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Questo versetto, che completa i precedenti, inizia dicendo: “Oggi vi sono state permesse le tayyibât, e vi è [altresì] lecito anche il cibo di coloro ai quali è stato dato il Libro, e [anche] il vostro cibo è lecito a loro”
Il sacro Corano con “il cibo di coloro ai quali è stato dato il Libro” non intende ovviamente le bestie da loro macellate. A tal proposito, in una tradizione del santo imam Şâdiq (A), leggiamo: «“Il cibo di coloro ai quali è stato dato il Libro” denota i loro legumi e i loro frutti, non le bestie da loro sgozzate, poiché essi, al momento di sgozzarle, non invocano su di esse il nome di Allah»
Dopo aver trattato la questione della liceità dei cibi della gente del Libro, il versetto parla del matrimonio degli uomini mussulmani con le mussulmane caste e le donne caste della gente del Libro: “[Vi sono inoltre lecite] le donne caste tra le credenti, le donne caste di quelli cui fu dato il Libro prima di voi, dando ad esse il loro dono nuziale; [tutto ciò] in modo casto, senza fornicare né prendere amanti!”
In realtà, questa parte del versetto diminuisce le restrizioni esistenti riguardo al matrimonio degli uomini mussulmani con le donne non mussulmane, permettendolo a determinate condizioni. Questo argomento viene trattato in maniera approfondita dalle opere di diritto islamico.
Purtroppo nel mondo d’oggi, nel quale sono ritornate in uso molte delle empie abitudini dell’era preislamica, esiste questa mentalità che è lecito avere rapporti amorosi e sessuali al di fuori del matrimonio, non solo segretamente, ma anche apertamente.
In realtà, l’epoca attuale è ancora più corrotta e dissoluta dell’era preislamica, poiché in quest’ultima era solo lecito avere rapporti amorosi al di fuori del matrimonio in modo segreto, non apertamente. Purtroppo però, al giorno d’oggi, in molte società, non solo non ci si vergogna di apertamente avere rapporti amorosi illeciti, ma questa empia pratica è addirittura diventata un vanto. Questa vergognosa abitudine, che è invero una palese dissolutezza e un tremendo flagello per la società, è uno dei tanti infausti “regali” fatti all’umanità dal corrotto mondo occidentale.
Dal momento poi che alcuni mussulmani, sposandosi con donne non mussulmane, potrebbero perdere la fede, il versetto si conclude con il seguente monito: “E chi nega la fede, ebbene, in verità, le sue [buone] azioni si perderanno, ed egli nell’aldilà sarà tra i perdenti”
íó ÃóíøõåóÇ ÇáøóÐöíäó ÁóÇãóäõæÇ ÅöÐóÇ ÞõãúÊõãú Åöáóì ÇáÕøóáÇóÉö ÝóÇÛúÓöáõæÇ æõÌõæåóßõãú æóÃóíúÏöíóßõãú Åöáóì ÇáúãóÑóÇÝöÞö æóÇãúÓóÍõæÇ ÈöÑõÄõæÓößõãú æóÃóÑúÌõáóßõãú Åöáóì ÇáúßóÚúÈóíúäö æÅöä ßõäÊõãú ÌõäõÈÇð ÝóÇØøóåøóÑõæÇ æóÅöä ßõäÊõã ãóÑúÖóì Ãóæú Úóáóì ÓóÝóÑò Ãóæú ÌóÂÁó ÃóÍóÏñ ãöäßõã ãöäó ÇáúÛóÂÆöØö Ãóæú áÇóãóÓúÊõãõ ÇáäøÓóÂÁó Ýóáóãú ÊóÌöÏõæÇ ãóÂÁð ÝóÊóíóãøóãõæÇ ÕóÚöíÏÇð ØóíøÈÇð ÝóÇãúÓóÍõæÇ ÈöæõÌõæåößõãú æóÃóíúÏöíßõã ãöäúåõ ãóÇ íõÑöíÏõ Çááøåõ áöíóÌúÚóáó Úóáóíúßõã ãöäú ÍóÑóÌò æóáßöä íõÑöíÏõ áöíõØóåøÑóßõãú æóáöíõÊöãøó äöÚúãóÊóåõ Úóáóíúßõãú áóÚóáøóßõãú ÊóÔúßõÑõæäó ﴿6﴾
6. O voi che avete prestato fede, quando vi levate per la preghiera [quando intendete pregare], lavatevi il volto, le mani [e gli avambracci] fino ai gomiti, passate le mani bagnate sulla testa e sui piedi fino alle caviglie. E se siete junub[456], ebbene, purificatevi [con il ġusl[457]]. Se siete malati o in viaggio, o se uno di voi viene da una latrina, o se avete giaciuto con le [vostre] donne, e non trovate acqua, ebbene, abbiate l’intenzione[458] di una terra pura, passandovela [con le palme] sul volto e sulle mani. Allah non vuole imporvi nulla di gravoso, vuole bensì purificarvi e completare su di voi la Sua grazia, nella speranza che [Gli] siate riconoscenti.
Nei versetti precedenti, il sacro Corano ha parlato delle tayyibât del corpo, di quelle materiali, mentre in questo parla delle tayyibât dell’anima, di quelle spirituali, di ciò che purifica l’anima umana, esponendo una buona parte delle norme del wuđû, (abluzione rituale), del ġusl (lavanda rituale), e del tayammum, atti che donano all’anima purezza e serenità.
