo. Certo, il profeta deve essere capace di compiere miracoli, ossia eseguire atti che il resto della gente non è in grado di compiere, come, ad esempio, resuscitare morti.

Il profeta che compie un miracolo, deve inoltre invitare gli uomini a ripeterlo, affinché essi si rendano conto che lo straordinario atto da lui compiuto è veramente un miracolo, e che la persona che l’ha compiuto non è un individuo ordinario che conosce particolari pratiche magiche, ma un eletto, un inviato di Dio.

IL CORANO È L’ETERNO E UNIVERSALE MIRACOLO DEL PROFETA DELL’ISLAM

Il sacro Corano è il migliore degli straordinari miracoli compiuti dal sommo Profeta dell’Islam, ed è altresí la viva prova della verità della sua sacra missione profetica.

In base a quanto narrano i grandi sapienti islamici, il santo profeta Muhammad (S) ha eseguito ben 4440 miracoli[102], ma il sacro Corano si differenzia dagli altri – e da tutti i miracoli compiuti dai precedenti profeti – per il fatto che esso è vivo, e lo sarà fino al Giorno del Giudizio. Questo straordinario miracolo, dopo quattordici secoli dalla morte del profeta che l’ha compiuto, continua ancora ad attirare a sé i cuori assetati di verità, e a sfidare e vincere gli empi miscredenti. Esso è verbo e miracolo, legge e documento.

Il nobile Corano, contrariamente agli altri miracoli del santo Profeta – e a quelli dei precedenti profeti – supera ogni barriera spaziale e temporale. In altre parole, esso è un miracolo eterno e universale.

Uno dei celebri miracoli del santo Gesú (A) fu quello di parlare, appena nato, per difendere la sua casta madre dalle calunnie e dalle ingiuste accuse della gente. Ma questo miracolo, per quanto straordinario sia, fu eseguito da questo santo Profeta in un tempo e un luogo ben determinato, dinanzi a un particolare e determinato gruppo di persone.

Come tutti sanno i fenomeni limitati nel tempo e nello spazio, allontanandosi dal tempo e dallo spazio al quale appartengono, svaniscono e scompaiono: questa è una delle caratteristiche dei fenomeni temporali e spaziali. Ecco perché del sopraccitato miracolo di Gesú oggi non rimane che il ricordo. Ma questo, per le ragioni che abbiamo già spiegato, non avviene per il sacro Corano. Esso risplende di vivissima luce oggi come risplendeva quattordici secolo orsono, nell’oscura e arretrata terra dell’Hijàz. Anzi, con il passare del tempo l’uomo ha sviluppato le sue conoscenze, e può ora comprendere, apprezzare e utilizzare meglio l’immensa sapienza coranica.

Del resto gli attributi d’eternità e universalità del sacro Corano li ritroviamo anche nella religione islamica e nel messaggio del santo Profeta, il quale è l’ultimo dei profeti divini.

Per concludere, al fine di comprendere meglio la completezza e l’universalità del sacro Corano, citiamo di seguito alcuni degli argomenti trattati da questo celeste libro:

·         conoscenze, scoperte e leggi scientifiche;

·         natura, piante, animali…

·         spazio, probabili forme di vita in altri pianeti;

·         fenomeni naturali, acque, venti, montagne…

·         origine dell’universo, della terra e dell’essere umano;

·         l’uomo, la società in cui vive e i suoi pregi e difetti;

·         il futuro dell’uomo, della terra e dell’universo;

·         l’uomo, il suo corpo, il suo spirito, e i suoi aspetti nascosti e manifesti.

VERSETTO 25

æóÈóÔøöÑö ÇáøóÐöíäó ÁÇãóäõæÇ æóÚóãöáõæÇ ÇáÕøóÇáöÍóÇÊö Ãóäøó áóåõãú ÌóäøóÇÊò ÊóÌúÑöíú ãöäú ÊóÍúÊöåóÇ ÇáÇóäúåóÇÑõ ßõáøóãóÇ ÑõÒöÞõæúÇ ãöäúåóÇ ãöäú ËóãóÑóÉò ÑöÒúÞÇð ÞóÇáõæÇú åóÐóÇ ÇáøóÐöíú ÑõÒöÞúäóÇ ãöäú ÞóÈúáõ æóÃõÊõæÇ Èöåö ãõÊóÔóÇÈöåÇð æóáóåõãú Ýöíåó ÃóÒúæóÇÌñ ãõØóåøóÑóÉñ æóåõãú ÝöíåóÇ ÎóÇáöÏõæäó﴿25﴾

25.       E a coloro che hanno prestato fede e hanno eseguito le buone azioni, dai la lieta novella che vi sono per loro paradisi sotto i quali scorrono i ruscelli. Ogni volta che verrà loro destinato un frutto di questi paradisi, diranno: “Questo è ciò che ci è [già] stato destinato in precedenza [nella nostra vita terrena]”, e verranno [cosí] dati loro ‘quei frutti simili’. Là avranno purificate spose e saranno eterni.

