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COMMENTO

Quando avete a che fare con un invidioso, siate cauti, ponderate bene quello che dite e fate, al fine di spegnere in lui il fuoco dell’invidia. In effetti, uno dei metodi per vietare il male è garantire ai trasgressori che non sarà fatto loro alcun male.

Certo, Abele non aveva intenzione di uccidere, ma questo non significa che non si sia difeso, poiché egli era timorato, e lasciarsi uccidere senza resistere e difendersi, è in contrasto col timor di Dio.

Inoltre, Abele si astenne dall’uccidere il fratello Caino, per amor e timor di Dio, non per paura, e questa è virtù. In effetti, il timor di Dio e la devozione impediscono all’uomo di peccare e commettere crimini.

VERSETTI 29 E 30

Åöäøí ÇõÑöíÏõ Ãóä ÊóÈõæÃó ÈöÇööËúãöí æóÅöËúãößó ÝóÊóßõæäó ãöäú ÃóÕúÍóÇÈö ÇáäøóÇÑö æóÐóáößó ÌóÒóÂÄõÇú ÇáÙøóÇáöãöíäó ﴿29﴾ ÝóØóæøóÚóÊú áóåõ äóÝúÓõåõ ÞóÊúáó ÃóÎöíåö  ÝóÞóÊóáóåõ ÝóÇóÕúÈóÍó ãöäó ÇáúÎóÇÓöÑöíäó ﴿30﴾

29.       In verità, io voglio che tu t’accolli il mio peccato e il tuo, affinché tu sia della gente del Fuoco, e questa è la ricompensa degli ingiusti”

30.       Ebbene, il suo nafs lo spinse ad uccidere il proprio fratello. Lo uccise dunque, e divenne uno dei perdenti.

COMMENTO

Abele, non voleva accollarsi le colpe altrui, è per questo che si astenne dall’uccidere il fratello Caino. Inoltre, addossò le proprie colpe al fratello assassino. A tal proposito in una tradizione del santo imam Bâqir (A), leggiamo: «Chiunque uccida intenzionalmente un credente, Iddio registrerà a carico dell’assassino tutti i peccati, è purificherà l’ucciso da essi. A questo si riferisce il versetto: “In verità, io voglio che tu t’accolli il mio peccato e il tuo…»

Il versetto in esame non ordina ovviamente di tacere dinanzi alle ingiustizie dei peccatori, nella speranza che s’accollino anche i nostri peccati. Uno dei metodi per vietare il male, è far comprendere al peccatore che oltre alle proprie colpe s’addossa anche quelle di coloro ai quali fa ingiustizia.

Inoltre, la pura natura umana aborre spontaneamente l’omicidio, è il nafs, sono le passioni umane, che spingono l uomo a uccidere.

È bene infine sapere che la vera fede nella risurrezione, che è uno dei primi principi della fede comparsi sulla terra, impedisce all’uomo di uccidere il prossimo e di commettere qualsiasi altro peccato.

VERSETTO 31

ÝóÈóÚóËó Çááøåõ ÛõÑóÇÈÇð íóÈúÍóËõ Ýöí ÇáÃóÑúÖö áöíõÑöíóåõ ßóíúÝó íõæóÇÑöí ÓóæúÁóÉó ÃóÎöíåö ÞóÇáó íóÇæóíúáóÊóì ÃóÚóÌóÒúÊõ Ãóäú Ãóßõæäó ãöËúáó åóÐóÇ ÇáúÛõÑóÇÈö ÝóÇõæóÇÑöíó ÓóæúÁóÉó ÃóÎöí ÝóÇóÕúÈóÍó ãöäó ÇáäøóÇÏöãöíäó ﴿31﴾

31.       Poi Allah inviò un corvo che si mise a scavare la terra per mostrargli come nascondere il cadavere di suo fratello. Disse [allora]: “Guai a me! Sono forse incapace di essere come questo corvo, sì da nascondere il cadavere di mio fratello?”. E divenne dunque uno dei pentiti.

COMMENTO

In una tradizione del nobile imam Şâdiq (A), leggiamo che quando Caino uccise il fratello Abele, lo abbandonò nel deserto, e non seppe che cosa doveva fare del suo cadavere. Dopo un po’ le fiere si avvicinarono al cadavere del povero Abele, e fu allora che: “Allah inviò un corvo che si mise a scavare la terra per mostrargli come nascondere il cadavere di suo fratello”

Poi il sacro Corano aggiunge che in quel momento, Caino, resosi conto della sua incoscienza e ignoranza, disse rammaricato: “Guai a me! Sono forse incapace di essere come questo corvo, sì da nascondere il cadavere di mio fratello?”

Ma in ogni caso si pentì dell’infame atto che aveva commesso: “E divenne dunque uno dei pentiti”. Il fatto che Caino si sia pentito, non dimostra ovviamente che abbia chiesto perdono a Dio per avere ucciso il fratello Abele.

