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COMMENTO

VERSETTO 1

LE ‘LETTERE ISOLATE’ DEL CORANO

All’inizio di ventinove sure del santo Corano troviamo delle lettere chiamate ‘Lettere Isolate’. Come si può facilmente dedurre dal nome, queste lettere sono tra loro separate e sembra che insieme non costruiscano alcuna parola dotata di senso. Tuttavia, immediatamente dopo, i versetti che le seguono parlano del sacro Corano e della sua magnificenza, e ciò dimostra che tra queste lettere e il nobile Corano esiste una stretta relazione. Ad esempio, nei primi due versetti della Sura della Formica leggiamo: “Tà Sîn. Questi sono i versetti del Corano e di un Libro illuminante”. Le Lettere Isolate del sublime Corano sono sempre state considerate dei misteri di questo celeste Libro, tanto che i dotti e i sapienti di esegesi coranica hanno affermato che esse sono come dei nomi o cose simili che compaiono all’inizio di alcune sure del nobile Corano, e sono dei segreti che solo il sommo Profeta e i puri Imam conoscono. Alcune tradizioni dell’Ahlu-l-bayt dimostrano quanto abbiamo ora detto.

L’imam Alí (A) disse: “Ogni libro ha un’essenza, e l’essenza di questo libro [il Corano] sono le Lettere Isolate”[71]

L’imam Sadiq (A) disse: “ ‘Alif Lâm Mîm’ è una delle lettere del Sommo Nome di Dio, le cui lettere sono state riportate divise tra di loro nel Corano. Ogniqualvolta il Profeta e gli Imam pregano Iddio con questo nome vengono esauditi”[72]

Il quarto Imam disse: “I Quraysh e i giudei negarono il Corano, dicendo: ‘Questo [libro] è chiaro atto di stregoneria! È una sua [di Muhammad] invenzione’. Ma Dio disse: ‘Alif Lâm Mîm. Ecco il Libro!’, vale a dire: ‘O Muhammad, il libro che ti abbiamo rivelato è composto dalle stesse lettere isolate ‘Alif Lâm Mîm’ e da altre simili a esse, che non sono altro che le lettere del vostro alfabeto…”[73]

Bin Abbas e ´Akramah narrano la seguente tradizione: “Queste lettere sono giuramenti. Dio l’Altissimo ha giurato su di essi ed essi sono dei nomi divini”[74]

Forse la ragione per cui il Signore Eccelso ha giurato sulle lettere dell’alfabeto, è che queste sono dotate di una grande importanza e magnificenza: attraverso queste lettere viene esposta la maestà e la grandezza divina, vengono rivelati i segreti della creazione. Fondamentali cose quali il sapere umano, la direzione della società, le relazioni tra gli uomini sulla terra, le industrie, gli scambi commerciali, i matrimoni e le leggi sono legate a queste lettere, alle lettere dell’alfabeto. La trasmissione delle scienze attraverso i secoli avviene per mezzo di queste lettere. Persino il commento che state leggendo vi è stato trasmesso attraverso le lettere dell’alfabeto.

Certo, le lettere dell’alfabeto sono degne di tanta attenzione che il Signore Eccelso le usa per trasmettere a noi i Suoi sacri giuramenti: “Nûn. Per il calamo e ciò che scrivono”[75]

Esistono comunque piú di cento altri hadith dei dotti dell’Islam a proposito di queste lettere, per la conoscenza dei quali si può consultare le attendibili esegesi coraniche e le raccolte di autentiche tradizioni islamiche.

