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COMMENTO

I VERI PERDENTI

Nel versetto precedente il sacro Corano ha parlato dei perversi (fàsiqun), del loro traviamento. In questo completa la loro descrizione dando alcuni segni di riconoscimento.

Il primo segno di riconoscimento dei perversi è che essi violano il Patto di Allah dopo averlo stretto e rinsaldato: “…i quali violano il Patto di Allah dopo averlo stretto e rinsaldato…”

Poi il sacro Corano dà un secondo segno di riconoscimento: “…separano ciò che Allah ha ordinato di unire…”. Anche se molti esegeti del nobile Corano sostengono che questo versetto riguarda il mancato rispetto dei legami di sangue, un esame piú approfondito del versetto dimostra che esso ha un significato ben piú esteso, che comprende anche la sopraccitata questione. In effetti, il versetto parla dei legami che Dio ha ordinato di unire, senza parlare di particolari legami. Si può quindi affermare che il versetto parla di tutti i legami che Dio ha ordinato di non rompere, come, ad esempio, i legami di sangue, quelli di vera e sincera amicizia, quelli sociali, i legami che è necessario avere con le guide divine eccetera eccetera.

Inoltre, alcune tradizioni islamiche hanno interpretato la frase “…ciò che Allah ha ordinato di unire…”, dicendo che il versetto parla del legame con Alí (A), il Principe dei Credenti, e gli Imam dell’Ahlu-l-bayt.

Il terzo segno di riconoscimento che il versetto in esame dà dei perversi, è che essi spargono la corruzione sulla terra: “…e portano la corruzione sulla terra…”

Essi hanno dimenticato Dio, non sono disposti a fare la Sua volontà, non rispettano nemmeno i vincoli di sangue. Per essi l’unica cosa che conta è riuscire a soddisfare i propri istinti, e per raggiungere questo turpe obiettivo sono pronti a tutto. È ovvio che simili persone possono creare nella società, sulla terra ogni tipo di corruzione.

Il sacro Corano, alla fine del versetto, dice: “Questi sono i perdenti!”

Certo, la maggiore sconfitta, la piú grande perdita per l’uomo consiste nell’impiegare le proprie capacità materiali e spirituali, che sarebbero in grado di donargli la beatitudine eterna, per acquistare la rovina e la dannazione eterna.

VERSETTI 28 E 29

ßóíúÝó  ÊóßúÝõÑõæäó ÈöÇááøåö æóßõäúÊõãú ÃóãúæÇÊÇð ÝóÇóÍúíóÇßõãú Ëõãøó íõãöíÊõßõãú Ëõãøó íõÍúíöíßõãú Ëõãøó Åöáóíúåö ÊõÑúÌóÚõæäó ﴿28﴾ åõæó ÇáøóÐöí ÎóáóÞó áóßõã ãóÇ Ýöí ÇáÃÑúÖö ÌóãöíÚÇð Ëõãøó ÇÓúÊóæóì Åöáóì ÇáÓøóãÂÁö ÝóÓóæøóÇåõäøó ÓóÈúÚó ÓóãóÇæóÇÊò æóåõæó Èößõáøö ÔóíúÁò Úóáöíãñ ﴿29﴾

28.       Come potete negare Allah, dal momento che eravate morti ed Egli vi ha donato la vita?! Poi vi farà morire e ancora vi susciterà a vita, poi a Lui farete ritorno.

29.       Egli è Colui che ha creato per voi tutto ciò che esiste sulla terra, poi si è occupato del firmamento, facendo di esso sette cieli; ed Egli è onnisciente.

COMMENTO

IL MISTERIOSO DONO DELLA VITA

Il sacro Corano, nei due versetti precedenti, ricordando una serie di doni divini e straordinari fenomeni del creato, rivolge la nostra attenzione al Signore Eccelso e alla Sua infinita maestà, e completa gli argomenti esposti nei versetti precedenti (versetto 21 e 22).

In questi due versetti, per dimostrare l’esistenza di Dio, il sacro Verbo di Allah usa delle indiscutibili premesse, alla portata di tutti, comprensibili da ogni persona. Dice innanzitutto: “Come potete negare Allah, dal momento che eravate morti ed Egli vi ha donato la vita?!”. Questo sacro e celeste libro ricorda a tutti noi il grande dono della vita, e cerca di ricordarci il Supremo Essere che ce l’ha fatto.