COMMENTO

PARTICOLARITÀ DEI BENI DEL PARADISO

Contrariamente all’ultimo versetto, che parla del castigo che attende coloro che negano il sacro Corano, i miscredenti, questo versetto parla della ricompensa che attende coloro che si sono sottomessi a Dio e che hanno seguito la via della virtú: “E a coloro che hanno prestato fede e hanno eseguito le buone azioni, dai la lieta novella che vi sono per loro paradisi sotto i quali scorrono i ruscelli…”

Tutti sanno che i giardini nei quali non scorrono corsi continui d’acqua, non sono molto vivi e rigogliosi. Al contrario, i giardini in cui scorrono in modo continuo dei freschi e limpidi ruscelli, sono assai floridi e prosperosi. I giardini del Paradiso appartengono a questa seconda categoria.

Poi, il sacro Corano parla degli svariati frutti del Paradiso: “…Ogni volta che verrà loro destinato un frutto di questi paradisi, diranno: ‘Questo è ciò che ci è [già] stato destinato in precedenza [nella nostra vita terrena]…’”

Gli esegeti del nobile Corano hanno dato diverse interpretazioni di questa frase.

Alcuni hanno detto che questi beni, questi doni del Paradiso sono il premio delle buone azioni compiute dai beati nella loro vita terrena, sono, in altre parole, il risultato dei loro precedenti sforzi terreni.

Altri invece affermano che quando un frutto viene portato loro per la seconda volta, essi dicono: “Questo è un frutto che abbiamo già mangiato”, ma quando lo assaggiano s’accorgono che ha un sapore diverso, e provano nuovamente piacere a mangiarlo. Ciò però non avviene in questo mondo. Ad esempio, quando mangiamo dell’uva, ogni volta proviamo la stessa sensazione, sentiamo lo stesso sapore. Questa è una fondamentale differenza tra i beni di questo mondo e quelli dell’aldilà.

Altri ancora, dicono che quando i beati vedono i frutti del Paradiso, li trovano simili a quelli terreni, affinché non siano loro estranei, ma quando li assaggiano s’accorgono che hanno un sapore completamente diverso, sono buoni, squisiti.

Si può poi dare una interpretazione che riunisca in sé tutte le suddette.

Il versetto continua poi dicendo: “…e verranno [cosí] dati loro ‘quei frutti simili’…”, vale a dire che i frutti del Paradiso, in quanto a bontà e bellezza, sono tutti simili, sono cosí sublimi che non è possibile preferirne uno all’altro, contrariamente a quanto avviene in questo mondo, nei quali riscontriamo differenze di qualità.

L’ultimo dono ricordato nel versetto in esame sono le caste spose del Paradiso: “…Là avranno purificate spose…”. Esse sono libere da ogni forma di impurità che possono avere le donne di questo mondo. Esse sono pure nel corpo e nello spirito.

Uno dei difetti dei beni di questo mondo è che l’individuo mentre gode di essi pensa già al momento in cui dovrà perderli, ed è preoccupato per questo. Tali beni, non essendo eterni, non possono dunque dare pace all’uomo. Al contrario, i beni del sacro Paradiso di Allah sono eterni e perfetti, e donano eterna pace e tranquillità ai beati. Ecco perché il versetto si chiude dicendo che i beati saranno eterni in Paradiso.

Gli esegeti narrano la seguente tradizione tramandata da Bin Abbàs: “Questo versetto è stato rivelato per Alí Bin Abitaalib  e per i veri credenti: essi sono credenti ed eseguono le buone azioni”

FEDE E PRATICA

In molti versetti, il sacro Corano ricorda la fede e la pratica insieme. Questo dimostra che non è possibile separare tra di loro questi due fondamentali elementi: la fede e la pratica si completano a vicenda.

Se la fede penetra nelle profondità dell’anima dell’essere umano, essa sicuramente si rifletterà nelle sue azioni, nella sua condotta, spingendolo ad agire rettamente.