Alcuni eminenti dotti musulmani hanno affermato che il fatto che il sublime Corano – magnifico e sommo libro celeste che con il suo straordinario stile ha sbalordito tutti i maestri di eloquenza arabi e non arabi, che con il suo inimitabile contenuto ha soggiogato i piú grandi dotti e sapienti della storia – sia composto dalle stesse lettere che sono a disposizione di tutti noi, dimostra che questo celeste libro non può essere il frutto del pensiero umano, deve bensí essere rivelazione assoluta. È per questo che nessuno è in grado di imitare il nobile Corano.[76]

L’ottavo Imam (A) disse: “In verità, Allah, Benedetto e Altissimo, ha fatto discendere questo Corano con queste stesse parole [quelle dell’alfabeto arabo], con le quali tutti gli Arabi parlano solitamente”[77]

VERSETTO 2

IL LIBRO NEL QUALE NON V’È DUBBIO ALCUNO

Nel secondo versetto di questa sura il nobile Corano esalta se stesso dicendo: “Questo è il libro nel quale non v’è dubbio alcuno”

È possibile che questa espressione significhi che: questo è il libro che l’Eccelso aveva promesso al Suo amato Profeta, il libro che guiderà gli uomini sulla retta via, sarà una salda scrittura per coloro che ricercheranno la verità, un solido fondamento sul quale non sarà possibile dubitare.

È bene però dare maggiori spiegazioni sull’espressione “…nel quale non v’è dubbio alcuno”. Con ciò il glorioso Corano vuol dire che il suo contenuto è cosí sublime e celeste che nessuno può dubitare sulla sua natura divina. In altre parole, la sincerità, la magnificenza, la rigorosità, la profondità dei versetti, la dolcezza dello stile del santo Corano sono cosí palesi da non lasciare alcun dubbio sul fatto che esso è la sacra e pura Parola del Signore.

È interessante notare che il passare del tempo non solo non diminuisce lo splendore di questo celeste libro, ma, con lo sviluppo delle scienze e la scoperta dei segreti dell’universo, le sue eterne verità ed eccezionali virtú attraggono sempre di piú l’uomo. Piú la scienza e la tecnologia progrediscono, piú i versetti del saggio Corano acquistano splendore. Questa è una verità che, a Dio piacendo, avremo modo di dimostrare e spiegare durante questo tafsír.

COS’È LA ‘GUIDA’?

La parola ‘guida’ [hidàyah], nel sublime Corano, è stata usata in moltissimi casi, i quali sono tutti riconducibili a due fondamentali significati: guida genetica e guida legislativa.

La guida genetica, che riguarda tutte le creature divine, consiste nella guida di queste creature da parte del Signore dei Mondi attraverso l’ordine universale e le misteriose e precise leggi del Creato da Lui imposte. A tal proposito, troviamo nel sapiente Corano diversi versetti, tra cui la seguente frase del santo Mosè (A): “Il nostro Signore è Colui che ha dato a ogni cosa la sua [particolare] creazione e poi l’ha guidata”[78]

Le persone prive di fede si dividono in due categorie: le persone che ricercano e amano la verità e che l’accettano ovunque la trovino, e le persone che non sono alla ricerca della verità, che la odiano e cercano di distruggerla ovunque essa sia.

Ovviamente il santo Corano e qualsiasi altro libro celeste può giovare solo alla prima categoria: “E facciamo discendere il Corano affinché sia guarigione e misericordia per i credenti, e negli empi non accresce che perdita”[79]

In una salina non può mai nascere una rosa, quand’anche piova su di essa un migliaio di volte, bisogna bensí eliminare il sale e preparare adeguatamente il terreno affinché si giovi della natura vitalizzante della pioggia e la sfrutti per far crescere le piú belle piante.

Fino a quando l’uomo non elimina dalla propria anima l’odio per la verità, su di essa non potrà mai svilupparsi e crescere il seme della guida divina. È per questo motivo che il Signore Eccelso afferma che il santo Corano è la guida dei timorati di Dio.

Quanto invece alla guida legislativa, essa viene realizzata attraverso i santi Profeti e i celesti libri ispirati, e gli uomini, giovandosi dei loro insegnamenti, procedono sul sentiero che conduce alla perfezione. Ciò è dimostrato da numerosi versetti del sacro Corano, tra cui il seguente: “E abbiamo fatto di loro degli imam [guide] che guidano [la gente] per ordine Nostro”[80]

PERCHÉ LA GUIDA RIGUARDA ESCLUSIVAMENTE I TIMORATI?