In una tradizione del sommo Profeta (S) leggiamo: “Di Caino è parte della responsabilità dell’assassinio di ogni innocente, poiché fu lui che fondò l’infame tradizione dell’omicidio”[467]

VERSETTO 32

ãöä ÃóÌúáö Ðáößó ßóÊóÈúäóÇ Úóáóì Èóäöí ÅöÓúÑóÂÆöíáó Ãóäøóåõ ãóä ÞóÊóáó äóÝúÓÇð ÈöÛóíúÑö äóÝúÓò Ãóæú ÝóÓóÇÏò Ýöí ÇáÇóÑúÖö ÝóßóÇóäøóãóÇ ÞóÊóáó ÇáäøóÇÓó ÌóãöíÚÇð æóãóäú ÃóÍúíóÇåóÇ ÝóßóÇóäøóãó ÃóÍúíóÇ ÇáäøóÇÓó ÌóãöíÚÇð æóáóÞóÏú ÌóÂÁóÊúåõãú ÑõÓõáõäóÇ ÈöÇáúÈóíøäóÇÊö Ëõãøó  Åöäøó ßóËöíÑÇð ãöäúåõã ÈóÚúÏó Ðóáößó Ýöí ÇáÃóÑúÖö áóãõÓúÑöÝõæäó ﴿32﴾

32.       Per questo abbiamo prescritto ai figli d’Israele che chiunque uccida un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, ebbene, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera, e chiunque ne vivifichi [salvi] uno, ebbene, sarà come se avesse vivificato [salvato] l’umanità intera. E, in verità, i  Nostri messaggeri sono venuti a loro con le chiare prove, poi, in verità, molti di loro, dopo di ciò, commisero eccessi sulla terra.

COMMENTO

In questo versetto il sacro Corano trae una conclusione generale dalla storia di Caino ed Abele, dicendo: “Per questo abbiamo prescritto ai figli d’Israele che chiunque uccida un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, ebbene, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera, e chiunque ne vivifichi [salvi] uno, ebbene, sarà come se avesse vivificato [salvato] l’umanità intera”

Che cosa intende dire questo versetto? Come può l’uccisione o la salvezza di una sola persona essere simile all’uccisione o alla salvezza dell’intera umanità?

In questo versetto il sacro Corano intende esporre la seguente verità sociale e morale: chi uccide un innocente, in verità, dimostra di essere incline all’omicidio, a uccidere altre persone innocenti, e, in teoria, anche tutti gli uomini esistenti sulla faccia della terra, analogamente, chi salva un essere umano, dimostra di essere incline a salvare altre persone, e, in teoria, anche tutti gli uomini esistenti sulla faccia della terra.

Fu chiesto al santo imam Şâdiq (A) il tafsîr del versetto in esame, e l’Imam disse che il sommo tafsîr di questo versetto riguarda l’invito alla verità, che salva l’uomo, e al falso, che lo danna.

Il versetto si conclude ricordando la trasgressione dei giudei: “E, in verità, i  Nostri messaggeri sono venuti a loro con le chiare prove, poi, in verità, molti di loro, dopo di ciò, commisero eccessi sulla terra”

OSSERVAZIONI

1.       L’umanità è un’unica realtà con un’unica anima, e gli uomini sono come gli organi di un unico corpo.

2.       Il valore delle azioni dipende dai moventi e dagli obiettivi. Uccidere ingiustamente una persona, è come uccidere l’intera società umana, mentre uccidere per eseguire la pena del qişâş [contrappasso], dona vita alla società.

3.       A volte la morte o la salvezza di una sola persona incide sulla morte o sulla salvezza dell’intera società, e a volte le uccisioni individuali preparano il terreno a quelle di massa.

4.       In una società viva, la gente aiuta coloro che vengono colpiti da disgrazia, e si dà da fare per salvare la vita della gente innocente in pericolo.

5.       Il suicidio e l’aborto sono due esempi di omicidio!

6.       Chi calpesta i diritti dell’individuo (fra cui quello alla vita), in realtà, minaccia tutta la società.

7.       Coloro la cui professione è salvare la vita alla gente, come i medici, gli infermieri, i pompieri ecc., devono considerarsi fortunati ed essere grati a Dio per il lavoro che svolgono.