Ogni sincero ricercatore della verità ammetterà almeno che la vita proviene da un sommo Essere, a conoscenza di tutti i segreti e le leggi della vita, capace di gestirla e ordinarla. Come si fa dunque a negare l’esistenza di un tale Essere?

Oggi tutti gli scienziati sostengono che non v’è cosa piú complicata e misteriosa della vita: nonostante i grandi progressi umani in campo scientifico nessuno è mai riuscito a risolvere questo enigma.

Ammesso e non concesso che un giorno l’uomo riesca a risolvere questo complicato e arcano problema, non potrà mai attribuire l’esistenza della vita a cosa diversa dal Sommo Vero.

Possiamo dunque affermare con assoluta decisione che il fenomeno della vita nel creato è la migliore prova dell’esistenza di Dio.

Il santo Corano, dopo averci ricordato questo palese dono, continua dandoci un’altra chiara prova dell’esistenza del Sommo Creatore: la morte. Il versetto dice: “Poi vi farà morire…”. Anche la morte, al pari della vita, è una delle innegabili e palesi realtà del creato.

Cosa toglie la vita agli esseri viventi? Se la vita degli esseri viventi dipendesse da loro stessi non dovrebbero mai perderla. Eppure ogni giorno siamo testimoni di cose viventi che muoiono. Questo dimostra che la loro vita e la loro morte dipende da una causa superiore.

Certo, Dio è il creatore della vita e della morte: “Colui che ha creato la morte e la vita per provare chi di voi meglio opera…”[111]

Il sacro Verbo di Allah, dopo queste due chiare prove dell’esistenza di Dio, propone la fondamentale questione della risurrezione: “…e ancora vi susciterà a vita…”

La vita dopo la morte non deve assolutamente stupire: se accettiamo che il signore Eccelso ci ha donato per la prima volta la vita, dobbiamo anche accettare che Egli abbia il potere di farci tornare in vita dopo la nostra morte.

È incredibile che alcuni dubitino sulla possibilità di risurrezione dell’uomo, quando ogni giorno vedono nascere nuovi essere viventi.

Il sacro Corano termina il versetto dicendo: “…poi a Lui farete ritorno”. In questo versetto si parla di ritorno al Signore Eccelso intendendo il ritorno, nel Giorno del Giudizio, ai doni e ai beni divini. Lo dimostra chiaramente quest’altro versetto coranico: “…e i morti, Allah li resuscita e poi a Lui saranno ricondotti”

È poi possibile che per ritorno a Dio s’intenda una realtà ben piú precisa: tutte le creature hanno messo piede sul sentiero che porta alla perfezione dal nulla, da un “punto zero”, in cui appartenevano al non essere, e proseguono all’infinito verso Dio, l’Infinito. Perciò, con la morte questo processo di perfezionamento non s’arresta, anzi, nell’aldilà, prosegue in un mondo migliore e a un livello superiore.

Il versetto, dopo aver ricordato il dono della vita, afferma: “Egli è Colui che ha creato per voi tutto ciò che esiste sulla terra…”

In questo modo, il sacro Corano mette in evidenza il valore dell’essere umano, la sua assoluta superiorità su tutte le creature della terra. Tutto è stato creato per lui, il quale è il sublime fine della creazione.

In molti altri versetti coranici è stato ricordato il sublime grado dell’essere umano.

“E v’ha soggiogato il mare…”[112]

“E [Allah] v’ha soggiogato ciò che v’è nei cieli e ciò che v’è sulla terra…”[113]

“…e v’ha soggiogato le navi…i fiumi…il sole e la luna…la notte e il giorno”[114]

I SETTE CIELI

Il versetto continua dicendo: “…poi si è occupato del firmamento, facendo di esso sette cieli; ed Egli è onnisciente”

Gli esegeti del nobile Corano danno diverse interpretazioni su cosa siano veramente i sette cieli dei quali parla il sacro versetto in esame. Altri versetti coranici dimostrano che la totalità dei corpi celesti che noi vediamo costituisce il primo cielo che copre le nostre teste, e che, sopra di noi, esistono altri cieli, che non possono essere visti dai nostri occhi né rilevati dai piú sofisticati e potenti osservatori astronomici della nostra epoca.