Senza dubbio il santo Corano è stato rivelato per guidare tutti gli uomini, l’intera umanità. Perché allora nel sopraccitato versetto si afferma che la guida riguarda solo i timorati?

La risposta è che fino a quando nell’uomo non esiste nemmeno il primo grado, il primo livello della sottomissione al Signore e della luce del timor di Dio, è impossibile che egli possa giovarsi della guida dei libri celesti e dell’invito dei profeti divini.

È ora necessario dare alcune spiegazioni sul timor di Dio.

IL SIGNIFICATO DELLA PAROLA TAQWÀ [TIMOR DI DIO] NEL LESSICO E NELLA LEGISLAZIONE ISLAMICA, E I GRADI DEL TIMOR DI DIO

Il lessico arabo, ci insegna che la radice della parola taqwà [timore] è wiqàyah [preservare da ciò che arreca danno].

Nella legislazione islamica, di solito, la parola mutaqqi [dotato di taqwà, timorato di Dio] viene usata per indicare la persona che preserva se stesso da tutto ciò che gli arreca danno per l’aldilà.

Piú del significato di questa parola, è interessante studiare i diversi gradi e livelli del taqwà, del timore di Dio.

Il primo grado del timor di Dio consiste nel non disubbidire a Dio. Il sommo profeta Muhammad (S) disse: “Si diventa timorati di Dio solo quando ci si astiene da [tutto] ciò che Egli ha proibito”[81]

In una famosa tradizione, il santo Inviato d’Allah divide le azioni degli uomini in tre categorie: le azioni palesemente lecite, quelle palesemente proibite e gli atti dubbi, vale a dire quelli che non sono né manifestamente leciti né manifestamente proibiti. Chiunque si astenga dall’eseguire la terza categoria di azioni, sicuramente non eseguirà nessun atto proibito.[82]

In una tradizione dell’imam Alí (A) leggiamo: “Timorato di Dio è chi nelle cui azioni non si vedrebbe nulla di vergognoso se venissero messe in un vassoio e portate in giro per il mondo”[83]

Chiesero a Ka´bu-l’akhbàr: “Cos’è il timor di Dio?”. Rispose: “Non avete mai percorso un sentiero pieno di steli spinosi?”. Dissero: “Certo!”. Disse: “Come l’avete percorso?”. Risposero: “Raccogliendo i nostri vestiti affinché nessuna spina rimanga impigliata in essi”. A questo punto disse: “Anche il timore di Dio è cosí: sulla via della religione bisogna usare la stessa cautela di fronte al peccato, e non disubbidire a Dio”

Il secondo grado del timor di Dio consiste nel seguire tutti i comandamenti divini che il sommo Profeta ci ha portato. In altre parole, questo grado richiede l’esecuzione di tutto ciò che è obbligatorio e l’astensione da tutto ciò che è proibito.

Il terzo grado consiste nella completa liberazione dello spirito e del cuore da tutto ciò che è profano. Il timorato, a questo livello, protegge il proprio cuore da tutto ciò che non è divino, si separa dalle creature per unirsi al Creatore e contemplare il Suo splendore e la Sua maestà. Questo è il vero timore di Dio! È per questo che il Signore Eccelso dice: “…temete Iddio come deve essere temuto…”[84]

VERSETTO 3

GLI EFFETTI DEL TIMOR DI DIO SULLO SPIRITO E SUL CORPO

Il sacro Corano, all’inizio di questa sura, suddivide la gente in tre gruppi:

  1. i timorati, che accettano l’Islam in tutte le sue dimensioni;
  2. i miscredenti, che si trovano esattamente all’opposto rispetto al primo gruppo, che negano apertamente l’Islam e non si fanno scrupoli a combattere, con le parole e con gli atti, questa sacra religione;
  3. i munàfiqin, i falsi, gli ipocriti, che quando si trovano con i musulmani dicono di essere loro fratelli di fede, ma quando sono con i nemici dell’Islam, lontano dai musulmani, negano la loro fede. In verità, essi sono dei miscredenti che si fingono credenti, musulmani.