VERSETTO 33

ÅöäøóãóÇ ÌóÒóÂÄõÇú ÇáøóÐöíäó íõÍóÇÑöÈõæäó Çááøåó  æóÑóÓõæáóåõ æóíóÓúÚóæúäó Ýöí ÇáÃóÑúÖö ÝóÓóÇÏÇð Çóä íõÞóÊøóáõæÇ Ãóæú íõÕóáøóÈõæÇ Ãóæú ÊõÞóØøóÚó ÃóíúÏöíåöãú æóÃóÑúÌõáõåõã ãöäú ÎöáÇóÝò Ãóæú íõäÝóæúÇ ãöäó ÇáÇóÑúÖö Ðáößó áóåõãú ÎöÒúíñ Ýöí ÇáÏøõäúíóÇ æóáóåõãú Ýöí ÇáÇóÎöÑóÉö ÚóÐóÇÈñ ÚóÙöíãñ ﴿33﴾

33.       In verità, la punizione di coloro che combattono Allah e il Suo Messaggero, e che si adoperano per seminare la corruzione sulla terra, è che siano uccisi, o appesi[468], o siano loro tagliate le mani e i piedi da lati opposti, o che siano esiliati da quella terra: questa è per loro ignominia nel mondo, e per essi, nell’aldilà, v’è un castigo immenso.

COMMENTO

A proposito dell’occasione in cui fu rivelato il versetto in esame, si narra che alcuni politeisti vennero a Medina, e si convertirono all’Islam, e siccome erano malati, per ordine del sommo Profeta, andarono in una località dal clima mite, nei pressi di Medina, per curarsi, nella quale si giovarono del latte delle cammelle della zakâħ. Quando recuperarono la salute, presero i pastori, amputarono loro le mani e i piedi, li accecarono, rubarono loro i cammelli, e rinnegarono l’Islam. Il santo Messaggero di Allah ordinò di catturarli e di riservare loro lo stesso trattamento, di tagliare cioè loro le mani e i piedi, e di accecarli. Fu in questo momento che Iddio rivelò il versetto in esame.

Le punizioni ordinate dal versetto fanno parte del cosiddetto “haqqu-l-lâh” (diritto di Allah), e non possono essere condonate né convertite in altre pene.[469]

Inoltre, per emendare la società, oltre ai consigli e agli ammonimenti, sono necessarie anche la spada e le maniere forti. Il versetto precedente era un ammonimento, questo invece una minaccia, un severo annuncio rivolto ai muhârib (coloro che combattono Iddio).

È interessante notare che il versetto in esame considera la guerra contro la gente, guerra contro il Signore Eccelso. Perciò, a coloro che rendono insicura la società, il sacro Corano infligge diversi tipi di pene: pena di morte, esilio, amputazione delle mani e dei piedi, impiccagione. Le pene devono ovviamente essere eseguite secondo giustizia. Siccome i peccati e i peccatori sono diversi, anche le pene inflitte devono essere diverse, adeguate al tipo di peccato e peccatore. Se si tratta di un grave crimine, bisogna eseguire la pena di morte, mentre se si tratta di un reato minore, la pena è l’esilio. Tutto ciò è stato dedotto dalle tradizioni islamiche, fra le quali la seguente: “L’omicidio dev’essere punito con la pena di morte, mentre la punizione di colui che getta il panico fra la gente, è l’esilio. La pena da infliggere al ladro è il taglio della mano e del piede, mentre la punizione della rapina a mano armata, è, oltre al taglio della mano e del piede, l’impiccagione”[470]

Alcune tradizioni, interpretano la frase da noi tradotta con l’espressione che siano esiliati da quella terra”, ordinando di gettare i criminali (dei quali parla il versetto in esame) in mare.[471]

OSSERVAZIONI

1.       È dovere del governo garantire la sicurezza della società, e delle città, dei villaggi, delle strade ecc.

2.       Gli oppositori della wilâyaħ del santo Messaggero di Allah, intendono combattere e rovesciare il sacro governo islamico, devono quindi essere sterminati.

3.       Quelli che combattono i santi Imam o il governo islamico, fanno parte di coloro che il versetto in esame ordina di punire.

4.       L’ottavo nobile Imam (A) disse: “Il periodo d’esito del mufsid [colui che sparge la corruzione sulla terra], è di un anno, ed è necessario comunicare alla gente il luogo dell’esilio, affinché interrompa ogni relazione con l’esiliato”[472]

5.       Secondo il sacro Corano, anche l’usuraio è in guerra contro Dio[473], poiché mette in pericolo l’economia della società.

6.       Le tradizioni considerano in guerra con Dio anche la persona che offende un mussulmano.[474]

VERSETTO 34

ÅöáÇøó ÇáøóÐöíäó ÊóÇÈõæÇ ãöä ÞóÈúáö Ãóä ÊóÞúÏöÑõæÇ Úóáóíúåöãú ÝóÇÚúáóãõæÇ Çóäøó Çááøåó ÛóÝõæÑñ ÑóÍöíãñ ﴿34﴾

34.       Eccetto quelli che si pentono prima che voi li vinciate. Sappiate dunque, che Allah è ġafûr [clemente], rahîm [benevolo].