“…e noi abbiamo fregiato il cielo piú vicino di lampade [stelle, astri]…”[115]

“In verità, Noi abbiamo fregiato il cielo piú vicino di fregi: le stelle”[116]

Da questi due versetti si può facilmente dedurre che tutti gli astri che noi vediamo fanno parte del primo cielo, quello piú vicino alla terra, e che esistono cieli piú lontani dei quali noi non sappiamo nulla, e che forse verranno scoperti in futuro.

VERSETTI 30-33

æÅöÐú ÞóÇáó ÑóÈøõßó áöáúãóáÂÆößóÉö Åöäøöí ÌóÇÚöáñ Ýöí ÇáÇóÑúÖö ÎóáöíÝóÉð ÞóÇáõæÇ ÃÊóÌúÚóáõ ÝöíåóÇ ãóäú íõÝúÓöÏõ ÝöíåóÇ æóíóÓúÝößõ ÇáÏøöãóÂÁó æóäóÍúäõ äõÓóÈøöÍõ ÈöÍóãúÏößó æóäõÞóÏøöÓõ áóßó ÞóÇáó Åöäøöí ÃóÚúáóãõ ãóÇ áÇó ÊóÚúáóãõæäó ﴿30﴾ æóÚóáøóãó ÁÇÏóãó ÇáÃóÓúãÂÁó ßõáøóåóÇ Ëõãøó ÚóÑóÖóåõãú Úóáóì ÇáúãóáÂóÆößóÉö ÝóÞóÇáó ÃóäúÈöÆõæäöí ÈöÇóÓúãóÂÁö åóÄõáÂÁö Åöäú ßõäúÊõãú ÕóÇÏöÞöíäó ﴿31﴾ ÞóÇáõæÇ ÓõÈúÍóÇäóßó áÇó Úöáúãó áóäó ÅöáÇøó ãóÇ ÚóáøóãúÊóäó Çöäøóßó ÃóäúÊó ÇáúÚóáöíãõ ÇáúÍóßöíãõ ﴿32﴾ ÞóÇáó íó ÁóÇÏóãõ ÃóäúÈöÆúåõã ÈöÇóÓúãóÂÆöåöãú ÝóáóãøóÇ ÃóäúÈóÃóåõãú ÈöÇóÓúãÂÆöåöãú ÞóÇáó Ãóáóãú ÃóÞõáú áøóßõãú Åäøöí ÃóÚúáóãõ ÛóíúÈó ÇáÓøóãÇæÇÊö æóÇáÃóÑúÖö æóÃóÚúáóãõ ãóÇÊõÈúÏõæäó æóãóÇ ßõäúÊõãú ÊóßúÊõãõæäó ﴿33﴾

30.       E [ricorda] quando il tuo Signore disse agli angeli: “Io creerò un vicario sulla terra”. Essi dissero: “Vuoi forse creare in essa chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue, mentre noi celebriamo le Tue lodi e Ti santifichiamo?”. [Allah] disse: “In verità, Io so ciò che voi non sapete”

31.       E insegnò a Adamo i Nomi, tutti! Poi presentò quelle [cose] agli angeli, quindi disse: “Ditemi ora i loro nomi, se siete sinceri”

32.       Dissero: “Immune sei Tu [da qualsiasi difetto e colpa]! Non v’è sapere in noi all’infuori di ciò che Tu Stesso ci hai insegnato: in verità, Tu sei il Sapiente, il Saggio”

33.       Ed Egli disse: “O Adamo, informali dei nomi di queste [cose]”; quando [Adamo] li mise al corrente dei nomi di quelle [cose], disse: “Non vi avevo forse detto che Io conosco l’arcano dei cieli e della terra, ciò che voi manifestate e ciò che tenevate nascosto”

COMMENTO

L’UOMO: IL VICARIO DI DIO SULLA TERRA

I versetti precedenti ci hanno informato dell’assoluta superiorità dell’uomo sulle altre creature divine, introducendo la fondamentale questione del suo ruolo di vicario del Signore Eccelso sulla terra.