Senza dubbio, il danno arrecato all’Islam dai munàfiqin è maggiore di quello arrecato dai miscredenti. È per questo motivo che il sacro Corano li tratta con maggiore durezza e severità.

Ciò non riguarda una particolare religione o un determinato tempo, intorno a ogni religione sono sempre esistiti questi tre gruppi: i fedeli, gli infedeli e i munàfiqin.

IL PRIMO GRUPPO: I TIMORATI

I versetti dei quali stiamo parlando riguardano il primo dei tre sopraccitati gruppi. Le caratteristiche delle persone a esso appartenenti, dal punto di vista della fede e della pratica religiosa, possono essere presentate attraverso i seguenti cinque concetti: fede nell’occulto [ghayb], assiduità nell’eseguire la preghiera, elargire di tutto ciò che Dio dona, fede in ciò che è stato rivelato ai Profeti e nel Giorno del Giudizio.

La fede nell’occulto (ghayb)

Il versetto dice inizialmente: “…gli stessi che credono nell’occulto…”

Il ghayb (occulto) e il shuhúd (visibile) sono due mondi fra loro opposti. Il shuhúd è il mondo delle cose che possono essere percepite dai sensi, mentre il ghayb, l’occulto, è il mondo degli esseri che non possono essere avvertiti con gli abituali sensi. A tal proposito, il santissimo Corano afferma: “… Conoscitore dell’occulto [ghayb] e del palese [shahàdah]. Egli è il Misericordioso, il Benevolo”[85]

La fede nell’occulto è la prima cosa che distingue i credenti dai non credenti, che li separa integralmente da coloro che negano Dio, i Profeti e il Giorno del Giudizio. È questo il motivo per il quale il sacro Corano ricorda come prima caratteristica dei timorati, la fede nel ghayb, nell’occulto.

I credenti superano le frontiere del mondo materiale, e in tal modo entrano in relazione con un mondo di gran lunga piú grande e interessante. I nemici dei credenti affermano invece con insistenza che l’uomo non è altro che un animale come gli altri, un essere la cui esistenza è limitata a questo mondo materiale. Essi chiamano questa vita animale, piena di eccessi e dominata dalla lussuria, civiltà e progresso.

Paragonando questi due antitetici modi di vedere il mondo, deduciamo che i credenti credono nel ghayb, sono convinti del fatto che il creato è ben piú vasto di questo effimero mondo materiale, che il creatore di questo meraviglioso universo è dotato di sapienza e potenza infinite, di illimitata maestà e conoscenza. Egli è sempre esistito e non avrà mai fine, e ha creato l’universo in modo perfetto e preciso. Ha posto una netta distinzione tra lo spirito dei credenti e quello degli animali. La morte non è annientamento, ma una delle tappe del viaggio dell’essere umano verso la perfezione, una finestra aperta al mondo ultraterreno. Di contro, una persona che ha una visione materialistica dell’universo, è convinta del fatto che il creato consiste solo in ciò che noi vediamo, crede che l’armonia del mondo sia un fatto puramente casuale e che non esista nessun essere a sostenerla. Secondo queste persone l’uomo è parte della natura, e dopo la sua morte finisce tutto, ogni cosa s’annienta: il suo corpo si decompone e le molecole del suo corpo ritornano alla natura. Secondo loro non v’è altra vita dopo la morte, tra l’uomo e gli [altri] animali non v’è grande differenza[86].

Possiamo forse paragonare il credente al materialista? La loro condotta di vita è forse uguale?

Il credente non può rinunciare alla verità, alla giustizia, non può non essere benevolo e sollecito verso il prossimo, al contrario, il materialista non ha motivo di amare tali virtú, a meno che queste possano in qualche modo giovare alla sua vita materiale. È per questo stesso motivo che nella vita dei veri credenti esiste fratellanza, intesa, sincerità e collaborazione. Viceversa, in un mondo dominato dal materialismo esiste solo il sopruso, lo sfruttamento, la violenza e la disonestà. Ecco perché il sacro Corano considera la fede nel ghayb l’inizio, la base del timor di Dio.