Il versetto, rivolgendosi ai credenti, inizia con le norme relative al wuđû, dicendo: “O voi che avete prestato fede, quando vi levate per la preghiera [quando intendete pregare], lavatevi il volto, le mani [e gli avambracci] fino ai gomiti, passate le mani bagnate sulla testa e sui piedi fino alle caviglie”
Com’è facile notare, qui il sacro Corano specifica solamente la quantità delle mani e degli avambracci che è necessario lavare nel wuđû, senza però dire nulla su come bisogna lavare queste parti. Per conoscere l’esatta modalità di questo lavaggio, bisogna rivolgersi alla sunna del sommo Profeta tramandata dai nobili Imam, che dice che il suddetto lavaggio deve essere eseguito a partire dal gomito fino alla punta delle dita.
Poi il versetto parla della lavanda rituale dicendo: “E se siete junub, ebbene, purificatevi [con il ġusl]”. È chiaro che con “purificatevi”, il sacro Corano intende la lavanda di tutto il corpo.
“Junub” significa “colui che si allontana”, e se si usa questo termine per indicare il junub, è perché esso deve astenersi, deve tenersi lontano da atti quali eseguire la şalâħ, intrattenersi nelle moschee ecc.
Dal versetto è inoltre possibile dedurre che con il ġusl che purifica il junub, è possibile eseguire la preghiera, senza fare l’abluzione rituale.
Poi viene esposto il precetto del tayammum: “Se siete malati o in viaggio, o se uno di voi viene da una latrina, o se avete giaciuto con le [vostre] donne, e non trovate acqua, ebbene, abbiate l’intenzione di una terra pura, passandovela [con le palme] sul volto e sulle mani”
Alla fine del versetto, per mettere in evidenza il fatto che i precetti esposti non sono gravosi, e sono stati imposti alla gente per il loro bene, afferma: “Allah non vuole imporvi nulla di gravoso, vuole bensì purificarvi e completare su di voi la Sua grazia, nella speranza che [Gli] siate riconoscenti”
Da questa ultima frase, è possibile dedurre la seguente legge generale: “I precetti islamici non sono mai gravosi e stremanti”
æóÇÐúßõÑõæÇ äöÚúãóÉó Çááøåö Úóáóíúßõãú æóãöíËóÇÞóåõ ÇáøóÐöí æóÇËóÞóßõã Èöåö ÅöÐú ÞõáúÊõãú ÓóãöÚúäóÇ æóÃóØóÚúäóÇ æóÇÊøóÞõæÇ Çááøåó Åöäøó Çááøåó Úóáöíãñ ÈöÐóÇÊö ÇáÕøõÏõæÑö ﴿7﴾
7. Ricordate la grazia di Allah su di voi, e il Suo patto, che Egli strinse con voi quando diceste: “Abbiamo sentito e obbedito”. E temete Allah, ché, in verità, Egli conosce quello che è nei cuori.
In questo versetto, il sacro Corano invita nuovamente i mussulmani a riflettere sulla grazia concessa loro dal Signore Eccelso, soprattutto sulla fede e sulla retta guida, che sono i maggiori doni divini: “Ricordate la grazia di Allah su di voi”
I mussulmani, confermati dall’Islam, godettero dei doni divini, riportarono numerosi vanti, ed ebbero a loro disposizione innumerevoli mezzi e possibilità materiali e spirituali. La Religione di Allah li unì, li salvò dall’ignoranza, dal traviamento e dalla corruzione. Prima dell’avvento dell’Islam, erano crudeli e spietati, la Religione donò loro umanità e pietà.
Poi ricorda loro il patto che strinsero con il Signore Eccelso: «…e il Suo patto, che Egli strinse con voi quando diceste: “Abbiamo sentito e obbedito”»
È possibile che questo versetto si riferisca a tutti i patti stretti dagli uomini con Dio, sia a quelli stretti con la genesi umana, sia a quelli riguardanti la legge divina.
In base a diverse tradizioni islamiche, il patto del quale parla il versetto è lo stesso che i mussulmani strinsero con Dio a proposito della wilâyaħ, dell’imamato del nobile Alì (A), nel fatidico giorno di Ġadîr.[459]
Il versetto si conclude sottolineando i concetti espressi, dicendo: “E temete Allah, ché, in verità, Egli conosce quello che è nei cuori”
In una tradizione islamica, il santo imam Bâqir (A), afferma che il sommo Profeta (S), nel Pellegrinaggio d’Addio, espose alla gente il divieto delle cose proibite e l’obbligatorietà della sottomissione all’imamato del Principe dei Credenti Alì (A).[460]
íó ÃóíøõåóÇ ÇáøóÐöíäó ÁóÇãóäõæÇ ßõæäõæÇ ÞóæøóÇãöíäó áöáøåö ÔõåóÏóÂÁó ÈöÇáúÞöÓúØö æóáÇó íóÌúÑöãóäøóßõãú ÔóäóÇäõ Þóæúãò Úóáóì ÇóáÇøó ÊóÚúÏöáõæÇ ÇÚúÏöáõæÇ åõæó ÃóÞúÑóÈõ áöáÊøóÞúæóì æóÇÊøóÞõæÇ Çááøåó Åöäøó Çááøåó ÎóÈöíÑñ ÈöãóÇ ÊóÚúãóáõæäó ﴿8﴾
8. O voi che avete prestato fede, levatevi sempre per Allah, [siate sempre] testimoni secondo giustizia, e non vi spinga all’ingiustizia l’odio per una gente. Siate equi: l’equità è più vicina al timor di Dio. Temete Allah, ché, in verità, Allah conosce bene quello che fate.