“…chi crede in Allah e agisce rettamente, sarà [da Lui] introdotto in paradisi sotto i quali scorrono i ruscelli. [Saranno] eterni in essi…”[103]

“Allah ha promesso a quelli di voi che hanno prestato fede e agito rettamente di farli succedere [ai tiranni] sulla terra…”

È possibile paragonare la fede alle radici di un albero e le rette azioni ai suoi frutti: buoni frutti sono segno di sane radici, e sane radici danno buoni frutti.

È poi possibile che persone prive di fede, a volte, compiano buone azioni, ma sicuramente esse non potranno mai avere la costanza dei veri credenti: ciò che garantisce una costante rettitudine è una radicata e profonda fede.

LE SPOSE PURE

L’unico attributo che il versetto in esame ricorda per le spose del Paradiso è “purificate”. Questo ci suggerisce che il primo e piú importante attributo di una sposa è la purezza. Un giorno il sommo Profeta disse: “Guardatevi dalle verdi piante che crescono negli immondezzai”. Fu chiesto: “O Messaggero d’Allah, cosa sono le verdi piante che crescono negli immondezzai?”. Rispose: “La bella donna cresciuta in una famiglia corrotta”[104]

La parola araba “azwàj” significa spose, ma è anche possibile dare una diversa interpretazione, e dire che il versetto intende le probe credenti che nella loro vita terrena erano le mogli di retti credenti.

In ogni caso, in Paradiso le donne e le huru-l´ain sono pure e purificate, nel corpo e nello spirito. Esse sono libere da ogni impurità esteriore, come il sangue, le urine, le feci, il mestruo, il sudore, i cattivi odori e le altre sporcizie del corpo.

Esse sono altresí libere da ogni forma di impurità interiore, come l’ira, l’invidia, l’impudicizia, la superbia, l’avarizia.

A tal proposito, in una tradizione del Messaggero di Allah, narrata da Sa´id Bin ´Amir, leggiamo: “Se una delle donne del Paradiso gettasse un solo sguardo al mondo, tutta la terra si riempirebbe del profumo di [fragrante] muschio, e la sua luce soggiogherebbe quella del sole e della luna”[105]

I BENI MATERIALI E SPIRITUALI DEL PARADISO

Il sacro Corano oltre a parlare dei beni materiali del Paradiso (come, ad esempio, i giardini paradisiaci, gli splendidi ruscelli che scorrono sotto questi giardini, le bellissime dimore dei beati, le purificate spose, i deliziosi frutti), in altri versetti, descrive anche i piú importanti doni spirituali: “Dio ha promesso ai credenti e alle credenti paradisi sotto i quali scorrono i ruscelli, in cui saranno eterni, e dimore pure in eterni paradisi; [ma] il consenso [proveniente] da Allah è [dono] piú grande: questa è l’immensa beatitudine!”[106]

In un altro versetto il sacro Verbo di Allah, dopo aver citato i beni materiali del Paradiso, dice: “…Allah si compiace di loro ed essi si compiacciono di Lui…”[107]

Certo, il consenso divino è uno dei maggiori doni divini, superiore a tutti i beni materiali; esso è un bene spirituale che non può essere descritto con le parole né compreso con gli intelletti.

VERSETTO 26

Åöäøó Çááøåó áÇó íóÓúÊóÍúíö Ãóäú íóÖúÑöÈó ãóËóáÇð ãóÇ ÈóÚõæÖóÉð ÝóãóÇ ÝóæúÞóåóÇ ÝóÇóãøóÇ ÇáøóÐöíäó ÁÇãóäõæÇ ÝóíóÚúáóãõæäó Ãóäøóåõ ÇáúÍóÞøõ ãöäú ÑóÈøöåöãú æóÃóãøóÇ ÇáøóÐöíäó ßóÝóÑõæÇ ÝóíóÞõæáõæäó ãóÇÐó ÃóÑóÇÏó Çááøåõ ÈöåóÐóÇ ãóËóáÇð íõÖöáøõ Èöåö ßóËöíÑÇð æóíóåúÏöí Èöåö ßóËöíÑÇð æóãóÇ íõÖöáøõ Èöåö ÅöáÇøó ÇáúÝóÇÓöÞöíäó ﴿26﴾

26.       In verità, Allah non si vergogna di citare l’esempio di una zanzara o qualcosa di piú [piccolo] di essa. Coloro infatti che hanno prestato fede sanno che esso è verità [che proviene] dal loro Signore. Coloro invece che sono diventati miscredenti dicono: “Che cosa voleva intendere Allah con questo esempio”. Egli travia molti con esso e molti guida con esso; ma con tale esempio Egli non travierà se non i perversi,

COMMENTO

Le similitudini si fanno per chiarire princípi e concetti. Una similitudine spiega un fenomeno metafisico con uno materiale, sensibile.