La fede nel ghayb consiste solo nel credere in Dio, oppure ha un significato piú ampio e abbraccia anche la fede nel mondo della rivelazione, nell’aldilà, negli angeli e, in generale, in tutto ciò che non è percepibile dai sensi? Gli esegeti del santo Corano hanno dato diverse risposte a questa domanda.

Abbiamo in precedenza detto che la fede nelle cose che superano i sensi è la prima cosa che distingue i credenti dai miscredenti, deduciamo dunque che qui il ghayb ha un significato piú ampio. Oltre a ciò l’espressione usata nel versetto è assoluta, in essa non v’è nessuna limitazione per poter considerare un significato particolare.

Il fatto che in alcune tradizioni[87] il ‘ghayb’ del versetto in questione sia stato identificato con l’Imam Nascosto (A), il nobile Mahdi (A) – che per noi sciiti imamiti è vivo ed è nascosto alla vista degli uomini – non nega quanto abbiamo detto sopra, poiché anche egli rientra nel concetto generale di ghayb. In altre parole, con ghayb s’intende tutto ciò che non può essere percepito con i cinque sensi. Dio è nascosto ai nostri sensi, e lo stesso dicasi per l’aldilà.

Nell’oscura epoca in cui viviamo, dobbiamo seguire gli insegnamenti dei santi Profeti, dei puri Imam e del nobile Mahdi (su di loro la pace). In questa oscura e pericolosa via dobbiamo seguire la luce della wilayah di questo nobile imam per raggiungere un luogo di eterna pace e beatitudine. Se è vero che noi crediamo che il Mahdi (A) sia in istato di occultamento, nascosto agli occhi della gente, è altresì vero che abbiamo la certezza che egli è sollecito verso i suoi seguaci e che non li dimentica mai.

Da quanto abbiamo detto comprendiamo che chiunque in questa epoca – che è la peggiore delle epoche – abbia una fede completa, possiede una considerevole stazione spirituale. A tal proposito, il santissimo Messaggero di Allah (S) disse: “Sono bramoso di incontrare i miei fratelli della fine dei tempi!”[88]

Vedete quanto il sommo Profeta (S), con quella sua eccelsa spiritualità, ami incontrare i credenti della fine dei tempi, i quali vengono da lui chiamati fratelli.

IL RAPPORTO CON DIO

Un’altra caratteristica dei credenti consiste nell’assiduità nell’esecuzione della preghiera: “…eseguono assiduamente la preghiera…”

La preghiera permette ai credenti, che sono entrati nel mondo del ghayb, di mantenere un continuo rapporto con Allah. Essi s’inchinano solo dinanzi a Dio e si sottomettono solo a Lui. È per questo motivo che non adorano gli idoli e non si sottomettono ai tiranni e agli oppressori.

Un simile essere umano diventa superiore a tutte le altre creature divine e acquista la dignità di parlare con Dio. Nulla è in grado di elevare l’uomo a una cosí alta stazione spirituale.

Il pensiero, le azioni e le parole di una persona che incontra il Signore almeno cinque volte al giorno, parlando e confidandosi con Lui, diventano divini. Come può dunque una tale persona andare contro la volontà divina? È bene però sapere che tutto ciò dev’essere accompagnato da amore e devozione.

IL VALORE E L’IMPORTANZA DELLA PREGHIERA

La preghiera è il pilastro della religione e un efficace mezzo per avvicinarsi a Dio. La preghiera è atto di sottomissione al Signore Eccelso, accompagnato da lode e riconoscenza per la Sua immensa grazia; è seguire i passi del sommo Profeta e dei purissimi Imam (la pace sia su di loro). Questo sacro atto di adorazione è un efficace mezzo per comunicare con Dio e chiederGli guida, aiuto e protezione. Con la preghiera è possibile manifestare la fede nascosta nel cuore e assicurarsi il Paradiso.

Esistono un grande numero di versetti e tradizioni sul valore e sull’importanza della preghiera. Ci limiteremo a citare, di seguito, le parole dell’autore della preziosa opera Jawahiru-l-kalàm (pag. 1, vol. VII), e di altri grandi sapienti.