Questo versetto invita i credenti ad essere sempre equi, e a testimoniare sempre secondo giustizia: “O voi che avete prestato fede, levatevi sempre per Allah, [siate sempre] testimoni secondo giustizia”
Poi il sacro Corano ricorda una delle cause che rendono l’uomo iniquo, l’odio, e ammonisce i credenti dicendo: “…e non vi spinga all’ingiustizia l’odio per una gente. Siate equi: l’equità è più vicina al timor di Dio”
Dal momento che l’equità è il pilastro del timor di Dio, per la terza volta, per ribadire i concetti espressi, ricorda ai credenti di temere Iddio: “Temete Allah, ché, in verità, Allah conosce bene quello che fate”
æóÚóÏó Çááøåõ ÇáøóÐöíäó ÁóÇãóäõæÇ æóÚóãöáõæÇ ÇáúÕøóÇáöÍóÇÊö áóåõã ãóÛúÝöÑóÉñ æóÇóÌúÑñ ÚóÙöíãñ﴿9﴾ æóÇáøóÐöíäó ßóÝóÑõæÇ æóßóÐøóÈõæÇ ÈöÇóíóÇÊöäóÇ ÇõæáÆößó ÃóÕúÍóÇÈõ ÇáúÌóÍöíãö ﴿10﴾
9. Allah ha promesso a coloro che hanno prestato fede e compiuto le buone azioni, il perdono e un premio immenso.
10. E quelli che sono diventati miscredenti e hanno smentito i segni Nostri, [ebbene] quelli sono la gente dell’Inferno.
Il sacro Corano, di solito, dopo aver esposto precetti particolari, ribadisce e completa l’esposizione enunciando un principio generale. La stessa cosa fa qui a proposito della questione della giustizia, dicendo: “Allah ha promesso a coloro che hanno prestato fede e compiuto le buone azioni, il perdono e un premio immenso”
A proposito di quelle persone che negano Iddio e smentiscono i Suoi segni, dice poi: “E quelli che sono diventati miscredenti e hanno smentito i segni Nostri, [ebbene] quelli sono la gente dell’Inferno”
È interessante notare che nei versetti in esame, la ricompensa divina è stata ricordata in qualità di promessa divina, mentre il castigo divino è stato presentato come conseguenza delle cattive azioni dell’individuo. Iddio premia e ricompensa le buone azioni umane con immensa generosità: la ricompensa che meriterebbero le esigue buone azioni umane non sono nemmeno confrontabili con la generosa e immensa ricompensa del Signore Eccelso. Per quanto riguarda invece la punizione divina, bisogna sempre ricordare che Iddio non castiga per vendicarsi: la punizione divina è la conseguenza dei peccati dell’individuo.
íó ÃóíøõåóÇ ÇáøóÐöíäó ÁóÇãóäõæÇ ÇÐúßõÑõæÇ äöÚúãóÊó Çááøåö Úóáóíúßõãú ÅöÐú åóãøó Þóæúãñ Ãóä íóÈúÓõØõæÇ Åöáóíúßõãú ÃóíúÏöíóåõãú ÝóßóÝøó ÃóíúÏöíóåõãú Úóäúßõãú æóÇÊøóÞõæÇ Çáøóáåó æóÚóáóì Çááøåö ÝóáúíóÊóæóßøóáö ÇáúãõÄúãöäõæäó ﴿11﴾
11. O voi che avete prestato fede, ricordate la grazia di Allah su di voi, quando certa gente intendeva distendere le mani su di voi, ed Egli stornò le loro mani da voi. E temete Allah, e in Allah confidino i credenti!
Nonostante gli esegeti abbiano opinioni diverse sulla vicenda alla quale si riferisce il versetto in esame, si può tuttavia affermare che esso riguarda tutti i casi in cui i mussulmani, contro i loro nemici, fanno affidamento su Allah, salvandosi e vincendo.
In linea generale, ricordare i doni divini, è una forma di ringraziamento, allontana la superbia e l’incoscienza dall’uomo, e aumenta il suo amore per il Signore Eccelso.
1. Quando Iddio allontana dai credenti i pericoli e le minacce del nemico, ebbene, ha fatto loro uno dei Suoi più grandi doni.
2. Credendo in Dio, temendoLo, e facendo affidamento su di Lui, è possibile ottenere la Sua immensa grazia, e respingere il nemico.
æóáóÞóÏú ÃóÎóÐó Çááøåõ ãöíËóÇÞó Èóäöí ÅöÓúÑóÂÆöíáó æóÈóÚóËúäóÇ ãöäúåõãõ ÇËúäóíú ÚóÔóÑó äóÞöíÈÇð æóÞóÇáó Çááøåõ Åöäøí ãóÚóßõãú áóÆöäú ÃóÞóãúÊõãõ ÇáÕøóáÇóÉó æÁóÇÊóíúÊõãú ÇáÒøóßóÇÉó æóÁÇãóäÊõã ÈöÑõÓõáöí æóÚóÒøóÑúÊõãõæåõãú æóÃóÞúÑóÖúÊõãõ Çááøåó ÞóÑúÖÇð ÍóÓóäÇð áÇóõßóÝøÑóäøó Úóäßõãú ÓóíøÇÊößõãú æóáÇóõÏúÎöáóäøóßõãú ÌóäøóÇÊò ÊóÌúÑöí ãöä ÊóÍúÊöåóÇ ÇáÃóäúåóÇÑõ Ýóãóä ßóÝóÑó ÈóÚúÏó Ðáößó ãöäßõãú ÝóÞóÏú Öóáøó ÓóæóÂÁó ÇáÓøóÈöíáö ﴿12﴾
12. E, in verità, Allah accettò il patto dei figli d’Israele, e suscitò da loro dodici capi. E Allah disse: «In verità, Io sono con voi! Se eseguirete la şalâħ, pagherete la zakâħ, crederete nei Miei messaggeri, li onorerete e farete un prestito bello ad Allah, [allora Io] di sicuro cancellerò le vostre colpe, e vi farò entrare in paradisi sotto i quali scorrono i rivi. E chi, dopo [tutto] ciò, diventerà miscredente, ebbene, avrà invero smarrito la retta via.