In verità, l’intelletto umano, fino a quando è in relazione con il corpo, con la materia, non può liberarsi dall’influenza della fantasia, dell’immaginazione. Ecco perché nel sacro Corano i complessi concetti metafisici vengono spiegati attraverso esempi e similitudini.

Forse la ragione per la quale nel versetto in esame viene fatto l’esempio della zanzara, è che nessuno pensi che non s’addica al Signore Eccelso fare similitudini attraverso queste umili creature. Bisogna infatti sapere che tutte le creature di Dio sono uguali rispetto alla Sua maestà: siano esse piccole o grandi, superiori o inferiori, umili o nobili, riflettono tutte la sua infinità maestà e grandezza. Le creature di Dio sono gli anelli di una catena da Lui dominata, e sono in cosí stretta relazione tra di loro che è come se fossero un unico essere.

Nella similitudine in esame viene usata la zanzara anche per mettere in evidenza la magnifica, complessa e perfetta struttura del suo corpo, e indurre la gente a meditare sulla creazione del Signore eccelso. In una tradizione del santo imam Sàdiq leggiamo: “Dio ha fatto l’esempio della zanzara poiché nonostante le sue piccole dimensioni è stata creata [perfetta] come l’elefante. L’esempio della zanzara è per attrarre l’attenzione dei credenti e indurli a osservare le meraviglie della creazione divina”[108]

In un altro versetto leggiamo: “Non guardano il cammello, come è stato creato?”[109]

A tal proposito, si faccia attenzione alle parole di Alí, il Principe dei Credenti, narrate in una delle tradizioni del Nahju-l-balagah: “Se tutti gli esseri viventi del mondo si riunissero e collaborassero per creare una zanzara, non ci riuscirebbero mai. I loro intelletti sarebbero incapaci di comprendere i segreti della creazione di questo animale, le loro forze risulterebbero insufficiente e si stancherebbero. Alla fine, dopo gli inutili tentativi, ammetterebbero di essere incapaci di crearla”[110]

Il versetto aggiunge: “…Coloro infatti che hanno prestato fede sanno che esso è verità [che proviene] dal loro Signore. Coloro invece che sono diventati miscredenti dicono: “Che cosa voleva intendere Allah con questo esempio”. Egli travia molti con esso e molti guida con esso; ma con tale esempio Egli non travierà se non i perversi”

Il celebre Shaykh Tusí, nel tafsír At-tibiyàn (vol. 1, pag. 19), dice: “È come se qualcuno obiettasse: ‘Cosa vuole dire Allah con questo esempio, che può traviare alcuni e guidare altri?’, e Allah rispondesse: ‘Solo i perversi si travieranno, al contrario, i credenti raggiungeranno il massimo grado di conoscenza, comprensione e fede’”

Per concludere, ricordiamo l’occasione nella quale è stato rivelato questo versetto. Dopo la rivelazione dei versetti 18 e 19 della Sura del Bovino, i munàfiqin dissero che queste similitudini non s’addicono a Dio, e che Egli non farebbe mai simili esempi. Ma il Signore Eccelso rispose a queste calunnie con il versetto in esame: “In verità, Allah non si vergogna di citare l’esempio di una zanzara o qualcosa di piú [piccolo] di essa…”

VERSETTO 27

ÇáøóÐöíäó íóäúÞõÖõæäó ÚóåúÏó Çááøåö ãöäú ÈóÚúÏö ãöíËóÇÞöåö æóíóÞúØóÚõæäó ãó ÃóãóÑó Çááøåõ Èöåö Ãóäú íõæÕóáó æóíõÝúÓöÏõæäó Ýöí ÇáÃóÑúÖö ÇõæúáóÆößó åõãõ õÇáúÎóÇÓöÑõæäó ﴿27﴾

27.       i quali violano il Patto di Allah dopo averlo stretto e rinsaldato, separano ciò che Allah ha ordinato di unire e portano la corruzione sulla terra. Questi sono i perdenti!