La preghiera protegge dalle turpitudini e dal peccato, spegne il fuoco dell’Inferno, avvicina a Dio ogni timorato ed eleva ogni puro credente. Purifica l’anima dal peccato come fa un limpido ruscello con il corpo: pregare cinque volte al giorno è come lavarsi cinque volte in acqua pura. Dio raccomanda a Gesú di eseguire sempre, fino alla fine dei suoi giorni, la preghiera, e lo stesso fa con gli altri profeti. La preghiera è l’essenza dell’Islam, la migliore azione ordinata dalla legge islamica. Con la preghiera vengono valutate le altre azioni: solo chi avrà eseguito le proprie preghiere in modo assiduo e completo, riceverà completamente il premio delle sue rette azioni. Da questo punto di vista questo sublime atto di culto, rispetto alle altre rette azioni dell’individuo, anzi rispetto alla religione stessa, è come il pilastro che sostiene una costruzione, ha una fondamentale funzione di sostegno. È per questo motivo che la preghiera sarà la prima cosa a essere giudicata dal Signore Eccelso: se sarà accettata saranno giudicate e accettate le altre rette azioni, mentre se sarà rifiutata, tutto ciò di buono che avrà eseguito l’individuo non sarà nemmeno preso in considerazione, sarà rifiutato. Non bisogna dunque stupirsi se la persona che omette la preghiera viene considerata [nelle tradizioni] miscredente. In effetti, cosí è se si omette la preghiera a spregio della religione. Il nobile imam Sadiq (A) disse: “Dopo la ma’rifah [profonda conoscenza di Dio] nulla è in grado di avvicinare maggiormente ad Allah e nulla e piú amato da Lui come la preghiera”. In un’altra tradizione di questo santo imam leggiamo: “Chiunque esegua assiduamente le cinque preghiere [quotidiane] obbligatorie, e vigili sul loro tempo di esecuzione, nel Giorno del Giudizio incontrerà Dio che avrà presso di Sé un patto per lui, attraverso il quale entrerà in Paradiso. Dio potrà invece perdonare o punire chi non esegue queste preghiere nelle ore prescritte e non vigila su di esse”. La preghiera obbligatoria è meglio di venti hajj, ognuno dei quali è meglio di una camera piena d’oro data in elemosina sulla via di Allah. La preghiera obbligatoria è meglio di mille hajj, ognuno dei quali è meglio del mondo e di ciò che esiste in esso. In verità, ubbidire a Dio significa servirLo sulla terra, e nessun servigio è pari alla preghiera. Quando il credente si accinge a compiere la preghiera, discende dal cielo la grazia del Signore Altissimo ed egli viene circondato dagli angeli divini. L’angelo dice: “Se l’orante sapesse cosa c’è nella preghiera, non si distrarrebbe mai da essa. Tra le altre tradizioni esistenti sulla preghiera ne ricordiamo una dell’ottavo Imam (A), il quale, rispondendo a Muhammad Bin Sanan, scrisse: “La ragione della grandezza della preghiera è che essa è riconoscimento della rububiyyah [divinità] di Allah, e negazione di ogni forma di idolatria e politeismo”

Insomma, il credente prega cinque volte al giorno, s’inchina, si prosterna, appoggia umilmente la faccia sulla terra, implorando il Suo perdono, solo per glorificare il proprio Signore e ricordarLo continuamente. Pregare ci tiene inoltre lontano dal peccato e dalla corruzione.

DELL’ELEMOSINA E DELL’AIUTO RECIPROCO

Il versetto in questione cita una terza caratteristica per i timorati di Allah: “…elargiscono di ciò che abbiamo loro destinato…”. Si faccia attenzione che il versetto non dice: “…elargiscono dei loro beni…”, sottolinea bensí il fatto che essi elargiscono di tutto ciò che Dio dona loro, dei beni materiali e di quelli spirituali.

Certo, i timorati sono quelli che, sulla via di Allah, donano non solo i loro beni materiali, ma anche le loro forze, la loro sapienza, il loro intelletto, il loro pensiero e la loro posizione sociale. Insomma, donano di tutte le ricchezze materiali e spirituali che Dio ha donato loro senza chiedere nulla in cambio.