COMMENTO

Il pentimento del muhârib e del mufsid [corruttore] è accettato solo nel caso in cui non abbiano commesso reati quali furto e omicidio. In altre parole, il pentimento ha effetto quando il peccatore abbia calpestato qualche diritto divino, non quando sono stati calpestati i diritti della gente.

Tutti possono pentirsi e ottenere il perdono divino, persino il muhârib, a patto però che si penta volontariamente prima di essere catturato e trascinato dinanzi alla giustizia. Per quanto riguarda invece gli altri peccati, il pentimento è utile solo prima della morte[475].

In ogni caso, le punizioni divine hanno un carattere puramente educativo e formativo, mirano solo a riformare e correggere gl’individui e la società, e non a vendicarsi di loro, perciò il pentimento del peccatore ha effetto.

VERSETTO 35

íó ÃóíøõåóÇ ÇáøóÐöíäó ÁóÇãóäõæÇ ÇÊøóÞõæÇ Çááøåó æóÇÈúÊóÛõæÇ Åöáóíúåö ÇáúæóÓöíáóÉó æóÌóÇåöÏõæÇ Ýöí ÓóÈöíáöåö áóÚóáøóßõãú ÊõÝúáöÍõæäó ﴿35﴾

35.       O voi che avete prestato fede, temete Allah, cercate il mezzo [che vi avvicina] a Lui, e fate la jihâd sul Suo sentiero, affinché possiate salvarvi.

COMMENTO

Il Principe dei Credenti Alì (A), disse: “I migliori mezzi per avvicinarsi a Dio, sono la fede in Dio e nel Suo Messaggero, la jihâd sul Suo sentiero, la fede nell’unicità divina, l’elevazione della şalâħ, il pagamento della zakâħ, il digiuno del mese di ramadan, lo hajj, lo ºumraħ, il rispetto dei vincoli di sangue, le elemosine fatte segretamente o apertamente, e le buone opere”[476]

Dunque, per salvarsi, è necessario astenersi dalla cose proibite ed eseguire quelle obbligatorie.

Le buone opere sono tutte efficaci mezzi per raggiungere la beatitudine, a patto però che non vengano rese vane dal peccato e dalla trasgressione.

In base a quanto affermano le tradizioni islamiche, l’Ahlu-l-bayt (A), la nobile Famiglia del sommo Profeta, è il forte laccio che lega gli uomini a Dio, e il potente mezzo che li avvicina a Lui.

Nelle tradizioni dei Purissimi, al termine wasîlaħ (da noi tradotto con “mezzo” nella traduzione del versetto in esame), viene dato il significato di “imam”[477]

Un’altra tradizione, a proposito dell’Ahlu-l-bayt (A), afferma: “Essi sono il Sicuro Laccio e il Mezzo [che porta] ad Allah”[478]

Per concludere ricordiamo che la questione del tawassul, e cioè prendere un imam come mezzo per avvicinarsi a Dio, è stata trattata anche dal sacro Corano[479] e dalle fonti sunnite, fra le quali ricordiamo il Şawâºiq di Bin Hajar, il Sunan di Bayhaqiyy, il Şahîh di Dâramiyy, e il Wafã’u-l-wafã’ (vol. 3, pag. 1371).

VERSETTI 36 E 37

Åöäøó ÇáøóÐöíäó ßóÝóÑõæÇ áóæú Ãóäøó áóåõã ãóÇ Ýöí ÇáÃóÑúÖö ÌóãöíÚÇð æóãöËúáóåõ ãóÚóåõ áöíóÝúÊóÏõæÇ Èöåö ãöäú ÚóÐóÇÈö íóæúãö ÇáúÞöíóÇãóÉö ãóÇ ÊõÞõÈøáó ãöäúåõãú æóáóåõãú ÚóÐóÇÈñ Ãóáöíãñ ﴿36﴾ íõÑöíÏõæäó Ãóä íóÎúÑõÌõæÇ ãöäó ÇáäøóÇÑö æóãóÇ åõã ÈöÎóÇÑöÌöíäó ãöäúåóÇ æóáóåõãú ÚóÐóÇÈñ ãõÞöíãñ ﴿37﴾

36.       In verità, coloro che sono diventati miscredenti, quand’anche possedessero tutto quello che c’è sulla terra e altrettanto ancora per riscattarsi dal castigo del Giorno del Giudizio, non sarebbe accettato da loro. E per essi v’è un doloroso castigo.

37.       Vorranno uscire dal Fuoco, ma non ne usciranno mai, e avranno un castigo perpetuo.

COMMENTO

Il versetto precedente ordinava ai credenti il timor di Dio, la jihâd, e la ricerca della wasîlaħ. Il primo versetto in esame, come argomento di quello precedente, espone la fine e il destino dei miscredenti e dei perversi, dicendo: In verità, coloro che sono diventati miscredenti, quand’anche possedessero tutto quello che c’è sulla terra e altrettanto ancora per riscattarsi dal castigo del Giorno del Giudizio, non sarebbe accettato da loro. E per essi v’è un doloroso castigo”

Solo credendo, temendo Iddio, facendo la jihâd, ed eseguendo le rette azioni è possibile salvarsi!