I versetti che ora ci accingiamo a commentare parlano della creazione del santo profeta Adamo (A), il primo essere umano, il padre dell’umanità.

I prossimi versetti della Sura del bovino, dal trentesimo al trentanovesimo, espongono le seguenti tre questioni fondamentali:

  1. il “dialogo” tra il Sommo Creatore e gli angeli, a proposito del ruolo dell’uomo di vicario di Dio sulla terra;
  2. l’ordine dato da Dio agli angeli di prosternarsi dinanzi al santo Adamo (A), ricordato piú volte nel sacro Corano;
  3. descrizione della vita di Adamo (A) in Paradiso, degli avvenimenti che hanno causato il suo allontanamento da esso, del suo pentimento e della vita condotta da lui e dai suoi discendenti sulla terra.

I versetti in esame parlano della prima delle tre fondamentali questioni sopraccitate. Il Signore Eccelso ha voluto che sulla terra ci fosse un Suo vicario, superiore agli angeli, i cui attributi fossero la manifestazione di quelli divini. Egli ha voluto mettere a disposizione di questo nobile essere tutta la terra e i beni in essa contenuti. È naturale che una simile creatura deve essere dotata di straordinarie capacità intellettive e di un elevato grado spirituale: solo cosí potrà esplicare la sua funzione di vicario di Allah sulla terra.

Ebbene, il primo dei succitati versetti dice: “E [ricorda] quando il tuo Signore disse agli angeli: ‘Io creerò un vicario [khalífah] sulla terra’”

I grandi sapienti dell’Islam sostengono che la parola “khalífah” che compare in questo versetto deve essere interpretata come vicario di Dio. In effetti, la domanda che fanno dopo gli angeli – affermando: “Vuoi forse creare in essa chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue, mentre noi celebriamo le Tue lodi e Ti santifichiamo?” – e la risposta data dal Sommo Vero, confermano l’esattezza di questa interpretazione.

Inoltre, la questione dell’insegnamento dei Nomi a Adamo e l’ordine dato dal Signore Eccelso agli angeli d’inchinarsi dinanzi a lui – che tratteremo nei versetti successivi – sono altre chiare prove a favore della suddetta tesi.

A tal proposito, in una tradizione del santo imam Sàdiq (A) leggiamo che gli angeli, dopo aver conosciuto il grado di Adamo, compresero che questo nobile profeta divino e la sua progenie sono le creature piú adatte a esercitare la funzione di vicari del Signore Altissimo.

Il versetto continua poi dicendo: “Essi dissero: ‘Vuoi forse creare in essa chi vi porterà la corruzione e spargerà il sangue, mentre noi celebriamo le Tue lodi e Ti santifichiamo?’”

Allah risponde a questa domanda dicendo: “In verità, Io so ciò che voi non sapete”, spiegando nei versetti successivi il Suo sacro intento.

Alcuni interpretano questo versetto dicendo che Dio aveva già esposto loro, a grandi linee, il futuro degli uomini. Altri invece sostengono che gli angeli avevano dedotto ciò dall’espressione “sulla terra”, poiché sapevano che l’uomo è stato creato dalla terra, e la materia, a causa delle sue limitazioni, provoca conflitti e contrasti. Certo, questo limitato mondo materiale non è in grado di saziare l’avido io dell’uomo: tutto il mondo, con tutti i suoi beni e averi, potrebbe non essere sufficiente a saziarlo. Una simile condizione, soprattutto in assenza di senso di responsabilità, è in grado di provocare corruzione e violenza.

Altri esegeti sostengono invece che gli angeli sapevano che Adamo (A) non sarebbe stata la prima creatura divina a vivere sulla terra: essi avevano già visto altre creature vivere sulla terra, erano già stati testimoni della loro corruzione e delle loro violenze. Ecco perché hanno espresso a Dio la propria sfiducia a proposito del futuro dei figli di Adamo (A).

Queste tre interpretazioni non si contraddicono tra di loro. È infatti possibile che tutti i fattori ricordati in esse abbiano indotto gli angeli a fare quella affermazione. Certo, gli angeli avevano ragione, e proprio per questo motivo il Signore Eccelso non li ha contraddetti, anzi ha detto loro che oltre a questa, riguardo all’uomo, ci sono verità piú importanti delle quali essi sono ignari.