La carità è una legge generale nel creato e, in particolare, nell’organizzazione interna del corpo di ogni essere. Il cuore umano non lavora solo per se stesso, ma dona di ciò che possiede a tutte le cellule del corpo umano. Lo stesso fa il cervello, il rene e ogni altro organo del corpo. In linea di principio, la vita comune senza carità e aiuto reciproco non ha alcun senso.

Essere in relazione con gli uomini significa, in realtà, essere in relazione con Dio. In effetti, il credente devoto che si sottomette al precetto divino e dona di ciò che Dio gli concede, considerando ogni bene proveniente dal Signore Eccelso; non ha alcuna difficoltà a donare e fare la carità sulla Sua via, anzi è felice d’aiutare il prossimo, poiché egli è consapevole di dare ciò che appartiene a Dio alle Sue creature. Egli ha tutto, beni materiali e beni spirituali.

Con tali convinzioni il credente riesce ad allontanare da sé l’avarizia e l’invidia, trasformando cosí il mondo in cui si lotta per la sopravvivenza, in cui vige la legge della giungla, in un mondo dominato da amicizia e fratellanza, in cui ci si aiuta e soccorre a vicenda, in cui ognuno si sente in dovere di mettere a disposizione di tutti i bisognosi ciò che riceve da Dio, senza pretendere nulla in cambio.

L’imam Sadiq (A), commentando la frase “…elargiscono di ciò che abbiamo loro destinato…”, disse: “Il significato di questa frase è: diffondono di ciò che abbiamo loro insegnato”[89]

Questa tradizione non vuole dire che bisogna fare solo dono di sapere e sapienza. Di solito, quando si parla di carità, si pensa sempre al soccorso materiale che si dà al prossimo bisognoso. È per questo che l’imam Sadiq (A) interpreta la suddetta frase in questo modo. Egli ricordando questo particolare tipo di carità, di carattere spirituale, vuole farci comprendere l’estensione di questo concetto.

Insomma, da quanto abbiamo detto si comprende che l’elemosina della quale parla il versetto in questione non è solo la zakàh obbligatoria o meritoria, ma comprende ogni forma di aiuto dato senza chiedere nulla in cambio.

VERSETTI 4 E 5

LA FEDE NEI PROFETI E NELL’ALDILÀ

Un’altra delle fondamentali caratteristiche dei timorati di Dio è la fede in tutti i profeti inviati dal Signore Eccelso. Il sacro Corano dice: “Gli stessi che credono in ciò che è stato fatto discendere su di te e in ciò che è stato fatto discendere prima di te…”

I credenti sono convinti che, nei princípi fondamentali, non esiste alcuna differenza nell’invito dei Profeti. Essi li considerano tutti maestri e educatori divini, in accordo tra di loro, che, uno dopo l’altro, sono venuti in questo mondo per formare, istruire e guidare l’umanità sulla via della perfezione. I veri timorati d’Allah non considerano le religioni celesti causa di dissenso, anzi, visto che esse si basano su princípi comuni, essi vedono nel sacro Corano l’unico mezzo per avvicinare e unire tutti gli uomini.

Coloro che hanno una simile fede, non cadono nel fanatismo e accettano tutti i salvanti e celesti princípi che Dio ha rivelato ai Suoi nunzi. Essi rispettano profondamente, senza fare alcuna distinzione, tutte le sincere guide della via del tawhíd [monoteismo].

Non bisogna però pensare che la fede nei profeti del passato e nei comandamenti a loro rivelati, impedisca al credente timorato di conformare il suo pensiero e la sua condotta alla religione del Sigillo dei Profeti, il quale ha concluso la serie dei nunzi divini portando la religione perfetta.