Poi, nel secondo versetto in esame, il sacro Corano ricorda la continuazione di questo castigo, dicendo: Vorranno uscire dal Fuoco, ma non ne usciranno mai, e avranno un tormento perpetuo”

In ogni caso, tutte le vie di salvezza sono chiuse per i miscredenti, essi non possono giovarsi né della misericordia divina, poiché essa è riservata ai timorati, né della intercessione dei Profeti e degli Imam, poiché è riservata a coloro dei quali Iddio è soddisfatto. Essi inoltre non moriranno mai, bruceranno vivi in eterno nel fuoco. Chiederanno di morire, ma non saranno mai esauditi!

Chi in questo mondo, con tutte le guide divine e le chiare prove che Iddio ha messo a disposizione dell’uomo, preferisce rimanere nelle tenebre della miscredenza e dell’ignoranza, ebbene, nell’aldilà dovrà rimanere nelle fiamme dell’Inferno.

VERSETTO 38

æóÇáÓøóÇÑöÞõ æóÇáÓøóÇÑöÞóÉõ ÝóÇÞúØóÚõæÇ ÃóíúÏöíóåõãóÇ ÌóÒóÂÁð ÈöãóÇ ßóÓóÈóÇ äóßóÇáÇð ãöäó Çááøåö æóÇááøåõ ÚóÒöíÒñ Íóßöíãñ ﴿38﴾

38.       E il ladro e la ladra, ebbene, dovete tagliare loro le mani, [come] punizione di ciò che hanno fatto, [come] castigo da parte di Allah. E Allah è ºazîz [invincibile], hakîm [saggio].

COMMENTO

In questo versetto, il sacro Corano cita prima il ladro e poi la ladra, mentre nella Sura della Luce, nel versetto in cui parla dell’adulterio, cita prima l’adultera e poi l’adultero, forse perché nella società, nella maggior parte dei casi, l’uomo è la causa dei furti e la donna degli adulteri.

Fu chiesto a Sayyid Murtađâ ºAlamu-l-Hudâ (vissuto circa mille anni orsono): “Perché una mano, la cui diyaħ ammonta a cinquecento miŝqâl d’oro, viene tagliata per il furto di un quarto di miŝqâl d’oro?”. Egli rispose: “L’onestà aumenta il valore della mano, mentre la disonestà ne diminuisce il valore”

In base a quanto affermano le tradizioni, il taglio della mano consiste nell’amputazione di quattro dita della mano, lasciando il pollice e la palma. Dopo l’esecuzione della pena, i beni rubati devono essere restituiti ai loro legittimi proprietari.

Questa pena deve essere eseguita quando il valore della refurtiva supera un quarto di dînâr (un quarto di miŝqâl d’oro), ed è stata rubata da un luogo protetto, non, ad esempio, da una moschea o da un bagno pubblico. Il ladro deve essere anche a conoscenza del precetto del taglio della mano, se no non è lecito tagliargli la mano. Se un individuo ruba i beni del proprio socio, o in anni di carestia, per stretta necessità, ruba alimenti, o… ebbene, non è lecito tagliargli la mano. Questa pena non viene inoltre eseguita nel caso di un padre che ruba dal proprio figlio o di uno schiavo che ruba dal proprio padrone, o quando a rubare è un minorenne o un pazzo o una persona che pensava di avere il diritto di appropriarsi di un determinato bene. Ovviamente, in ognuno dei casi in cui non viene eseguita la pena del taglio della mano, viene eseguita un’altra pena.

In alcune tradizioni il sommo Profeta (S) afferma che il peggior ladro è colui che ruba dalla propria preghiera, e cioè, che non compie in modo completo i rukûº e i sujûd della preghiera.

In caso di recidiva, la seconda volta, dopo il taglio della mano, al ladro che ruba di nuovo, viene tagliato il piede sinistro, da sotto il tarso, mentre la terza volta è previsto l’ergastolo, e la quarta volta la pena di morte.[480]

OSSERVAZIONI

1.       Il taglio della mano è un’efficace pena inibitoria.

2.       Nell’esecuzione delle leggi e delle pene divine, non bisogna farsi influenzare dagli affetti e dai sentimenti, è necessario essere decisi e risoluti.