Essi credevano che se l’obbiettivo della creazione dell’uomo era il culto e l’adorazione del Signore Eccelso, nessuno meglio di loro sarebbe stato in grado di prestarGli culto, e quindi nessuno era piú adatto dell’angelo a diventare Suo vicario. Ma essi erano ignari del fatto che l’angelo è molto diverso dall’uomo, poiché, a differenza di quest’ultimo, in esso non esiste alcun istinto animale che ostacola la sua adorazione, che lo distoglie dall’Amato. Essi non si rendevano conto della superiorità degli atti di adorazione della creatura che deve continuamente lottare contro le sue passioni, i suoi ribelli istinti animali e le tentazioni di Satana, rispetto al culto prestato dall’angelo libero da ogni istinto e tentazione.

Essi non sapevano che dalla progenie di Adamo sarebbero nati i grandi profeti Noè, Abramo, Mosè, Gesú, il sommo Profeta di Allah, Muhammad Bin Abdillah, il Principe dei Credenti, Amíru-l-mu’minín Alí Bin Abitaalib, la purissima Fatima, gli undici infallibili imam da lei discendenti, e, oltre a loro, un gran numero di uomini e donne che hanno sacrificato la loro vita e i loro beni per guadagnarsi il consenso divino.

È interessante notare come gli angeli hanno messo in evidenza tre dei loro atti di culto: il tasbíh, l’hamd e il taqdís. Tasbíh e hamd significano, rispettivamente, dichiarare Dio immune da qualsiasi colpa e dotato di tutti gli attributi della perfezione. Ma cosa significa taqdís?

Alcuni esegeti affermano che questo termine significa considerare il Signore Eccelso immune da ogni tipo di difetto, e, in realtà, l’uso di questo termine, nel versetto in esame, serve solo a sottolineare il concetto di tasbíh. Tuttavia, altri esegeti del sacro Corano sostengono che taqdís deriva dalla radice quds, che significa purificare la terra da corrotti e corruttori, o purificare se stessi da ogni vizio e difetto, adducendo come prova la presenza del termine laka nella frase “nuqaddisu laka” del versetto in esame: esso non dice “nuqaddisuka”, che significa “Ti santifichiamo”, dice bensí “nuqaddisu laka”, ovverosia “purifichiamo per Te la terra da corrotti e corruttori”

LA PROVA DEGLI ANGELI

In santo Adamo (A), per grazia del Signore Eccelso, era dotato di una straordinaria capacità di comprensione delle realtà del creato. In base a quanto afferma lo stesso sacro Corano, questo nobile profeta conosceva i Nomi, i segreti e le realtà dell’universo: “E insegnò ad Adamo i Nomi, tutti!”

Riguardo al significato dei “Nomi” dei quali parla il versetto esistono diverse interpretazioni nelle parole e negli scritti degli esegeti. A tal proposito, in una tradizione dell’imam Sàdiq (A) leggiamo: “‘…ovverosia la terra, le montagne, i burroni, il letto dei fiumi [insomma, tutte le creature]’. Gettò poi lo sguardo sul tappeto che aveva sotto i piedi, e disse: ‘Anche questo tappeto fa parte delle cose che Dio insegnò a Adamo’”

Deduciamo dunque che la scienza dei Nomi posseduta da Adamo non era una semplice conoscenza del significato di una serie di parole, riguardava bensí l’intima essenza delle creature dell’universo.

Dio donò questa scienza a Adamo affinché egli, con essa, sfruttasse i beni materiali e spirituali di questo mondo per completarsi ed elevarsi spiritualmente. Gli ha inoltre insegnato a parlare e scrivere, e usare questi due preziosi mezzi di comunicazione per esprimere i propri intenti e le proprie idee.