I capi dei figli d’Israele erano dodici, ed erano tutti ministri del santo Profeta Mosè (A). Ognuno di loro era capo di una delle tribù giudee. A tal proposito, il sommo Profeta disse: “Ci saranno dodici Vicari dopo di me, in numero pari ai capi [delle tribù] dei figli d’Israele”[461]. Gli oppositori della via dell’Ahlu-l-bayt, senza alcuna valida prova e ragione, sostengono che i dodici vicari dei quali parla la suddetta tradizione, sono i Râšidûn (Abû Bakr, ºUmar, ºUŝmân, Alì), i califfi ommìadi e quelli abbàssidi, mentre a confutare questa tesi vi sono decine e decine di tradizioni islamiche, che indicano i nomi di questi santi vicari, il primo dei quali è il santo Alì (A), e l’ultimo è il nobile Mahdi, che Allah affretti la sua manifestazione.
1. Iddio è con noi alle seguenti condizioni: şalâħ, zakâħ, fede, ausilio dei profeti, carità. In mancanza di tali condizioni, non è possibile godere della grazia e della misericordia divina.
2. Tutte le vere religioni hanno prescritto la şalâħ, la zakâħ e la carità.
3. Non bisogna limitarsi solo a compiere gli atti obbligatori, bisogna anche astenersi da quelli proibiti e compiere anche quanti atti supererogatori si può.
4. Il fatto che i precetti della şalâħ, della zakâħ e della carità, sono stati ricordati assieme all’imamato e alla wilâyaħ, ha un ben preciso significato: bisogna accettare indistintamente la wilâyaħ di tutti i profeti divini!
5. Nessun impuro entrerà in Paradiso: prima di entrare in Paradiso, bisogna diventare puri.
6. Per ottenere il perdono divino bisogna credere ed operare rettamente.
ÝóÈöãóÜÇ äóÞúÖöåöã ãöíËóÇÞóåõãú áóÚóäøóÇåõãú æóÌóÚóáúäóÇ ÞõáõæÈóåõãú ÞóÇÓöíóÉð íõÍóÑøÝõæäó Çáúßóáöãó Úóä ãóæóÇÖöÚöåö æóäóÓõæÇ ÍóÙøÇð ãöãøóÇ ÐõßøÑõæÇ Èöåö æóáÇóÊóÒóÇáõ ÊóØøóáöÚõ Úóáóì ÎóÂÆöäóÉò ãöäúåõãú ÅöáÇøó ÞóáöíáÇð ãöäúåõãú ÝóÇÚúÝõ Úóäúåõãú æóÇÕúÝóÍú Åöäøó Çááøåó íõÍöÈøõ ÇáúãõÜÍúÓöäöíäó ﴿13﴾
13. Dunque, per il fatto che violarono il patto, Noi li maledicemmo e indurimmo i loro cuori: stravolgono [il senso de] le parole, e hanno dimenticano parte di ciò che è stato consigliato loro. Non finirai mai di scoprire tradimenti da parte loro, eccetto alcuni. Perdonali dunque, e dimentica, ché, in verità, Allah ama i muhsinîn [le persone benefiche].
Dopo aver parlato, nel versetto precedente, del patto stretto dai figli d’Israele con il Signore Altissimo, in questo versetto il sacro Corano espone le tristi conseguenze della violazione dei patti, che priva l’uomo della grazia e della misericordia divina, e lo avvicina alla nifâq.
I giudei hanno sempre violato i patti e alterato a proprio piacimento la religione divina, è per questo che venivano colpiti dalla punizione divina.
æóãöäó ÇáøóÐöíäó ÞóÇáõæÇ ÅöäøóÇ äóÕóÇÑóì ÃóÎóÐúäóÇ ãöíËóÇÞóåõãú ÝóäóÓõæÇ ÍóÙøÇð ãöãøóÇ ÐõßøÑõæÇ Èöåö ÝóÇóÛúÑóíúäóÇ Èóíúäóåõãõ ÇáúÚóÏóÇæóÉó æóÇáúÈóÛúÖóÂÁó Åöáóì íóæúãö ÇáúÞöíóÇãóÉö æóÓóæúÝó íõäóÈøÆõåõãõ Çááøåõ ÈöãóÇ ßóÇäõæÇ íóÕúäóÚõæäó ﴿14﴾
14. E con coloro che dissero: “In verità, noi siamo cristiani”, stringemmo un patto. Ma dimenticarono parte di ciò che era stato consigliato loro. Gettammo dunque tra loro l’inimicizia e l’odio fino al Giorno del Giudizio. E presto Allah li informerà di quello che facevano.
Nel versetto precedente, il sacro Corano ha parlato della violazione del patto divino da parte dei giudei, qui invece parla della violazione del patto divino da parte dei cristiani, con la differenza che nel versetto precedente il nobile Verbo di Allah condannava la quasi totalità dei giudei, mentre qui, fin dall’inizio, condanna solo una parte dei cristiani.