3.       Oltre al taglio della mano, il ladro deve restituire la refurtiva.

4.       L’esecuzione di questo tipo di pene, necessita dell’esistenza di un governo islamico dotato di pieni poteri.

5.       L’indigenza non è una valida scusa per rubare i beni altrui. L’Islam, prima della pena del taglio della mano, ricorda alla gente l’importanza e la necessità del lavoro, e dell’aiuto dei poveri attraverso il fondo pubblico, i parenti, il prestito senza interessi ecc.[481]

6.       Queste pene divine non sono una forma di vendetta, sono solo provvedimenti inibitori.

VERSETTO 39

Ýóãóä ÊóÇÈó ãöä ÈóÚúÏö Ùõáúãöåö æóÃóÕúáóÍó ÝóÅöäøó Çááøåó íóÊõæÈõ Úóáóíúåö Åöäøó Çááøåó ÛóÝõæÑñ ÑóÍöíãñ ﴿39﴾

39.       Chi dunque si pente dopo la propria iniquità, e si corregge, ebbene, in verità, Allah accetta il suo pentimento, ché, in verità, Allah è ġafûr [clemente], rahîm [benevolo].

COMMENTO

Nell’Islam, le pene e le punizioni sono sempre accompagnate dai consigli, dagli ammonimenti e dagli inviti al bene e alla verità. Così, nel versetto precedente è stata esposta la pena del taglio della mano, e in questo s’invita i peccatori a pentirsi, correggersi e a chiedere perdono a Dio per le proprie colpe.

Le porte del perdono divino sono sempre aperte dinanzi al peccatore pentito che intende correggersi e riparare. Se il ladro (o la ladra) si pente prima di essere catturato e processato, e restituisce la refurtiva, viene perdonato in questo mondo e nell’aldilà, mentre se si pente dopo essere stato catturato, non riceverà il perdono in questo mondo, e sarà punito, e il pentimento potrà giovargli solo nell’aldilà.

VERSETTO 40

Ãóáóãú ÊóÚúáóãú Ãóäøó Çááøåó áóåõ ãõáúßõ ÇáÓøóãÇæóÇÊö æóÇáÃóÑúÖö íõÚóÐøÈõ ãóä íóÔóÂÁõ æóíóÛúÝöÑõ áöãóä íóÔóÂÁõ æóÇááøåõ Úóáóì ßõáø ÔóíúÁò ÞóÏöíÑñ ﴿40﴾

40.       Non hai forse saputo che ad Allah appartiene il dominio dei cieli e della terra? Egli castiga chi vuole e perdona chi vuole. E Allah è onnipotente.

COMMENTO

Iddio non ha alcun bisogno del pentimento dei Suoi servi, poiché a Lui appartiene il dominio dei cieli e della terra. I peccatori e gli scellerati sappiano dunque che non hanno alcuna via di scampo, poiché volenti o nolenti ritornano al Signore Eccelso.

VERSETTO 41

íó ÃóíøõåóÇ ÇáÑøóÓõæáõ áÇ íóÍúÒõäßó ÇáøóÐöíäó íõÓóÇÑöÚõæäó Ýöí ÇáúßõÝúÑö ãöäó ÇáøóÐöíäó ÞóÇáõæÇ ÁóÇãóäøóÇ ÈöÃóÝúæóÇåöåöãú æóáóãú ÊõÄúãöäú ÞõáõæÈõåõãú æóãöäó ÇáøóÐöíäó åóÇÏõæÇ ÓóãøÜÇÚõæäó áöáúßóÐöÈö ÓóãøÜÇÚõæäó áöÞóæúãò ÁóÇÎóÑöíäó áóãú íóÃúÊõæßó íõÍóÑøÝõæäó Çáúßóáöãó ãöäú ÈóÚúÏö ãóæÇÖöÚöåö íóÞõæáõæäó Åöäú ÇõæÊöíÊõãú åÐóÇ ÝóÎõÐõæåõ æÅöä áóãú ÊõÄúÊóæúåõ ÝóÇÍúÐóÑõæÇ æóãóä íõÑöÏö Çááøåõ ÝöÊúäóÊóåõ Ýóáóä Êóãúáößó áóåõ ãöäó Çááøåö ÔóíúÆÇð ÇõæáÆößó ÇáøóÐöíäó áóãú íõÑöÏö Çááøåõ Ãóä íõØóåøÑó ÞõáõæÈóåõãú áóåõãú Ýöí ÇáÏøõäúíóÇ ÎöÒúíñ æóáóåõãú Ýöí ÇáÇóÎöÑóÉö ÚóÐóÇÈñ ÚóÙöíãñ ﴿41﴾

41.       O Messaggero, non ti affliggano coloro che si precipitano nella miscredenza, fra quelli che dicono: “Abbiamo creduto!” con le loro bocche, mentre i loro cuori non credono [affatto], e fra i giudei che hanno le orecchie sempre tese ad ascoltare la menzogna[482], che hanno le orecchie sempre tese ad ascoltare per altri che non sono mai venuti da te[483]. Stravolgono [il senso de] le parole, e dicono: “Se vi viene dato questo, ebbene, accettatelo, e se non vi viene dato, state allora in guardia!”. E chi Allah vuole che cada nella “fitnah”[484], ebbene, non potrai ottenere nulla per lui da Allah. Quelli sono coloro i cui cuori Allah non ha voluto purificare. Essi avranno ignominia in questo mondo, e per essi, nell’aldilà, v’è un castigo immenso.