Il versetto in esame continua dicendo: “Poi presentò quelle [cose] agli angeli, quindi disse: ‘Ditemi ora i loro nomi, se siete sinceri’”

Il Signore Eccelso volle mettere alla prova gli angeli, i quali, consci di non avere le necessarie conoscenze, ammisero umilmente la loro inferiorità: “Dissero: ‘Immune sei Tu [da qualsiasi difetto e colpa]! Non v’è sapere in noi all’infuori di ciò che Tu Stesso ci hai insegnato: in verità, Tu sei il Sapiente, il Saggio’”

Ora però tocca a Adamo dimostrare il suo valore e dare prova del suo superiore grado agli angeli: “Ed Egli disse: ‘O Adamo, informali dei nomi di queste [cose]’; quando [Adamo] li mise al corrente dei nomi di quelle [cose], disse: ‘Non vi avevo forse detto che Io conosco l’arcano dei cieli e della terra, ciò che voi manifestate e ciò che tenevate nascosto’”

Fu a questo punto che gli angeli compresero chiaramente che nessuna creatura era piú degna dell’uomo di essere vicario di Allah.

VERSETTI 34-36

æóÅöÐú ÞõáúäóÇ áöáúãóáÂÆößóÉö ÇÓúÌõÏõæúÇ áÇóÏóãó ÝóÓóÌóÏõæÇ ÅöáÂøó ÅöÈúáöíÓó ÃóÈóì æóÇÓúÊóßúÈóÑó æóßóÇäó ãöäó ÇáúßóÇÝöÑöíäó﴿34﴾ æóÞõáúäóÇ íó ÁÇóÏóãõ ÇÓúßõäú ÃóäúÊó æóÒóæúÌõßó ÇáúÌóäøóÉó æóßõáÇó ãöäúåóÇ ÑóÛóÏÇð ÍóíúËõ ÔöÆúÊóãÇ æóáÇó ÊóÞúÑóÈóÇ åóÐöåö ÇáÔøóÌóÑóÉó ÝóÊóßõæäóÇ ãöäó ÇáÙøóÇáöãöíä ﴿35﴾ ÝóÇóÒóáøóåõãóÇ ÇáÔøóíúØóÇäõ ÚóäúåóÇ ÝóÇóÎúÑóÌóåõãóÇ ãöãøóÇ ßóÇäóÇ Ýöíåö æóÞõáúäóÇ ÇåúÈöØõæÇ ÈóÚúÖõßõãú áöÈóÚúÖò ÚóÏõæøñ æóáóßõãú Ýöí ÇáÃóÑúÖö ãõÓúÊóÞóÑøñ æóãóÊóÇÚñ Åöáóì Íöíäò ﴿36﴾

34.       E [ricorda] quando dicemmo agli angeli: “Prosternatevi dinanzi a Adamo”, e tutti si prosternarono tranne Iblís: egli disubbidí e montò in superbia, e divenne miscredente.

35.       E dicemmo: “O Adamo, abita il Paradiso, tu e la tua sposa; mangiatene abbondantemente da dove volete e non avvicinatevi a quest’albero, perché allora diverreste degli iniqui”

36.       Satana allora li fece scivolare via da esso e li fece uscire dallo stato [favorevole] in cui si trovavano. Dicemmo [dunque]: “Scendete! Sarete nemici gli uni degli altri e avrete sulla terra una dimora e un godimento fino al momento [del trapasso e della risurrezione dei morti].

COMMENTO

LA PROSTERNAZIONE DEGLI ANGELI

Il sacro Verbo di Allah continua a descrivere l’elevato grado spirituale del santo profeta Adamo, raccontando l’imperdonabile atto di disubbidienza del maledetto Iblís: “E [ricorda] quando dicemmo agli angeli: ‘Prosternatevi dinanzi a Adamo’, e tutti si prosternarono tranne Iblís: egli disubbidí e montò in superbia, e divenne miscredente”

È bene sapere che questo versetto è la migliore prova della superiorità dell’uomo perfetto sulle altre creature. Certo, una simile creatura, degna di assumere la funzione di vicario del Signore dei Mondi, le cui conoscenze superano quelle di tutte le altre creature, alla quale Allah ha insegnato i Nomi, è sicuramente degna di tanto rispetto.