“Naşârâ” (da noi tradotto con il termine “cristiani”) è il plurale di “naşrâniyy”. I cristiani venivano chiamati così poiché il motto dei seguaci del santo profeta Gesù era: “Noi siamo gli anşâr[462] [ausiliari] di Allah”[463]
Concludiamo ricordando che bisogna trarre insegnamento dagli errori altrui, bisogna riflettere sulla fine che hanno fatto coloro che hanno violato i patti stretti con Dio, e trarre insegnamento.
íó Ãóåúáó ÇáúßöÊóÇÈö ÞóÏú ÌóÂÁóßõãú ÑóÓõæáõäóÇ íõÈóíøäõ áóßõãú ßóËöíÑÇð ãöãøóÇ ßõäÊõãú ÊõÎúÝõæäó ãöäó ÇáúßöÊóÇÈö æóíóÚúÝõæÇ Úóä ßóËöíÑò ÞóÏú ÌóÂÁóßõã ãöäó Çááøåö äõæÑñ æóßöÊóÇÈñ ãõÈöíäñ ﴿15﴾
15. O gente del Libro, in verità, è venuto a voi il Nostro Messaggero, che vi spiega molte delle cose del Libro che voi nascondevate, e che ne perdona molte altre. In verità, è venuta a voi una luce e un Libro chiaro.
L’Islam è una religione universale, e invita a sé, alla verità, i seguaci di tutte le religioni. L’Islam è la più semplice e clemente delle religioni.
Non bisogna dunque disperare di riuscire a portare la gente traviata sulla retta via, nemmeno i giudei e i cristiani che hanno violato il patto di Allah.
L’esposizione delle verità nascoste, è segno di conoscenza dell’occulto, ed è altresì una delle vie per conoscere il profeta.
In ogni caso, il sacro Corano è luce, e senza di esso la società è destinata a sprofondare nelle tenebre: “In verità, è venuta a voi una luce e un Libro chiaro”
íóåúÏöí Èöåö Çááøåõ ãóäö ÇÊøóÈóÚó ÑöÖúæóÇäóåõ ÓõÈõáó ÇáÓøóáÇóãö æóíõÎúÑöÌõåõã ãöäó ÇáÙøõáõãóÇÊö Åöáóì ÇáäøõæÑö ÈÅöÐúäöåö æóíóåúÏöíåöãú Åöáóì ÕöÑóÇØò ãõÓúÊóÞöíãò ﴿16﴾
16. Con esso Allah guida sulle vie della pace quelli che seguono il Suo compiacimento, li trae dalle tenebre alla luce per volontà Sua, e li guida sulla retta via.
“As-salâm” (La Pace) è uno dei nomi divini[464]. Uno dei nomi del Paradiso è Dâru-s-salâm (Dimora della Pace). Concludiamo dunque che quando il sacro Corano parla delle vie della pace, intende le vie del Signore Eccelso e del Paradiso. Certo, per congiungersi a Dio, per raggiungere il Paradiso, bisogna percorrere le “subulu-s-salâm”, le vie della pace, riservate esclusivamente ai seguaci del vero.
Il termine “salâm”, ha un significato ampio, e denota la salute dell’individuo e della società, della famiglia e della progenie, del pensiero e dello spirito.
Vengono guidati solo coloro che cercano il consenso divino, e non il potere, i beni terreni e i piaceri materiali.
Di certo, tutte le vie che portano alla pace, alla salute del corpo e dello spirito, e alla beatitudine, passano per il consenso divino, e chiunque cerca il consenso delle creature ignorando quello divino, di certo, è traviato.
Alla fine, tutte le vie della pace raggiungono la retta via del Signore Eccelso, e tutti i sinceri credenti bramosi del consenso divino, s’incontrano su un unico sentiero, quello della beatitudine eterna.
Il sacro Corano, è una salvante medicina, che trae l’uomo dalle tenebre alla luce, e lo libera da ogni male.
áóÞóÏú ßóÝóÑó ÇáøóÐöíäó ÞóÇáõæÇ Åöäøó Çááøåó åõæó ÇáúãóÓöíÍõ ÇÈúäõ ãóÑúíóãó Þõáú Ýóãóä íóãúáößõ ãöäó Çááøåö ÔóíúÆÇð Åöäú ÃóÑóÇÏó Ãóäú íõåúáößó ÇáúãóÓöíÍó ÇÈúäó ãóÑúíóãó æóÇõãøóåõ æóãóä Ýöí ÇáÃóÑúÖö ÌóãöíÚÇð æóáöáøåö ãõáúßõ ÇáÓøóãÇæóÇÊö æóÇáÃóÑúÖö æóãóÇ ÈóíúäóåõãóÇ íóÎúáõÞõ ãóÇ íóÔóÂÁõ æóÇááøåõ Úóáóì ßõáø ÔóíúÁò ÞóÏöíÑñ ﴿17﴾
17. Sono certamente diventati miscredenti quelli che hanno detto: “Allah è il Messia, figlio di Maria”. Di’: “Chi potrebbe opporsi ad Allah, se Egli volesse far perire il Messia figlio di Maria, sua madre e tutti quelli che sono sulla terra? Ad Allah appartiene il dominio dei cieli e della terra e di tutto ciò che c’è tra essi [i cieli e la terra]”. Egli crea ciò che vuole, e Allah è onnipotente.
Il sacro Corano, nei suoi nobili versetti, ricorda alcune delle assurde affermazioni dei cristiani a proposito del Signore Eccelso.