COMMENTO

I munâfiqûn e i giudei, assieme, perseguono un unico scopo: deviare la gente dalla religione divina.

I miscredenti hanno sempre delle spie fra i mussulmani, perciò coloro che hanno il dovere di diffondere la religione di Allah non devono credere che tutti coloro che prestano ascolto alle loro parole lo facciano in buona fede.

I munâfiqûn hanno ignominia in questo mondo (ascoltare menzogne, essere spie, stravolgere il senso delle parole, credere falsamente per raggiungere vili scopi), e saranno colpiti da un duro castigo nell’aldilà.

In ogni caso, noi dobbiamo sottometterci alle verità e agli ordini divini, astenendoci seriamente dall’alterare a nostro piacimento la religione di Allah e i Suoi precetti.

VERSETTO 42

ÓóãøÜÇÚõæäó áöáúßóÐöÈö ÃóßøóÇáõæäó áöáÓøõÍúÊö ÝÅöä ÌóÂÁõæßó ÝóÇÍúßõã Èóíúäóåõãú Ãóæú ÃóÚúÑöÖú Úóäúåõãú æÅöä ÊõÚúÑöÖú Úóäúåõãú  Ýóáóä íóÖõÑøõæßó ÔóíúÆÇð æóÅöäú ÍóßóãúÊó ÝóÇÍúßõã Èóíúäóåõã ÈöÇáúÞöÓúØö Åöäøó Çááøåó íõÍöÈøõ ÇáúãõÞúÓöØöíäó ﴿42﴾

42.       Hanno le orecchie sempre tese ad ascoltare la menzogna[485], e consumano sempre una grande quantità di beni illeciti. Ebbene, se vengono a te, giudica fra loro o abbandonali. E se li abbandonerai, ebbene, essi non potranno mai nuocerti in nulla, e se giudichi, giudica dunque fra di loro con giustizia, ché, in verità, Allah ama gli equi.

COMMENTO

Alcuni giudei, che avevano commesso adulterio, nella speranza di sfuggire alla pena della lapidazione prescritta dalla legge giudaica[486], vennero a chiedere al sommo Profeta di giudicarli, ignari del fatto che anche l’Islam prescrive la pena della lapidazione per gli adulteri. Quando videro che l’Islam prescrive la stessa pena della Torà per gli adulteri, si rifiutarono di sottomettersi al giudizio del sommo Profeta.

In base alle tradizioni islamiche, il termine suht che compare nel versetto, assume il significato di “sbruffo”. “Suht” significa “rovina” o  “ciò che è causa di rovina”

VERSETTO 43

æóßóíúÝó íõÍóßøãõæäóßó æóÚöäúÏóåõãõ ÇáÊøóæúÑóÇÉõ ÝöíåóÇ Íõßúãõ Çááøåö Ëõãøó íóÊóæóáøóæúäó ãöäú ÈóÚúÏö Ðáößó æóãó ÇõæúáóÆößó ÈöÇáúãõÄúãöäöíäó ﴿43﴾

43.       E come possono sceglierti come giudice, dal momento che presso di loro v’è la Torà nella quale v’è il giudizio di Allah, e poi ti volgono le spalle dopo di ciò [dopo che tu hai giudicato conformemente ad essa]? E quelli non sono credenti!

COMMENTO

Questo versetto continua il discorso iniziato in quello precedente, a proposito della richiesta di arbitrato di alcuni adulteri giudei al sommo Profeta. Il versetto chiede con meraviglia: “E come possono sceglierti come giudice, dal momento che presso di loro v’è la Torà nella quale v’è il giudizio di Allah, e poi ti volgono le spalle dopo di ciò [dopo che tu hai giudicato conformemente ad essa]?”, e si conclude ricordando che: “Quelli non sono credenti!”