L’ultima caratteristica ricordata dal versetto in questione per i timorati di Dio è la fede nell’aldilà: “…e dell’aldilà essi sono certi”

Essi sono certi del fatto che l’essere umano non è stato creato invano. Essi sono convinti che Dio ha creato l’uomo e ha determinato per lui un cammino che non termina con la morte. Se tutto finisse con la morte, se la vita dell’uomo si riducesse a un breve periodo di vita, a un’effimera esistenza in questo caduco mondo, allora la creazione dell’uomo, di questo perfetto e straordinario essere, sarebbe veramente vana e inutile.

Il timorato di Dio è sicuro che l’assoluta giustizia divina è in attesa di giudicare le azioni di tutti gli uomini, e che nessun atto sfuggirà al giudizio divino.

Questa convinzione gli dona pace, gli allevia le fatiche derivanti dall’adempimento dei suoi doveri, e lo rende forte e deciso. Con questa fede egli riesce a superare ogni difficoltà, non si piega al male, lotta contro l’ingiustizia. Egli è sicuro che ogni buona azione, per quanto piccola sia, sarà ricompensata dal Signore, e ogni peccato sarà da Lui punito. Egli sa che se seguirà la retta via, dopo la morte, vivrà in un mondo superiore, privo di male e ingiustizia, in cui godrà dell’infinita misericordia e dell’immensa grazia del Signore Eccelso.

Credere nell’aldilà significa oltrepassare i confini di questo mondo materiale per entrare in una dimensione superiore, in un mondo sublime. Si vive in questo mondo per guadagnare meriti per l’aldilà, per prepararsi alla superiore vita dell’oltretomba. La vita in questo mondo non è il fine ultimo, è bensí un mezzo per raggiungere la perfezione e la somma beatitudine.

La vita in questo mondo può essere paragonata alla vita del feto nel grembo materno, che non può essere considerata il fine ultimo della creazione dell’essere umano, ma può essere vista come una fase di crescita e preparazione per un’altra vita. Quando la fase embrionale della vita dell’essere umano è accompagnata da difetti e complicazioni, egli, dopo la nascita, è destinato a condurre un’esistenza diversa da quella che avrebbe avuto con una vita embrionale normale, naturale.

La fede nella resurrezione è molto efficace nella formazione spirituale dell’uomo. Lo fa diventare coraggioso: per chi crede nell’oltretomba il massimo vanto di questa vita è il martirio sulla via di Dio. Il martirio è la piú amata cosa per il credente timorato, è l’inizio di una vita eterna. La fede nella resurrezione impedisce all’uomo di peccare. Esiste una proporzione inversa tra l’intensità di questa fede e il numero di peccati commessi. Nella Sura Sâd il Signore Eccelso dice al santo profeta Davide (A): “…e non seguire la passione, ché essa ti travia dal sentiero di Allah. In verità, coloro che si traviano dal sentiero di Allah, per essi v’è un severo castigo, per aver dimenticato il Giorno dell’Hisàb [conto]”. Certo, dimenticare il Giorno del Giudizio porta l’uomo a ribellarsi a Dio e a diventare empio e peccatore.

Il quinto versetto parla del lieto destino che attende i timorati di Dio che possiedono i cinque sopraccitati attributi: “Essi sono sulla [via della] retta guida [condotti] dal loro Signore, ed essi sono i beati”

VERSETTI 6-7

Åöäøó ÇáøóÐöíäó ßóÝóÑõæÇ ÓóæóÂÁñ Úóáóíúåöãú ÁóÃóäúÐóÑúÊóåõãú Ãóãú áóãú ÊõäúÐöÑúåõãú áÇó íõÄúãöäõæäó﴿6﴾ ÎóÊóãó Çááøåõ Úóáóì ÞõáõæÈöåöãú æóÚóáóì ÓóãúÚöåöãú æóÚóáóì ÃóÈúÕóÇÑöåöãú ÛöÔóÇæóÉñ æóáóåõãú ÚóÐóÇÈñ ÚóÙöíãñ ﴿7﴾

6.    [Quanto a] coloro che sono diventati miscredenti, per loro è indifferente che tu li ammonisca o non li ammonisca: non presteranno fede.

7. Allah ha posto un sigillo sui loro cuori e sulle loro orecchie e sui loro occhi v’è un velo; un grande castigo li attende.