§ La Trinità: “Credete dunque in Allah e nei Suoi messaggeri, e non dite “Tre”, smettete, che è meglio per voi”
§ Iddio, il Creatore, è uno dei tre dei della Trinità: «In verità, sono diventati miscredenti quelli che hanno detto: “Allah è il terzo di tre [divinità]”, mentre non c’è altra divinità all’infuori del Dio Unico!»
§ Dio è uno e trino: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il versetto in esame confuta questo assurdo dogma.
1. “Egli crea ciò che vuole”, crea un uomo da sola madre (Gesù), e un altro senza madre né padre (Adamo).
2. L’Islam è contrario a ogni forma di miscredenza, politeismo e idolatria.
3. Non è forse assurdo credere che il Messia sia Iddio, e, allo stesso tempo, credere che sia stato crocefisso e ucciso?
æóÞóÇáóÊö ÇáúíóåõæÏõ æóÇáäøóÕóÇÑóì äóÍúäõ ÃóÈúäóÂÁõ Çááøåö æóÃóÍöÈøóÂÄõåõ Þõáú Ýóáöãó íõÚóÐøÈõßõã ÈöÐõäõæÈößõã Èóáú ÃóäúÊõã ÈóÔóÑñ ãöãøóäú ÎóáóÞó íóÛúÝöÑõ áöãóä íóÔóÂÁõ æóíõÚóÐøÈõ ãóä íóÔóÂÁõ æóáöáøåö ãõáúßõ ÇáÓøóãÇæóÇÊö æóÇáÃóÑúÖö æóãóÇ ÈóíúäóåõãóÇ æóÅöáóíúåö ÇáúãóÕöíÑõ ﴿18﴾
18. E dicono i giudei e i cristiani: “Noi siamo i figli di Allah e i Suoi amici”. Di’: “Perché allora vi castiga per i vostri peccati? No, voi siete uomini di quelli che Egli ha creato. Egli perdona a chi vuole e castiga chi vuole, e ad Allah appartiene il dominio dei cieli e della terra e di tutto ciò che c’è tra essi [i cieli e la terra], ed è a Lui il ritorno”
Quando il sommo Profeta invitò un gruppo di giudei alla sacra religione islamica, essi dissero: “Noi siamo i figli di Allah e i Suoi amici”. Una simile pretesa la troviamo anche nel Vangelo di Giovanni (cap. 8, frase 41).
I giudei e i cristiani non si credevano realmente figli di Dio, sostenevano bensì di essere figli adottivi di Dio. Il sacro Corano esprime questa loro assurda pretesa con l’espressione “figli di Allah”
L’Islam condanna ogni forma di razzismo, discriminazione, settarismo e nepotismo. Nessuna società, razza e nazione, nessuno deve essere troppo sicuro della propria beatitudine né disperare della misericordia divina.
íó Ãóåúáó ÇáúßöÊóÇÈö ÞóÏú ÌóÂÁóßõãú ÑóÓõæáõäóÇ íõÈóíøäõ áóßõãú Úóáóì ÝóÊúÑóÉò ãöäó ÇáÑøõÓõáö Ãóä ÊóÞõæáõæÇ ãóÇ ÌóÂÁóäóÇ ãöäú ÈóÔöíÑò æóáÇ äóÐöíÑò ÝóÞóÏú ÌóÂÁóßõãú ÈóÔöíÑñ æóäóÐöíÑñ æóÇááøåõ Úóáóì ßõáø ÔóíúÁò ÞóÏöíÑñ ﴿19﴾
19. O gente del Libro, in verità, è venuto a voi il Nostro Messaggero per spiegarvi [la verità] nel periodo dell’interruzione [della venuta] dei profeti, affinché non abbiate a dire: “Non è venuto a noi nessun nunzio di lieta novella né ammonitore alcuno”. In verità, è venuto a voi un nunzio di lieta novella e un ammonitore. E Allah è onnipotente.
L’intervallo di tempo intercorso fra l’avvento del santo profeta Gesù e quello del Profeta dell’Islam, fu di circa seicento anni. Nei periodi in cui non v’è alcun profeta, la terra non rimane senza imam, v’è sempre il vicario di un profeta a continuare la sua opera.
A tal proposito, il Principe dei Credenti afferma che la terra non rimane mai senza hujjaħ [imam], a prescindere dal fatto che esso abbia potere o non lo abbia, poiché la via di Dio non deve rimanere nascosta per coloro che la ricercano.[465]
L’assenza del profeta non significa dunque che Iddio ha abbandonato l’uomo, anzi molte volte tale assenza viene usata da Dio per istruire e formare gli uomini[466].
æóÅöÐú ÞóÇáó ãõæÓóì áöÞóæúãöåö íóÇÞóæúãö ÇÐúßõÑõæÇ äöÚúãóÉó Çááøåö Úóáóíúßõãú ÅöÐú ÌóÚóáó Ýöíßõãú ÃóäúÈöíóÂÁó æóÌóÚóáóßõã ãõáõæßÇð æóÁóÇÊÇßõã ãóÇ áóãú íõÄúÊö ÃóÍóÏÇð ãöäó ÇáúÚóÇáóãöíäó ﴿20﴾
20. E quando Mosè disse al suo popolo: “O popolo mio, ricordate la grazia di Allah su di voi quando suscitò tra di voi dei profeti, e fece di voi dei re, e vi diede quello che non aveva mai dato a nessuno degli uomini”
Ricordare i doni ricevuti dal Signore Eccelso, aumenta il nostro amore e la nostra gratitudine e devozione per Dio. I maggiori doni divini sono i profeti, i loro vicari, il governo islamico, il potere e la libertà.