VERSETTO 44

Åöäøó ÃóäúÒóáúäóÇ ÇáÊøóæúÑóÇÉó ÝöíåóÇ åõÏðì æóäõæÑñ íóÍúßõãõ ÈöåóÇ ÇáäøóÈöíøõæäó ÇáøóÐöíäó ÃóÓúáóãõæÇ áöáøóÐöíäó åóÇÏõæÇ æóÇáÑøóÈøóÇäöíøõæäó æóÇáÃóÍúÈóÇÑõ ÈöãóÇ ÇÓúÊõÍúÝöÙõæÇ ãöä ßöÊóÇÈö Çááøåö æóßóÇäõæÇ Úóáóíúåö ÔõåóÏóÂÁó ÝóáÇó ÊóÎúÔóæõÇ ÇáäøóÇÓó æóÇÎúÔóæúäö æóáÇó ÊóÔúÊóÑõæÇ ÈöÇíóÇÊöí ËóãóäÇð ÞóáöíáÇð æóãóä áóãú íóÍúßõã Èöãó ÃóäúÒóáó  Çááøåõ ÝóÇõæáÆößó åõãõ ÇáúßóÇÝöÑõæäó ﴿44﴾

44.       In verità, Noi facemmo discendere la Torà, nella quale v’era guida e luce. I profeti, sottomessi ad Allah, con essa giudicavano per i giudei, e [lo stesso facevano] i rabbini e i dotti, per il fatto che era stato chiesto loro di custodire il Libro di Allah, e perché ne erano testimoni. Non temete dunque gli uomini, temete Me, e non vendete i Miei segni a vile prezzo. E quelli che non giudicano secondo quello che Allah ha fatto discendere, ebbene, quelli sono i miscredenti.

COMMENTO

Non è possibile negare che la Torà e il Vangelo siano stati alterati. Tuttavia, è nostro dovere rispettare e onorare il libro celeste rivelato al nobile Mosè (A), l’originale Torà, e quello rivelato al santo Gesù (A), l’originale Vangelo, sacri libri accettati, rispettati e osservati dai profeti e dai sapienti che vennero dopo questi due grandi messaggeri di Allah.

Perciò, i profeti non giudicano mai in base alle loro opinioni personali, ma sempre secondo la legge di Allah. Noi dobbiamo seguire l’esempio dei profeti, e sottometterci completamente alla legge e alla volontà divina.

L’Islam è una religione universale. Anche i profeti dei figli d’Israele sono stati descritti con l’espressione “allazina aslamû[487]”, che significa “coloro che si sono sottomessi”, e non con l’aggettivo “giudei” né con “cristiani”

I sapienti di ogni popolo erano responsabili dell’esecuzione dei precetti divini fra la gente, e ciò dimostra che la wilâyaħ del faqîh è esistita anche in tutte le religioni passate: I profeti, sottomessi ad Allah, con essa giudicavano per i giudei, e [lo stesso facevano] i rabbini e i dotti, per il fatto che era stato chiesto loro di custodire il Libro di Allah, e perché ne erano testimoni”

OSSERVAZIONI

1.       Il termine “rabbâniyy”, da noi tradotto con “rabbini”, deriva da “rabbân”, che ha la stessa struttura del termine “ºatšân”, e significa “educatore”. Alcuni sostengono che il rabbâniyy sia colui che è legato al Rabbu-lºâlamîn (Signore delle creature dell’universo), che si placa solo in Lui, e con la sapienza e la rettitudine è diventato divino, e che ha il dovere di educare e guidare la gente.

2.       Il termine “hibr”, il cui plurale “ahbâr” è stato da noi tradotto con “dotti”, significa “buon effetto”. Siccome i sapienti sono positivi e benigni per la società umana, ebbene, per questo motivo vengono chiamati ahbâr.

3.       Il Principe dei Credenti Alì (A) disse: “Io sono il rabâniyy di questo popolo” (Tafsîr Al-marâġiyy)

4.       Il santo imam Şâdiq (A) disse: “I Rabbâniyyûn sono gli Imam dell’Ahlu-l-bayt» (Tafsîr Aş-şâfî)

VERSETTO 45

æóßóÊóÈúäóÇ Úóáóíúåöãú Ýöíåó Ãóäøó ÇáäøóÝúÓó ÈöÇáäøóÝúÓö æóÇáúÚóíúäó ÈöÇáúÚóíúäö æóÇáÃóäúÝó ÈöÇáÃóäúÝö æóÇáÃõÐõäó ÈöÇáÃõÐõäö æóÇáÓøäøó ÈöÇáÓøäø æóÇáÌõÑõæÍó ÞöÕóÇÕñ Ýóãóä ÊóÕóÏøóÞó Èöåö Ýóåõæó ßóÝøóÇÑóÉñ áóåõ æóãóä áóãú  íóÍúßõã Èöãó ÇóäúÒóáó Çááøåõ ÝóÇõæáÆößó åõãõ ÇáÙøóÇáöãõæäó ﴿45﴾

45.       E prescrivemmo a loro in essa [nella Torà]: vita per vita, occhio per occhio, naso per naso, orecchio per orecchio, dente per dente, e il qişâş[488] per le ferite. E chi vi rinuncia, ebbene, varrà per lui come espiazione. E quelli che non giudicano secondo quello che Allah ha fatto discendere, ebbene, quelli sono gli iniqui.