IL RIFIUTO DI IBLIS

Iblís è il demonio che sviò Adamo (A). Egli, in base a quanto afferma il sacro Corano, non è un angelo, ma un jinn, che è una creatura dotata come l’uomo di una componente materiale. Nel nobile Corano leggiamo: “…si prosternarono, eccetto Iblis, che era uno dei jinn…”[117]

La superbia impedì a Iblis, di ubbidire al Signore Eccelso, di prosternarsi dinanzi al Suo Vicario. Egli si credeva superiore a Adamo, e non considerava giusto riverirlo, anzi avrebbe voluto, come spiegheremo piú avanti (commentando il dodicesimo versetto della settima sura del sacro Corano), che questo nobile profeta si fosse prosternato davanti a lui.

Il nobile Corano lo considera miscredente in quanto egli, oltre ad avere disubbidito, ha considerato non giusto il saggio ordine divino. Perciò, la superbia di Iblis ha distrutto una vita di culto e devozione che egli ha dedicato al Signore. Questi sono le devastanti conseguenze della superbia.

Alcuni esegeti traducono l’ultima frase di questo versetto nel seguente modo: “…egli era [già] miscredente”. In base a questa interpretazione Iblis era diventato miscredente già prima del sacro ordine divino. Forse egli aveva già considerato la possibilità di un eventuale ordine, lo aveva già considerato ingiusto, e aveva già deciso di disubbidire. È inoltre possibile che la frase “…e ciò che tenevate nascosto” del versetto precedente si riferisca a tale questione. Tutto ciò è anche confermato da un hadith del nobile imam Askarí (A) riportato nel Tafsiru-l-qumiyy[118].

GLI ANGELI DOVEVANO PROSTERNARSI DINANZI A DIO O DAVANTI AL NOBILE ADAMO?

Non v’è dubbio che la sajdah, prosternazione, intesa come atto di adorazione, deve essere eseguita solamente per Allah l’Altissimo: Egli è l’unico degno di essere adorato, non bisogna adorare nessuno all’infuori di Lui. Concludiamo dunque con assoluta certezza che gli angeli non si sono prosternati dinanzi al santo profeta Adamo in segno di adorazione, la sajdah era bensí rivolta a Dio, oppure era rivolta a Adamo, ma non come segno di adorazione, ma come atto di rispetto.

A tal proposito, nell’opera Uyunu-l’akhbàr, in un hadith dell’ottavo Imam (A), leggiamo: “La loro prosternazione, da una parte, era rivolta ad Allah, come segno di adorazione, e, dall’altra, a Adamo come atto di riverenza, poiché noi [Ahlu-l-bayt] saremmo discesi da lui”

LA DISCESA DI ADAMO ED EVA SULLA TERRA

In ogni caso, dopo questa vicenda, Allah l’Eccelso disse al nobile Adamo: “E dicemmo: ‘O Adamo, abita il Paradiso, tu e la tua sposa; mangiatene abbondantemente da dove volete e non avvicinatevi a quest’albero, perché allora diverreste degli iniqui’”

Dai versetti del sacro Corano si deduce che Adamo (A) fu creato per vivere in questa nostra terra, e, all’inizio, il Signore Eccelso lo fece dimorare in uno dei verdi e prosperi giardini di questo mondo, nel quale Adamo (A) viveva in assoluta pace, senza patire alcuna sofferenza.

Forse tutto ciò era dovuto al fatto che Adamo (A) non conosceva la vita sulla terra, e, senza una precedente preparazione, gli era difficile sopportarne le difficoltà. Egli doveva avere maggiori informazioni sul modo di vivere e comportarsi sulla terra, e, per questo motivo, era necessario un periodo di preparazione nel Paradiso per abituarsi alla difficile e onerosa vita terrestre. Egli doveva rendersi conto che sulla terra, nonostante libero, doveva rinunciare a una serie di beni. Era altresí necessario che egli sapesse che se avesse sbagliato, le porte della beatitudine non si sarebbero chiuse per sempre dinanzi a lui, anzi avrebbe potuto pentirsi e rimediare, promettere a Dio di non violare mai piú la Sua legge, e ritornare cosí a godere dei Suoi doni.

Egli, in questo ambiente, doveva crescere, doveva conoscere i propri amici e i propri nemici, e imparare a vivere sulla terra.

È interessante notare che il Signore Eccelso, dopo la tentazione di Satana (L), perdonò Adamo ed Eva (A), ma non li fece piú tornare nel Paradiso, li fece bensí scendere a vivere in questo mondo.