Bisogna invitare gli uomini alla verità e alla Religione di Dio, attraverso i loro affetti e sentimenti, ricordando ad essi la grazia concessa loro dal Creatore Misericordioso.
I profeti avevano il dovere di ricordare agli uomini i doni concessi loro dal Signore Eccelso. Alcuni degli speciali doni fatti da Dio ai figli d’Israele sono la divisione della acque del Nilo, che permise loro di salvarsi dagli uomini del Faraone, il sollevarsi del Sinai, la discesa della manna e delle quaglie dal cielo e le dodici sorgenti sgorgate dalla terra.
Bisogna inoltre trarre insegnamento dalla storia: la gente di Mosè, dopo aver goduto della speciale grazia del Signore Altissimo, dopo essere diventata potente, trasgredì e cadde in abiezione e miseria.
íóÇÞóæúãö ÇÏúÎõáõæÇ ÇáÃóÑúÖó ÇáúãõÞóÏøóÓóÉó ÇáøóÊöí ßóÊóÈó Çááøåõ áóßõãú æóáÇó ÊóÑúÊóÏøõæÇ Úóáóì ÃóÏúÈóÇÑößõãú ÝóÊóäúÞóáöÈõæÇ ÎóÇÓöÑöíäó ﴿21﴾
21. “O popolo mio, entrate nella Terra Santa che Allah vi ha destinato, e non ritiratevi, ché diventereste perdenti”
Questo versetto parla della vicenda dell’ingresso dei figli d’Israele in Terra Santa. Mosè ordinò alla sua gente: “Entrate nella Terra Santa che Iddio ha stabilito per voi, e non abbiate paura di entrarvi, non ritiratevi, siate pronti a qualsiasi sacrificio, e sappiate che se disubbidirete a questo ordine, sarete invero dei perdenti”
“Terra Santa” indica, o tutta la zona dei Šâmât (Siria, Giordania, Palestina ecc.), o la sola Gerusalemme.
ÞóÇáõæÇ íóÇ ãõæÓì Åöäøó ÝöíåóÇ ÞóæúãÇð ÌóÈøóÇÑöíäó æÅöäøóÇ áóä äóÏúÎõáóåõÇ ÍóÊøóì íóÎúÑõÌõæÇ ãöäúåóÇ ÝÅöä íóÎúÑõÌõæÇ ãöäúåóÇ ÝÅöäøóÇ ÏóÇÎöáõæäó ﴿22﴾
22. Dissero: “O Mosè, in essa v’è un popolo di oppressori, e noi non vi entreremo finché essi non ne saranno usciti. Se ne usciranno, allora entreremo”
“Jabbâr” deriva dal termine “jabr”, che significa emendare una cosa con forza ed impeto, e può anche denotare, separatamente, ciascuno dei due suddetti significati: emendare ed impeto. Quando questo termine viene usato per indicare uno degli attributi del Signore Sublime, può assumere ognuno dei suddetti significati.
L’espressione “qawman jabbârîn”, da noi tradotta con “popolo di oppressori”, indica gli “ºAmâliqaħ”, di razza semita, che vivevano nell’Arabia settentrionale, nel deserto del Sinai, e che attaccarono e dominarono, per circa cinque secoli l’Egitto.
Questo versetto c’insegna che la presenza di gente indegna in un luogo, in una terra, non deve scoraggiare i credenti, i quali devono combattere il male e scacciare gli empi, e non attendere che se ne vadano via da soli.
L’Islam condanna duramente i pigri e la pigrizia. Bisogna fare affidamento sul Signore Eccelso, darsi da fare, e combattere e scacciare i nemici.
ÞóÇáó ÑóÌõáÇóäö ãöäó ÇáøóÐöíäó íóÎóÇÝõæäó ÃóäúÚóãó Çááøåõ ÚóáóíúåöãóÇ ÇÏúÎõáõæÇ Úóáóíúåöãõ ÇáúÈóÇÈó ÝÅöÐóÇ ÏóÎóáúÊõãõæåõ ÝóÅöäøóßõãú ÛóÇáöÈõæäó æóÚóáóì Çááøåö ÝóÊóæóßøóáõæÇ Åöä ßõäúÊõã ãõÄúãöäöíäó ﴿23﴾
23. Due uomini, di coloro che temevano [Allah], ai quali Allah aveva concesso la [Sua] grazia, dissero: “Entrate contro di loro per questa porta! Ebbene, quando sarete entrati, sarete invero vincenti, e in Allah dovete confidare se siete credenti”
I tafâsîr affermano che i due uomini dei quali parla il versetto in esame, erano due dei dodici capi delle tribù giudee, e si chiamavano Yûšaº Bin Nûn e Kâlib Bin Yûfnâ. Anche la Torà (Deuteronomio) ricorda i nomi di questi due uomini.
Il timor di Dio avvicina l’uomo alla grazia e ai doni del Signore. Chi veramente ha timore di Dio, non può temere che Lui, non ha paura di nessuno all’infuori di Lui. I credenti devono sempre fare affidamento su Allah, soprattutto nei momenti difficili.