Dagli altri versetti del sacro Corano si deduce che Satana (L) assicurò a Adamo (A) che se avesse mangiato dall’albero proibito, egli e la sua sposa sarebbero diventati degli angeli, e avrebbero vissuto in eterno nel Paradiso, giurando di volere il loro bene, al fine di convincerli.[119]

Ebbene, alla fine, Satana li fece cadere in errore, e fece perdere loro i beni dei quali godevano, e la condizione di beatitudine nella quale si trovavano: “Satana allora li fece scivolare via da esso e li fece uscire dallo stato [favorevole] in cui si trovavano. Dicemmo [dunque]: “Scendete! Sarete nemici gli uni degli altri e avrete sulla terra una dimora e un godimento fino al momento [del trapasso e della risurrezione dei morti]”

Fu a questo punto che Adamo (A) si rese conto del proprio errore, comprese di avere perso il favore di Dio per avere ceduto alle tentazioni del malvagio Satana (L), uscendo cosí dalla condizione di beatitudine nella quale si trovava.

Certo, Adamo (A) era un profeta, ed era ma°sum (immune dal peccato e dall’errore), tuttavia, come spiegheremo piú avanti, la sua trasgressione era l’omissione di un atto di meritorietà prioritaria, ma il fatto è che il Signore Eccelso è molto severo con i profeti per questo tipo di omissioni, e si comporta con loro come si comporta con le persone ordinarie quando commettono reali peccati.

Il defunto grande sapiente allaamah Tabatabai, a tal proposito, afferma: “…Essi fecero solo torto a se stessi, e non commisero reale peccato, non offesero Dio. Deduciamo inoltre che il suddetto divieto, non era altro che un consiglio divino, che si proponeva di indicare loro ciò che era a loro vantaggio. In realtà, essi, allontanando da sé il Paradiso, privandosene, fecero solo torto a se stessi, e non disubbidirono ad alcun comandamento di Allah. Oltre a ciò, bisogna osservare che se si fosse trattato di un ordine vincolante, di un dovere, una volta accolto il pentimento, tutto avrebbe dovuto ritornare come prima, e Adamo e la sua nobile sposa avrebbero potuto fare ritorno nel Paradiso, notiamo però che questo non è avvenuto. Deduciamo quindi che la suddetta proibizione era un consiglio, un monito, che serviva a ricordare ai due le conseguenze di un loro eventuale errore”

VERSETTI 37-39

ÝóÊóáóÞøóì ÁÇóÏóãõ ãöäú ÑóÈøöåö ßóáöãóÇÊò ÝóÊóÇÈó Úóáóíúåö Åöäøóåõ åõæó ÇáÊøóæøóÇÈõ ÇáÑøóÍöíãõ ﴿37﴾ ÞõáúäóÇ ÇåúÈöØõæÇ ãöäúåóÇ ÌóãöíÚÇð ÝÅöãøóÇ íóÃúÊöíóäøóßõãú ãöäøöí åõÏðì Ýóãóäú ÊóÈöÚó åõÏóÇíó ÝóáÇó ÎóæúÝñ Úóáóíúåöãú æóáÇó åõãú íóÍúÒóäõæäó ﴿38﴾ æóÇáøóÐöíäó ßóÝóÑõæÇ æóßóÐøóÈõæÇ ÈöÇóíóÇÊöäó ÇõæúáóÆößó ÃóÕúÍóÇÈõ ÇáäøóÇÑö åõãú ÝöíåóÇ ÎóÇáöÏõæäó ﴿39﴾

37.       Adamo imparò allora dal suo Signore [determinate] parole. Allah [con la Sua misericordia] si volse quindi a lui e accettò il suo pentimento: in verità, Egli è il Clementissimo, il Benevolo.

38.       Dicemmo: “Scendete tutti da esso! Se mai vi giungerà da parte Mia una guida [sul retto sentiero], [sappiate che] quelli che seguiranno la Mia guida non avranno nulla da temere e mai diventeranno tristi”

39.       E coloro che sono diventati miscredenti e hanno tacciato di menzogna i Miei segni, essi, sono la ‘gente del Fuoco’ [i dannati], nel quale rimarranno in eterno.