ÞóÇáõæÇ íóÇ ãõæÓóì ÅöäøóÇ áóä äóÏúÎõáóåó ÃóÈóÏÇð ãóÇ ÏóÇãõæÇ ÝöíåóÇ ÝóÇÐúåóÈú ÃóäúÊó æóÑóÈøõßó ÝóÞóÇÊöá ÅöäøóÇ åóÇåõäóÇ ÞóÇÚöÏõæäó ﴿24﴾
24. Dissero: “O Mosè, noi vi non entreremo mai finché essi saranno là. Vai dunque tu con il tuo Signore, e combattete [contro di loro]. Noi staremo qui seduti”
La Mecca e la Città Santa, sono ambedue città sacre. Quando Mosè ordinò ai giudei di entrare nella Città Santa, addussero pretesti, e disubbidirono. I mussulmani però, nel sesto anno dell’egira, in viaggio per compiere alla Mecca i riti della ºUmraħ al seguito del sommo Profeta, si avvicinarono a questa santa città con l’intenzione di attaccare e sterminare i miscredenti di questa città, e se non fosse stato per il santo Messaggero di Allah, che frenò il loro impeto, lo avrebbero fatto, ma invece della guerra ci fu la Pace di Hudaybiyyaħ. Certo, ambedue i popoli giunsero alle porte di una città santa: i giudei codardi, i mussulmani audaci! Del resto i giudei sono sempre stati insolenti, cavillatori, deboli, pigri e codardi.
ÞóÇáó ÑóÈø Åöäøí á Ãóãúáößõ ÅöáÇøó äóÝúÓöí æóÃóÎöí ÝóÇÝúÑõÞú ÈóíúäóäóÇ æóÈóíúäó ÇáúÞóæúãö ÇáúÝóÇÓöÞöíäó ﴿25﴾
25. Disse: “Signore, in verità, io ho potere solo su me stesso e su mio fratello, separaci dunque da questo popolo di perversi!”
In questo versetto leggiamo che Mosè perse ogni speranza di poter condurre sulla retta via i giudei, e supplicò Iddio, dicendo: “Signore, in verità, io ho potere solo su me stesso e su mio fratello, separaci dunque da questo popolo di perversi”, affinché ricevessero la punizione che si meritavano, e si emendassero!
I giudei, disubbidendo a Mosè, commisero un gravissimo peccato, assai vicino alla miscredenza, e se il sacro Corano li chiama fâsiqûn, termine da noi tradotto con “perversi”, è perché questo termine ha un significato assai ampio, che comprende ogni forma di disubbidienza al Signore Eccelso.
ÞóÇáó ÝÅöäøóåóÇ ãõÍóÑøóãóÉñ Úóáóíúåöãú ÃóÑúÈóÚöíäó ÓóäóÉð íóÊöíåõæäó Ýöí ÇáÃÑúÖö ÝóáÇó ÊóÃúÓó Úóáóì ÇáúÞóæúãö ÇáúÝóÇÓöÞöíäó ﴿26﴾
26. Disse [Allah]: “Ebbene, essa [questa terra] sarà loro proibita per quarant’anni, ed erreranno sulla terra. Non ti affliggere dunque per questo popolo di perversi”
Si narra che i figli d’Israele, dopo aver disubbidito a Mosè, vissero per quarant’anni in miseria nel deserto del Sinai.
Anche la Torà (Numeri) narra la storia della trasgressione dei giudei, la punizione divina dalla quale furono colpiti, e il loro lungo errare nel deserto del Sinai.
In una tradizione del santo imam Bâqir (A) leggiamo che i figli d’Israele dopo quarant’anni di vagabondaggio, dopo aver perso Mosè e Aronne, ebbene, attaccarono il nemico; quindi la loro negligenza non ebbe altro risultato che quarant’anni di miseria e vagabondaggio. In un’altra tradizione, il santo imam Bâqir (A) afferma: “Una simile cosa accadrà anche ai mussulmani!”
1. Chi è pigro, debole, negligente, chi discute gli ordini di un profeta, chi trasgredisce la legge divina e si rifiuta di combattere i nemici del Signore Altissimo, ebbene, merita di cadere in miseria e vagabondare per lunghi anni sulla terra.
2. I perversi meritano di errare miseramente sulla terra, mentre i timorati meritano di essere illuminati dalla luce e dal discrimine del Signore Eccelso.
æóÇÊúáõ Úóáóíúåöãú äóÈóÇó ÇÈúäóíú ÁóÇÏóãó ÈöÇáúÍóÞø ÅöÐú ÞóÑøóÈóÇ ÞõÑúÈóÇäÇð ÝóÊõÞõÈøáó ãöäú ÃóÍóÏöåöãóÇ æóáóãú íõÊóÞóÈøóáú ãöäó ÇáÇóÎóÑö ÞóÇáó áÇóóÞúÊõáóäøóßó ÞóÇáó ÅöäøóãóÇ íóÊóÞóÈøóáõ Çááøåõ ãöäó ÇáúãõÊøóÞöíäó ﴿27﴾ áóÆöäú ÈóÓóØúÊó Åöáóìøó íóÏóßó áöÊóÞúÊõáóäöí ãó ÃóäóÇ ÈöÈóÇÓöØò íóÏöíó Åöáóíúßó áÇóóÞúÊõáóßó Åöäøí ÃóÎóÇÝõ Çááøåó ÑóÈøó ÇáúÚóÇáóãöíäó ﴿28﴾
27. E recita loro la storia dei due figli di Adamo, secondo verità, quando offrirono [ad Allah] un sacrificio: da uno fu accettato e dall’altro non fu accettato. Questi disse: “È sicuro, di certo ti ucciderò!”. Disse [allora il fratello]: “In verità, Allah accetta solo da parte dei timorati [di Allah].
28. Giuro che se stenderai la mano su di me per uccidermi, io non la stenderò su di te per ucciderti, poiché, in verità, io temo Allah, Rabbi-lºâlamîn [Signore delle Creature dell’Universo].